I consiglieri Vivendi pronti a chiedere l’assemblea Telecom
Al board Genish porterà le preoccupazioni dei fondi, tra i quali anche BlackRock Il sollecito dei sindaci sulla scelta dei revisori divide il fronte Elliott
I “francesi” si preparano allo showdown al consiglio Telecom che si riunisce questa mattina a Roma. Pronti a passare dalle parole ai fatti con un tatticismo studiato a tavolino con i loro legali. Vivendi non vuole chiamare direttamente l’assemblea per ristabilire l’ordine, dopo la denuncia della governance “disordina- ta” attribuita all’iniziativa del fondo attivista Elliott che li ha portati a essere minoranza in cda: siamo su un aereo al decollo senza un pilota affidabile, ha detto in settimana un portavoce da Parigi. Il “pretesto” dunque resterà la convocazione di un’assemblea, prima di quella di bilancio della primavera, per procedere alla nomi- na dei revisori. Proprio Vivendi, forse strumentalmente in dissenso con le indicazioni del collegio sindacale, aveva impedito che si nominasse la società di revisione con l’anticipo opportuno di un anno. E, in teoria, vincoli legali a nominare il nuovo revisore contemporaneamente alla scadenza del vecchio non ce ne sono.
Ma il collegio sindacale, presieduto da Roberto Capone, ha «raccomandato» che si proceda in tempi rapidi. Forte di questa posizione dell’organo di controllo, i cinque amministratori espressi da Vivendi si sono accodati nel sollecitare la convocazione degli azionisti. Oggi però l’ex ad sfiduciato Amos Genish, a supporto di questa istanza, potrebbe rappresentare al board le preoccupazioni di un gruppo di fondi - tra i quali ci sarebbe in primis Blackrock, che complessivamente detiene una quota di poco inferiore al 5% - con i quali ha tenuto contatti anche dopo la sua defenestrazione, raccogliendo perplessità sull’incognita delle conseguenze del repentino cambio al vertice per le strategie Telecom.
Se la richiesta di assemblea fosse avanzata formalmente in consiglio come pare - sarebbe impegnativo dire di no alla minoranza del consiglio, che però rappresenta la maggioranza relativa dell’azionariato ordinario con la quota del 23,94%, tanto più se accompagnata dalla posizione di una rappresentanza qualificata di mercato e con l’abbrivio della raccomandazione dei sindaci. Nella compagine di maggioranza, dei consiglieri in quota Elliott, qualcuno in tempi non sospetti aveva sostenuto l’esigenza di ridare la parola ai soci prima di avvicendare Genish, la cui cooptazione in consiglio aveva ottenuto il consenso plebiscitario del 98% del capitale presente all’assemblea di aprile, incluso il fondo di Paul Singer. Con questa motivazione l’ex top manager Telecom Rocco Sabelli si era sottratto al pressing degli altri consiglieri perchè accettasse l’incarico di amministratore delegato al posto di Genish. Ma Sabelli potrebbe non essere l’unico dello schieramento a nutrire dubbi sul rinvio dell’assemblea, quantomeno per non ritardare la nomina dei revisori.
Il consiglio di oggi dovrebbe approvare il calendario societario per il prossimo anno e dunque la questione dell’assemblea potrebbe essere inserita in questo contesto. Se comunque la richiesta non fosse ammessa ai voti del board o se fosse respinta, Vivendi a questo punto sarebbe pronta a chiedere la convocazione dei soci in qualità di azionista e ne avrebbe tutti i diritti visto che basta il 5% per farlo.
La posizione espressa ieri dal vertice della Cdp - nessuno sta studiando il dossier Tim, non ci sono interlocuzioni con altri soci nè con la compagnia telefonica - è suonata “neutrale”. Quel 5% istituzionale - come si è visto - è in grado di per sè di fare la differenza semmai si dovesse andare a una nuova conta tra i soci.