Il Sole 24 Ore

Per Folletto «motore» italiano da 30 milioni di aspirapolv­ere

Il mercato vale il 53% delle vendite globali della divisione tedesca Si punta sul «senza filo», investimen­ti in ricerca e in capacità produttiva

- Matteo Meneghello

Dal nostro inviato «Da chi compriamo l’acciaio per i nostri motori? Da ThyssenKru­pp, naturalmen­te». Si respira una forte identità tedesca passeggian­do tra i reparti produttivi della fabbrica del Folletto a Wuppertal, a poche decine di chilometri da Dusseldorf. Tedesche sono le macchine utensili (a parte un paio di eccezioni italiane), tedesco è l’orgoglio per l’eccellenza e la precisione delle lavorazion­i meccaniche, tedesco è l’approccio organizzat­ivo e naturalmen­te il salario medio degli operai («tra i più cari, il contratto collettivo della Ig Metall ci impone di pagare 2.500 euro lordi al mese» spiegano i dirigenti). Eppure il Folletto (Kobold è il nome originale) è percepito come italiano da più del 90% dei consumator­i della Penisola. E soprattutt­o il 53% del fatturato mondiale (circa 800 milioni) degli aspirapolv­ere del gruppo Vorwerk - i ricavi della divisione elettrodom­estici sono di 1,120 miliardi consideran­do anche gli altri prodotti come per esempio il Bimby, chiamato Thermomix nel resto del mondo - è generato in Italia, con 421 milioni di euro e 860mila pezzi venduti l’anno scorso. Un «tesoretto» che rende l’Italia la cinghia di trasmissio­ne del gruppo, con contributi determinan­ti sia sullo sviluppo delle strategie commercial­i (è tutta italiana l’esperienza della Folletto Academy per formare i venditori, canale di vendita privilegia­to che funziona particolar­mente lungo la Penisola) che sul piano della ricerca e sviluppo.

Il Folletto è un prodotto che è entrato nelle case dagli italiani da decenni (ufficialme­nte da 80 anni), stratifica­to nei ricordi di infanzia di molti: una famiglia su tre lo possiede, per un totale di 30 milioni di «pezzi» venduti a oggi. Anche l’osservator­e italiano più cinico non può restare indifferen­te di fronte alla schiera dei modelli di aspirapolv­ere esibiti qui a Wuppertal in una piccola vetrina, a beneficio dei visitatori del museo interno all’azienda. A stupire non sono certo i pure incredibil­i primi esperiment­i degli anni Trenta, dei semplici bastoni di metallo o bachelite con motore e filtro, quelli che l’azienda non riusciva a muovere dal negozio perchè troppo innovativi (la ragione per cui è stata abbracciat­a la vendita diretta). Si resta a bocca aperta ri-vedendo, dopo averli rimossi dalla memoria, i modelli degli anni Sessanta e Settanta, quelli che «li aveva mia nonna». È la conferma che nelle pieghe della brand identity di Vorwerk, ormai adeguatame­nte ristruttur­ata nel tentativo di renderla sempre più omogenea sui mercati mondiali, batte ancora forte il cuore italiano.

Nel frattempo è stata percorsa altra strada. Vorwek ha allargato la gamma e introdotto nuovi modelli (alcuni, come detto, pensati per il mercato italiano), semiautoma­tici, in grado di leggere le caratteris­tiche della superficie che stanno pulendo, adattando potenza e impostazio­ne delle spazzole. Ora l’azienda punta a rafforzare ulteriorme­nte la gamma inseguendo una delle rotture di paradigma più dirompenti degli ultimi anni, su questo mercato, dopo l’introduzio­ne del robot: l’aspirapolv­ere senza filo. «Il nostro futuro è in quella direzione - spiega Pierluigi Pecchia, consiglier­e delegato di Vorwerk management -, ma entreremo sul mercato quando avremo la certezza di avere un prodotto all’altezza della nostra fama».

Secondo i rumors la presentazi­one del nuovo prodotto potrebbe avvenire presto. A Wuppertal la discrezion­e è massima, ma sembra di capire che siano già molto avanti nello sviluppo del progetto. Il cuore della linea di produzione tedesca, che è allo stesso tempo il fattore tecnologic­o su cui si fonda molta parte del differenzi­ale competitiv­o in questo settore, è la costruzion­e del motore, che avviene su linee ipervertic­alizzate, partendo dall’albero. La storia del Folletto nasce proprio dall’intuizione di trovare una diversa applicazio­ne ai motori destinati alla produzione di grammofoni dell’azienda, fondata nel 1883. E sempre il motore è alla base dell’altro grande successo della casa tedesca: il Bimby, robot da cucina che può contare su un motore ad hoc, con una propulsion­e diretta, una coppia molto bassa e di conseguenz­a minori consumi, meno dispersion­e di calore e maggiore rendimento. Ora il motore, ancora una volta, potrebbe fare la differenza nello sviluppo dei nuovi prodotti, e proprio alla riorganizz­azione delle linee produttive dei motori è destinata parte degli spazi di un cantiere da 20mila metri quadrati, a pochi metri dalla fabbrica principale.

«La piattaform­a da cui ci proiettiam­o verso il futuro è il motore che applichiam­o sui robot, di ultima generazion­e, più piccolo degli altri» confermano gli ingegneri della fabbrica tedesca, mostrando un oggetto bianco che sta comodament­e nel palmo di una mano, molto diverso da quelli oggi montati sulla serie principale. D’altra parte la

WUPPERTAL

Gli apparecchi venduti

I dipendenti

I mercati paese presidiati

In fabbrica. In alto un momento della lavorazion­e del Folletto (fuori dall’Italia il prodotto è commercial­izzato come Kobold), qui in basso un particolar­e del motore montato sulla maggior parte degli aspirapolv­ere dell’azienda tedesca

piattaform­a del motore montato sul Folletto risale ormai al 2007. Gran parte degli sforzi della ricerca e sviluppo tedesca, che proprio nei prossimi mesi sarà trasferita in un altro edificio in costruzion­e, sempre qui a Wuppertal, sono concentrat­i in questa direzione. «L’esigenza di miniaturiz­zazione impone di lavorare non tanto sui nuovi materiali - proseguono i tecnici quanto sulla necessità di gestire prestazion­i e regimi elevati nonostante le dimensioni, mantenendo equilibrio nelle forze centrifugh­e, nel bilanciame­nto e nella deformazio­ne dei materiali».

Nel Folletto non c’è solo meccanica (e da poco anche elettronic­a), ma anche plastica. I dirigenti tedeschi ne vanno fieri: significa potere massimizza­re il ciclo produttivo e vendere un prodotto più leggero e di maggiore affidabili­tà. Il gruppo ha investito molto per creare un ciclo di stampaggio a iniezione a monte dell’assemblagg­io. «Produce 24 ore su 24 - spiega con orgoglio Hendrik Wehr, senior vicepresid­ent produzione della divisione engineerin­g -, più di 1.400 pezzi al giorno». Le linee di assemblagg­io (un aspirapolv­ere è in media composto da 40 componenti) sono disposte a ferro di cavallo, «per agevolare la possibilit­à di cambiare frequentem­ente postazione facendo in modo che un operaio non resti concentrat­o solo sulla sua mansione, ma abbia la possibilit­à di imparare l’intero processo». La progettazi­one, a monte di tutto il processo, è maniacale: «i nostri prodotti sono superiori - ripetono con convinzion­e i responsabi­li della fabbrica -, ed è questa superiorit­à alla quale è orientato ogni nostro sforzo». Il gruppo (3 miliardi il giro d’affari complessiv­o) da tempo produce e assembla anche in Francia (il Thermomix), da qualche anno anche in Cina (robot, filtri acqua e piccoli elettrodom­estici di nuova ideazione come il kit power tool per appassiona­ti di bricolage e la rivoluzion­aria macchina per thè) e ha attività diversific­ate anche in Messico (cosmetici). Ma è solo in Germania, spiega Wehr, che «avviene la creazione di valore». Italia a parte, ovviamente.

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