Per Folletto «motore» italiano da 30 milioni di aspirapolvere
Il mercato vale il 53% delle vendite globali della divisione tedesca Si punta sul «senza filo», investimenti in ricerca e in capacità produttiva
Dal nostro inviato «Da chi compriamo l’acciaio per i nostri motori? Da ThyssenKrupp, naturalmente». Si respira una forte identità tedesca passeggiando tra i reparti produttivi della fabbrica del Folletto a Wuppertal, a poche decine di chilometri da Dusseldorf. Tedesche sono le macchine utensili (a parte un paio di eccezioni italiane), tedesco è l’orgoglio per l’eccellenza e la precisione delle lavorazioni meccaniche, tedesco è l’approccio organizzativo e naturalmente il salario medio degli operai («tra i più cari, il contratto collettivo della Ig Metall ci impone di pagare 2.500 euro lordi al mese» spiegano i dirigenti). Eppure il Folletto (Kobold è il nome originale) è percepito come italiano da più del 90% dei consumatori della Penisola. E soprattutto il 53% del fatturato mondiale (circa 800 milioni) degli aspirapolvere del gruppo Vorwerk - i ricavi della divisione elettrodomestici sono di 1,120 miliardi considerando anche gli altri prodotti come per esempio il Bimby, chiamato Thermomix nel resto del mondo - è generato in Italia, con 421 milioni di euro e 860mila pezzi venduti l’anno scorso. Un «tesoretto» che rende l’Italia la cinghia di trasmissione del gruppo, con contributi determinanti sia sullo sviluppo delle strategie commerciali (è tutta italiana l’esperienza della Folletto Academy per formare i venditori, canale di vendita privilegiato che funziona particolarmente lungo la Penisola) che sul piano della ricerca e sviluppo.
Il Folletto è un prodotto che è entrato nelle case dagli italiani da decenni (ufficialmente da 80 anni), stratificato nei ricordi di infanzia di molti: una famiglia su tre lo possiede, per un totale di 30 milioni di «pezzi» venduti a oggi. Anche l’osservatore italiano più cinico non può restare indifferente di fronte alla schiera dei modelli di aspirapolvere esibiti qui a Wuppertal in una piccola vetrina, a beneficio dei visitatori del museo interno all’azienda. A stupire non sono certo i pure incredibili primi esperimenti degli anni Trenta, dei semplici bastoni di metallo o bachelite con motore e filtro, quelli che l’azienda non riusciva a muovere dal negozio perchè troppo innovativi (la ragione per cui è stata abbracciata la vendita diretta). Si resta a bocca aperta ri-vedendo, dopo averli rimossi dalla memoria, i modelli degli anni Sessanta e Settanta, quelli che «li aveva mia nonna». È la conferma che nelle pieghe della brand identity di Vorwerk, ormai adeguatamente ristrutturata nel tentativo di renderla sempre più omogenea sui mercati mondiali, batte ancora forte il cuore italiano.
Nel frattempo è stata percorsa altra strada. Vorwek ha allargato la gamma e introdotto nuovi modelli (alcuni, come detto, pensati per il mercato italiano), semiautomatici, in grado di leggere le caratteristiche della superficie che stanno pulendo, adattando potenza e impostazione delle spazzole. Ora l’azienda punta a rafforzare ulteriormente la gamma inseguendo una delle rotture di paradigma più dirompenti degli ultimi anni, su questo mercato, dopo l’introduzione del robot: l’aspirapolvere senza filo. «Il nostro futuro è in quella direzione - spiega Pierluigi Pecchia, consigliere delegato di Vorwerk management -, ma entreremo sul mercato quando avremo la certezza di avere un prodotto all’altezza della nostra fama».
Secondo i rumors la presentazione del nuovo prodotto potrebbe avvenire presto. A Wuppertal la discrezione è massima, ma sembra di capire che siano già molto avanti nello sviluppo del progetto. Il cuore della linea di produzione tedesca, che è allo stesso tempo il fattore tecnologico su cui si fonda molta parte del differenziale competitivo in questo settore, è la costruzione del motore, che avviene su linee iperverticalizzate, partendo dall’albero. La storia del Folletto nasce proprio dall’intuizione di trovare una diversa applicazione ai motori destinati alla produzione di grammofoni dell’azienda, fondata nel 1883. E sempre il motore è alla base dell’altro grande successo della casa tedesca: il Bimby, robot da cucina che può contare su un motore ad hoc, con una propulsione diretta, una coppia molto bassa e di conseguenza minori consumi, meno dispersione di calore e maggiore rendimento. Ora il motore, ancora una volta, potrebbe fare la differenza nello sviluppo dei nuovi prodotti, e proprio alla riorganizzazione delle linee produttive dei motori è destinata parte degli spazi di un cantiere da 20mila metri quadrati, a pochi metri dalla fabbrica principale.
«La piattaforma da cui ci proiettiamo verso il futuro è il motore che applichiamo sui robot, di ultima generazione, più piccolo degli altri» confermano gli ingegneri della fabbrica tedesca, mostrando un oggetto bianco che sta comodamente nel palmo di una mano, molto diverso da quelli oggi montati sulla serie principale. D’altra parte la
WUPPERTAL
Gli apparecchi venduti
I dipendenti
I mercati paese presidiati
In fabbrica. In alto un momento della lavorazione del Folletto (fuori dall’Italia il prodotto è commercializzato come Kobold), qui in basso un particolare del motore montato sulla maggior parte degli aspirapolvere dell’azienda tedesca
piattaforma del motore montato sul Folletto risale ormai al 2007. Gran parte degli sforzi della ricerca e sviluppo tedesca, che proprio nei prossimi mesi sarà trasferita in un altro edificio in costruzione, sempre qui a Wuppertal, sono concentrati in questa direzione. «L’esigenza di miniaturizzazione impone di lavorare non tanto sui nuovi materiali - proseguono i tecnici quanto sulla necessità di gestire prestazioni e regimi elevati nonostante le dimensioni, mantenendo equilibrio nelle forze centrifughe, nel bilanciamento e nella deformazione dei materiali».
Nel Folletto non c’è solo meccanica (e da poco anche elettronica), ma anche plastica. I dirigenti tedeschi ne vanno fieri: significa potere massimizzare il ciclo produttivo e vendere un prodotto più leggero e di maggiore affidabilità. Il gruppo ha investito molto per creare un ciclo di stampaggio a iniezione a monte dell’assemblaggio. «Produce 24 ore su 24 - spiega con orgoglio Hendrik Wehr, senior vicepresident produzione della divisione engineering -, più di 1.400 pezzi al giorno». Le linee di assemblaggio (un aspirapolvere è in media composto da 40 componenti) sono disposte a ferro di cavallo, «per agevolare la possibilità di cambiare frequentemente postazione facendo in modo che un operaio non resti concentrato solo sulla sua mansione, ma abbia la possibilità di imparare l’intero processo». La progettazione, a monte di tutto il processo, è maniacale: «i nostri prodotti sono superiori - ripetono con convinzione i responsabili della fabbrica -, ed è questa superiorità alla quale è orientato ogni nostro sforzo». Il gruppo (3 miliardi il giro d’affari complessivo) da tempo produce e assembla anche in Francia (il Thermomix), da qualche anno anche in Cina (robot, filtri acqua e piccoli elettrodomestici di nuova ideazione come il kit power tool per appassionati di bricolage e la rivoluzionaria macchina per thè) e ha attività diversificate anche in Messico (cosmetici). Ma è solo in Germania, spiega Wehr, che «avviene la creazione di valore». Italia a parte, ovviamente.