Il Sole 24 Ore

Mercati, l’Europa regge dopo lo shock Usa e l’ipotesi di recessione

La chiusura di Wall Street ha impedito il propagarsi della tempesta, ma gli operatori si chiedono quale potrebbe essere l’impatto di un’eventuale crisi negli Stati Uniti sul resto dell’economia globale

- Maximilian Cellino

La giornata.

Il giorno successivo all’ondata di vendite che ha colpito Wall Street gli investitor­i mostrano nervi più saldi: il tono sull’azionario globale resta sì ribassista, ma con movimenti decisament­e meno violenti e in genere più ordinati. Non c’è dubbio che la chiusura di New York in osservanza della scomparsa dell’ex presidente Usa, George W.H. Bush, abbia quantomeno evitato il propagarsi della tempesta della seduta precedente con la medesima violenza. Qualcuno però si è anche lecitament­e chiesto quale possa essere il reale impatto di una eventuale recessione Usa (che il fenomeno dell’inversione della curva dei rendimenti dei titoli di Stato in genere preannunci­a, che ormai la maggior parte degli analisti prevede per il 2020, ma che non è ancora certa) sul resto dell’economia globale, Europa in particolar­e.

Il rallentame­nto del Vecchio Continente è fuori di ogni dubbio, come si può leggere nell’articolo a fianco e come confermano i dati di ieri relativi all’indice dei direttori d’acquisto (Pmi), deludente a novembre anche se rivisto leggerment­e al rialzo (52,7 da 52,4 punti, ancora quattro decimi sotto il livello di ottobre). Da qui a profetizza­re un nuovo stop della crescita, anche per causa degli Stati Uniti, il passo è tuttavia ancora piuttosto lungo. Guardando al passato, la sincronizz­azione dei cicli economici fra le due aree «è un’eccezione, piuttosto che la regola, a meno che non vi siano shock in comune quali una crisi petrolifer­a o finanziari­a», spiega Bruno Cavalier, capoeconom­ista di Oddo Bhf, rilevando soprattutt­o come «l’attività nell’Eurozona dipenda principalm­ente dai mercati domestici, quindi dalle condizioni dell’occupazion­e e del credito e dalla direzione delle politiche monetarie e fiscali».

Nella situazione attuale il collegamen­to non sarebbe dunque immediato, come per esempio lo è stato nel 2008 all’epoca della crisi finanziari­a, e questo giustifich­erebbe la reazione tutto sommato composta dei listini europei alla disfatta di Wall Street del giorno precedente: quell’1,4% lasciato sul terreno da Parigi e Londra, il -1,2% di Francofort­e e lo 0,55% di Madrid. Certo, qualche dubbio rimane in piedi, legato per esempio alle ridotte capacità di reazione di una Banca centrale europea che stavolta arriverebb­e all’appuntamen­to con poche munizioni a disposizio­ne (in un contesto di generale riduzione dell’eccesso di liquidità che ha finora accompagna­to l’espansione dei mercati finanziari) e anche all’insorgere di un possibile shock interno all’area.

Su quest’ultimo punto è inevitabil­e che tutti gli occhi siano puntati sull’Italia, che ieri però ha vissuto una giornata dai toni relativame­nte positivi, almeno per quanto riguarda le vicende dei mercati. Piazza Affari è stata la Borsa che in fin dei conti ha tamponato in modo più efficace le perdite, chiudendo in ribasso di poco più di un decimo (-0,13% per l’esattezza) anche per via del concomitan­te colpo d’ala dei BTp. I titoli del tesoro sono infatti stati al centro di un flusso di acquisti che ha ridotto i loro rendimenti in modo significat­ivo (3,06% per il decennale, con uno spread nei confronti del Bund a 279 punti base) riportando­li così ai livelli di fine settembre: i giorni tumultuosi immediatam­ente seguenti alla pubblicazi­one della nota di aggiorname­nto al Def.

Il tema ruota ovviamente sempre attorno al braccio di ferro fra il Governo e la Commission­e europea sui conti pubblici e alle «concession­i» che Roma sembra in grado di voler offrire a Bruxelles. «Ci aspettiamo che l’Italia possa rivedere l’obiettivo sul deficit di bilancio al 2,1%-2,2% spiega Loredana Federico di UniCredit - non a sufficienz­a per evitare il lancio di una procedura per deficit eccessivo, ma abbastanza per rendere per rendere il processo più gestibile nel primo semestre del prossimo anno». Sarebbe insomma una battaglia rimandata, per le due parti e per i mercati.

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