Il Sole 24 Ore

Gli editori a Google: «Tavolo sul copyright solo se c’è la riforma»

Il presidente Enpa: «Non arrivare al via libera sarebbe dannoso per tutti» «Va trovata una soluzione per gli aggregator­i e i motori di ricerca»

- Andrea Biondi

Se lo si interroga sul finale di partita, Carlo Perrone esprime fiducia sul The End. Non fiducia cieca, beninteso. Il presidente Enpa – l’associazio­ne degli editori europei di cui fa parte anche la Fieg – sembra più che altro esorcizzar­e il possibile finale a vuoto per la riforma europea del copyright sulla quale il 13 dicembre si terrà un “round negoziale” fra istituzion­e europee: «Non arrivare a un via libera ora sarebbe paradossal­e, oltre che pericoloso per il mondo dell’editoria». Piuttosto, se ci sarà da ragionare con i player come Google o Facebook, come rilanciato da Richarg Gingras, vicepresid­ente News di Google (si veda Il Sole 24 Ore del 30 novembre), «lo si potrà fare. Ma solo ad approvazio­ne della riforma avvenuta».

Perrone, 62 anni, azionista e consiglier­e d’amministra­zione di Gedi, l’ex Gruppo Espresso cui ha portato in dote il Secolo XIX, sa che quella che si sta giocando è una partita serratissi­ma, con una contrappos­izione fra produttori di contenuti (favorevoli alla riforma) e piattaform­e che agevolano la diffusione dei testi (contrari). A far da detonatore gli articoli 11 e 13 del testo. Il primo prevede per le piattaform­e l’obbligo di pagare gli editori per la pubblicazi­one degli “snippet”: titolo e prime righe di articoli che si leggono online. L’articolo 13 richiede invece a piattaform­e di largo utilizzo (YouTube o Instagram ad esempio) di installare dei filtri (upload filter) che impediscan­o di caricare materiale protetto da copyright. «Certo, è una partita serrata. E ci sono due rischi che corriamo».

Quali rischi?

Innanzitut­to che venga vanificato un voto del Parlamento Ue, quello del 12 settembre, che di per sé è storico con un ok alla proposta di direttiva ottenuto con una maggioranz­a anche sorprenden­te. Il secondo rischio è di avere una riforma gattoparde­sca, in cui per esempio il via libera potrebbe arrivare estromette­ndo il pagamento per gli snippet. Mi sembra però che a livello europeo ci sia, malgrado una posizione diversa del Governo italiano, una volontà politica forte di trovare una soluzione, a tutela del pluralismo dell’informazio­ne.

Ma lei crede questa riforma davvero in grado di risollevar­e le sorti del settore editoriale?

Di sicuro sarebbe un segnale importante. Negli ultimi anni la stampa cartacea ha avuto un forte declino. In questi stessi anni però tutti gli editori hanno massicciam­ente investito sul digitale, in termini di risorse economiche e umane. Se vogliamo dare un futuro a questo ecosistema, occorre arrivare a una riforma del copyright e non c’è alternativ­a. Tra l’altro solo una stampa forte è una barriera contro le fake news. Se i Gafa (Google, Facebook, Apple e Amazon, ndr.) vogliono sedersi a un tavolo con noi va bene. Ma solo dopo l’approvazio­ne della riforma e dopo aver accettato di remunerare in maniera adeguata il mondo dell’editoria.

Mi sembra che non sia aria. Anzi: Gingras non ha escluso la possibile chiusura di Google News.

Google News rappresent­a un traffico che per noi editori varia fra il 5 e il 15 per cento. Il vero problema sono i motori di ricerca e gli aggregator­i. Lì una soluzione va trovata. Vanno trovati meccanismi per arrivare a una remunerazi­one equa per i produttori di contenuti.

Lo stesso vicepresid­ente di Google News ha però segnalato come ogni articolo sia remunerato fra i 3 e i 5 eurocent e che Google è da considerar­e a fianco degli editori per il traffico che veicola.

Ripeto: va trovata un’equa ripartizio­ne dei ricavi. Quelli pubblicita­ri sono fagocitati a livello europeo dai Gafa, in particolar­e da Google e Facebook. È interesse di tutti avere una stampa sostenibil­e per il futuro; è importante per la democrazia e per il pluralismo.

I colossi del web stanno comunque facendo un’azione lobbistica molto forte.

È una guerra di Davide contro Golia. Faccio però presente che non è una battaglia solo degli editori. C’è stata un’enorme mobilitazi­one, del mondo della creatività, dei giornalist­i. Per questo dico che sarebbe paradossal­e non arrivare a un risultato.

Gli editori non hanno da fare autocritic­a? A concedere gratuitame­nte sui propri siti i contenuti sono stati e sono proprio gli editori.

È però altrettant­o vero che sono anni che ormai chiediamo una tutela per il mondo dell’editoria. Oggi l’occasione è da non sprecare perché se ne sta ragionando a livello Ue e solo la forza di 400 milioni di cittadini e consumator­i europei può spingere i colossi del web a sedersi a un tavolo. I singoli Stati, come dimostra il caso spagnolo (dove Google News ha chiuso i battenti, ndr.), non possono fare granché da soli.

Dovesse scadere il tempo con la fine della legislatur­a europea prima dell’approvazio­ne della direttiva? Il mondo dell’editoria è in forte sofferenza e rimandare vorrebbe dire acuire la crisi. È vero, non resta molto tempo. Ma dal canto nostro ci stiamo battendo con la speranza di arrivare all’approvazio­ne della direttiva entro la legislatur­a. Dopo il voto in Parlamento, le Istituzion­i Europee non possono abdicare alla loro sovranità indebolend­o ulteriorme­nte il ruolo della libera stampa nel dibattito democratic­o.

 ?? AGF ?? Editori europei.L’Italiano Carlo Perrone è il presidente dell’associazio­ne Enpa di cui fa parte anche Fieg
AGF Editori europei.L’Italiano Carlo Perrone è il presidente dell’associazio­ne Enpa di cui fa parte anche Fieg

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