Daimler spinge sulla joint venture in Cina
La casa di Stoccarda vuole portare la partecipazione dal 49 al 65 per cento Il patto Volkswagen-Ford, intanto, rivela l’importanza strategica delle piattaforme
Messi sotto pressione dalla guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina i grandi carmaker tedeschi, come in ogni processo evolutivo, provano decisamente a cambiare pelle. Dopo la conferma che Volkswagen andrà a incrementare la produzione oltre Atlantico grazie a un accordo con Ford, anche Daimler è uscita allo scoperto, ma sul versante cinese, dove peraltro la rivale di Wolfsburg ha già preso un bel vantaggio negli ultimi decenni. Secondo indiscrezioni non commentate da Daimler e smentite da Baic, la casa della stella a tre punte intende prendere il controllo della joint venture, portando la partecipazione dal 49 al 65 per cento. Si tratterebbe di un 16% in più, valutato tra i 2,3 e i 3 miliardi di euro, secondo le stime di Christian Ludwig, di Bankhaus Lampe.
La Cina è ormai da un decennio il più grande mercato automobilistico del mondo,con quasi 29 milioni di immatricolazioni nel 2017 (oltre il 60% appannaggio di marchi stranieri) sugli oltre 73 milioni di immatricolazioni globali. Nel corso del 2018 ha deciso di allentare la stretta delle regole sulle jv automobilistiche, dopo avere imposto per decenni l’obbligo per le aziende straniere di detenere una quota di minoranza. Dal 2022, infatti, i grandi costruttori saranno autorizzati a detenere quote di maggioranza in joint venture per veicoli passeggeri. L’obbligo di avere un partner, peraltro, è già stato revocato per chi produce auto elettriche. L’anno scorso la produzione di Daimler in Cina ha toccato quota 430mila unità grazie all’alleanza con Baic. E nei primi dieci mesi del 2018 la jv sino-tedesca ha venduto già 550mila autoveicoli, in crescita del 13 per cento. Trovare spazio in Cina, evidentemente, è vitale anche per Daimler, sia per l’annosa e delicata questione di brevetti e progetti a rischio copia nella condivisione con i partner asiatici sia tanto più, adesso, con la spada di Damocle dei dazi sulle importazioni di automobili dagli Stati Uniti. Il danno è serio, soprattutto, per la stessa casa guidata da Dieter Zetsche e Bmw, che le loro auto di lusso le producono in buona parte negli Stati Uniti e sono i primi due esportatori di auto made in Usa verso la Cina. Anche Bmw, infatti, non sta assolutamente ferma: in ottobre il costruttore bavarese ha annunciato che investirà 3,6 miliardi di euro per portare la propria partecipazione nella jv con Brilliance dal 50 al 75 per cento.
Quanto al patto tra Volkswagen e Ford, preannunciato negli ultimi due mesi, conferma un dato chiave: nell’automotive le piattaforme modulari sono ormai strategiche. Il vantaggio competitivo del gruppo Volkswagen si chiama infatti Mqb (Modularer Querbaukasten) ed è una sorta di Lego che permette di creare vetture totalmente diverse per stile, brand e tipologia, dai suv alle citycar passando dai monovolume. Mqb (e la variante Mlb Evo per auto con motore longitudinale) permette di dare mano libera ai designer e supporta alimentazioni di ogni tipo ed è stata pensata in origine anche per le ibride e le elettriche. La modularità permette di abbattere i costi e costruire più modelli con margini maggiori. Vw la usa dal 2012 ed è costata oltre 60 miliardi di euro. Ora Ford, con pochi soldi in cassa, non può pensare di investire cifre ingenti come hanno fatto altri costruttori (Volvo con la controllata Geely, ad esempio, ha sviluppato l’architettura Spa, mentre Bmw quelle battezzate Clar e Ukl).
Tuttavia per mettere in cantiere modelli nuovi, elettrificati e fortemente assistiti nella guida, le piattaforme moderne sono fondamentali. Ed ecco che alla Ford viene in soccorso Volkswagen: le prossime Focus e Fiesta saranno forse basate su Mqb e la variante Mqb A0. In pratica Volkswagen diventa una sorta di Intel del mondo dell’auto: fornisce un elemento chiave per costruire automobili. le piattaforme e con essa le linee di produzione con il vantaggio di rientrare negli ingenti investimenti fatti negli ultimi anni e ripagare quelli futuri visto che il gruppo di Vw ha messo sul piatto qualcosa come 44miliardi sul fronte elettrico.