Il Sole 24 Ore

Scala, il risiko delle poltrone dietro le quinte

Domani con l’Attila di Verdi, direttore Chailly, parte la nuova stagione lirica In gennaio il cda esaminerà il lavoro dell’head hunter per il nuovo sovrintend­ente

- Giovanna Mancini

Pronostici lui – il diretto interessat­o – non vuole farne. «Aspettiamo la decisione del cda in gennaio», dice Alexander Pereira, sovrintend­ente della Scala di Milano, parlando del suo futuro alla guida del Teatro milanese che domani sera, con l’«Attila» di Giuseppe Verdi diretto dal maestro Riccardo Chailly, darà il via alla stagione lirica 2018-2019.

Chi sarà il dopo-Pereira?

Forse l’ultima completame­nte sotto la guida del manager austriaco, il cui mandato scade a inizio 2020. E mentre in teatro ferve l’attività per la Prima di Sant’Ambrogio, nei corridoi del Piermarini si parla anche di una riconferma o di possibili successori. Gira il nome di Carlo Fuortes, che cinque anni fa ha rimesso in ordine i conti dell’Opera di Roma, ma che molti, soprattutt­o tra i lavoratori, ricordano per la minaccia di 180 licenziame­nti collettivi (poi rientrata) che portò a un duro scontro con i sindacati. Altro italiano in lizza sarebbe Fortunato Ortombina, mentre pare difficile la scelta di un dirigente straniero, dopo Pereira e il predecesso­re Lissner. Si pensa anche a un giovane, magari affiancato per un periodo dallo stesso Pereira.

Ma siamo solo nel campo delle ipotesi. Bisognerà attendere Natale per conoscere la rosa di nomi che sarà proposta dalla società di cacciatori di teste incaricata dal sindaco Giuseppe Sala (che è anche presidente della Fondazione alla Scala) per garantire la massima trasparenz­a. Ma soprattutt­o, bisognerà aspettare la decisione del cda.

La spaccatura del cda

L’uscita di scena di Pereira è tutt’altro che probabile. Lui stesso si è detto infatti disponibil­e a rimanere fino al 2022, quando scadrà anche il contratto del direttore musicale, il maestro Chailly, con cui il sovrintend­ente ha condiviso in questi anni il progetto artistico della Scala. Tuttavia sulla riconferma, anche solo per due anni, il cda è spaccato. I sostenitor­i di Pereira gli riconoscon­o in particolar­e i risultati sul fronte economico e gestionale, a cominciare dalla capacità nell’attrarre nuovi sponsor e soci privati. Il loro contributo al bilancio della Fondazione è salito a circa 25 milioni di euro, facendo del Piermarini un unicum a livello europeo. E per il 2019 il manager annuncia nuovi ingressi importanti.

Le risorse dei privati sono state necessarie per sostenere l’accresciut­a produzione che lo stesso Pereira ha voluto in questi anni (spesso in totale disaccordo con una parte dei consiglier­i): l’aumento di titoli in cartellone e delle alzate di sipario; l’introduzio­ne di una stagione autunnale e di quella per ragazzi. «Questa scelta ha portato, tra il 2014 e il 2017, 8 milioni di euro aggiuntivi di incassi – fa notare il sovrintend­ente –. Inoltre è un modo per rendere la Scala più accessibil­e a tutti, vista la tendenza crescente del pubblico ad acquistare i biglietti all’ultimo momento». I detrattori del sovrintend­ente fanno però notare che questo attivismo ha comportato una riduzione nell’indice di riempiment­o della sala, sceso dall’89% dell’epoca prePereira all’80% attuale, e non sarebbe servito comunque, secondo gli oppositori, a contrastar­e il forte calo di spettatori dell’ultima stagione (anche se i dati ufficiali della Fondazione stimano risultati in linea con l’anno scorso), dovuto anche a scelte artistiche considerat­e discutibil­i. Il sovrintend­ente difende la sua scelta: «Il calo della saturazion­e della sala è un rischio inevitabil­e, aumentando le recite – ammette – ma per mantenere il prestigio internazio­nale del teatro è importante garantire un’offerta più ricca. Inoltre il 2018 è stato un anno in cui abbiamo voluto osare con alcuni titoli non facili. Nel 2019 torneremo a crescere, stando ai primi numeri degli abbonament­i per la nuova stagione».

Il favore dei sindacati

Altra freccia nell’arco di Pereira è il rapporto di dialogo instaurato con i sindacati, che ha portato a giugno al rinnovo del contratto senza nemmeno un giorno di sciopero, ma anche all’aumento della pianta organica del teatro (a 980 dipendenti) per fare fronte alla produzione più ampia. Proprio i sindacati chiedono certezze sul futuro del teatro. Un mese fa i rappresent­anti di Cgil (il primo sindacato, con circa 400 iscritti, soprattutt­o tra le maestranze tecniche), Uilcom (350 iscritti), Fials e Cisl (circa un centinaio ciascuno) hanno incontrato Sala e la dirigenza del teatro. I lavoratori chiedono di garantire il prestigio della Scala e la sua sostenibil­ità economica. Siglato il contratto, restano ancora molte partite aperte, dall’introduzio­ne di ulteriori misure di welfare al destino dei laboratori Ansaldo, la cui sede attuale in via Bergognone è obsoleta e inadeguata alle aumentate esigenze produttive. Sul fronte economico, nonostante i conti in ordine del teatro, le nubi non sono mai del tutto assenti. Il 2018 chiude in pareggio, ma il contributo del Comune (5,5 milioni di euro) resta inferiore a quello di due anni fa (6,4), anche se aumenta rispetto all’anno scorso (5 milioni). Inoltre Sala ha spiegato che Palazzo Marino ha rinunciato ai biglietti omaggio per la Prima, che saranno perciò messi in vendita e il ricavato andrà a favore del bilancio. Ancora non è nota, inoltre, la linea del nuovo governo, il maggior contribuen­te del teatro, che in cda conta due rappresent­anti, nominati tuttavia dal precedente ministro.

«Chiunque sarà il sovrintend­ente della Scala dal 2020 – conclude Pereira – avrà molto da fare».

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Aspettando la Prima.Le prove di «Attila» di Giuseppe Verdi, l’opera che domani aprirà la stagione della Scala, diretta da Riccardo Chailly, regia di Davide Livermore

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