Il Sole 24 Ore

«Una misura elitaria: tassata la Panda, incentivi ai ricchi»

- Lello Naso Marco Stella (Anfia).

«Èun provvedime­nto elitario, altro che incentivi all’auto elettrica. Ma quello che è più incredibil­e, soprattutt­o per un Governo come questo, è che siamo in presenza di un Robin Hood al contrario, che toglie ai poveri per dare ai ricchi». C’è un misto di incredulit­à e amarezza nelle parole di Marco Stella, amministra­tore delegato della Duerre di Maranello e presidente del gruppo componenti­sti di Anfia, l’associazio­ne degli industrial­i della filiera auto. Anche perché la misura arriva subito dopo l’intervento con cui il presidente del Consiglio Conte, proprio all’assemblea Anfia, ha assicurato la vicinanza del Governo alla filiera.

Presidente Stella, perché Robin Hood al contrario? Se valutiamol­a misura in base alle vendite del 2018, ci sono circa 120 mila automobili che possono ricevere un bonus, circa 700mila vetture su cui l’impatto della norma è neutro e circa un milione di aut oche saranno tassa teda un mini modi 150 a un massimo di tremila euro.

Perché la misura prende ai poveri e dà ai ricchi?

Le auto potenzialm­ente incentivab­ili, quelle ibride ed elettriche, costano tra 30 e 100mila euro. Si mettono seimila euro in tasca a chi compra un’auto in molti casi da 100mila euro. Al contrario, tra le auto potenzialm­ente tassabili c’è anche la Panda 1.2 prodotta a Pomigliano, che costa circa 10mila euro e su cui si pagherebbe, secondo la procedura di omologazio­ne in vigore da settembre, una tassa che varierebbe tra 400 e mille euro e che in minor misura riguardere­bbe anche la versione a metano. È l’auto più venduta in Italia e più comprata dalle famiglie a basso reddito. La misura rischiano di pagarla proprio gli operai di Pomigliano.

Che cosa la preoccupa?

Gli incentivi vanno esclusivam­ente all’acquisto di auto importante e con componenti­stica prodotta in Asia. La filiera italiana è tagliata fuori da una misura spot, improvvisa­ta. Inoltre, il potenziale impatto sulle vendite di auto in Italia è negativo. In un mercato già in difficoltà, si rischia una contrazion­e delle vendite a doppia cifra che colpirebbe soprattutt­o la filiera italiana. L’effetto sui consumi del Paese, fermi da anni, sarebbe deleterio.

Dal punto di vista strategico, incentivar­e l’acquisto di auto con propulsori alternativ­i è corretta?

Sì, ma a patto che si faccia all’interno di un piano strategico che assecondi la transizion­e verso i motori a propulsion­e alternativ­a. Bisogna dotare il Paese delle infrastrut­ture, banalmente i distributo­ri elettrici, e accompagna­re l’intera filiera nella conversion­e dei motori con incentivi e sgravi per la ricerca e lo sviluppo. Lo hanno fatto la Francia e la Germania. Anche in Italia serve una politica industrial­e per la filiera automotive, i provvedime­nti come questo aumentano il divario con i competitor internazio­nali.

Adesso che cosa vi aspettate? Auspichiam­o che la misura venga cancellata e si facciano un piano industrial­e per la filiera e un vero programma per ridurre le emissioni. Su un parco circolante di 38,5 milioni di auto, 3,5 milioni hanno requisiti pari o inferiori a Euro 3. Se si vogliono ridurre le emissioni bisogna prima di tutto sostituire queste auto.

Anfia: «Gli incentivi vanno all’acquisto di auto importate con componenti­stica prodotta in Asia».

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Industrial­e. Marco Stella, amministra­tore delegato della Duerre di Maranello, è il presidente dei componenti­sti dell’Anfia, l’associazio­ne degli industrial­i della filiera automotive

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