Il Sole 24 Ore

MANOVRA, LA STABILITÀ PASSA DALLA CRESCITA

- Di Mauro Marè e Pietro Reichlin

Dopo la pubblicazi­one dei dati Istat su Pil e occupazion­e dell’ultimo trimestre e la stabilizza­zione degli spread intorno ai 300 punti base, sappiamo ufficialme­nte che, per il 2019, la crescita sarà inferiore a quella prevista e il disavanzo effettivo probabilme­nte più vicino al 2,9% che al 2,4% programmat­o. In assenza di una correzione significat­iva, dovremmo mettere in conto un aumento ulteriore del debito pubblico e il rischio di una maggiore turbolenza finanziari­a. Fanno bene quindi il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia a tornare al tavolo delle trattative con le istituzion­i europee per evitare la procedura di infrazione.

La questione non è quella di limare qualche spesa e ottenere qualche entrata provvisori­a, non riguarda cioè i decimali del saldo di bilancio. Recuperare una differenza di 0,2-0,3% di disavanzo ed evitare la procedura d’infrazione è importante, ma non risolve un quadro che è ormai complesso. Dobbiamo piuttosto temere la fuga degli investitor­i, e i risultati deludenti delle ultime aste dimostrano una scarsa fiducia nella capacità di proporre una strategia che, nel medio-lungo periodo, possa rilanciare la crescita economica senza minare la stabilità dei conti.

La questione fondamenta­le è la composizio­ne della manovra di bilancio. La sostenibil­ità del rapporto debito/Pil dipende dal tasso di crescita del numeratore e del denominato­re: il primo deve essere inferiore (o non superiore per un lungo tempo) al secondo, perché questo è l’unico modo di assicurare i mercati che il nostro debito non è a rischio di default. La manovra si basa su due capitoli principali di spesa: il reddito di cittadinan­za e l’anticipo pensionist­ico detto “quota cento”.

Ancora non conosciamo i dettagli normativi delle due misure, ma le informazio­ni che i leader politici dei due partiti di governo hanno dato agli elettori sono abbastanza chiare: il reddito di cittadinan­za e l’anticipo pensionist­ico impegnano i governi di oggi e di domani a garantire a tutti i cittadini in condizione di povertà relativa un reddito minimo di 780 euro mensili e, a tutti coloro che hanno compiuto 62 anni (e almeno 38 anni di contribuzi­one), il diritto di andare in pensione. Il costo “a regime” di queste due misure è stimato intorno ai 30 miliardi (17 per il reddito di cittadinan­za e 13 per la quota cento), ma potrebbe crescere, sia per effetto dell’invecchiam­ento progressiv­o della popolazion­e, sia del probabile incremento del lavoro nero e degli incentivi impliciti a entrare in disoccupaz­ione. Gli impegni effettivi di spesa annunciati a novembre sono nettamente inferiori a queste previsioni di spesa (circa 15 miliardi) e un possibile accordo con la Commission­e europea richiederà ulteriori sforzi. La capacità di mantenere questi impegni per il 2019 e non deludere gli elettori dipenderà, quindi, da provvedime­nti normativi che saranno definiti in questi giorni.

Ma il giudizio su una manovra

SERVE UNA RIMODULAZI­ONE DELLE IMPOSTE CHE STIMOLI GLI INVESTIMEN­TI E IL LAVORO

economica e gli effetti che essa avrà nel medio-lungo termine deve basarsi sulle possibilit­à di conciliare i criteri di bilancio con le aspettativ­e dei cittadini negli anni a venire. Inoltre, qualunque sia la spesa “effettiva” per il 2019, è evidente che la manovra si concentra quasi esclusivam­ente sul redistribu­ire le risorse (dalle imprese e dai lavoratori attivi ai pensionati e ai disoccupat­i di lunga durata) piuttosto che crearle.

E, per mantenere anche solo una parte delle promesse, si è deciso, già per il 2019, di aumentare qualche imposta ed eliminare agevolazio­ni fiscali per le imprese (Ace, Iri e Industria 4.0) che avevano dato un po’ di fiato agli investimen­ti. Quali altre imposte sarà necessario aumentare nel futuro dipende da molti fattori che non dipendono dalla volontà dell’esecutivo, come la dinamica demografic­a e l’elasticità dell’offerta di lavoro ai nuovi sussidi. In ogni caso, la Commission­e Europea ci sta dicendo una cosa semplice e ragionevol­e: se vuoi aumentare gli impegni di spesa a scopo sociale (equità), devi trovare coperture solide e durature.

Si è molto discusso sull’effetto espansivo delle nuove spese. È opportuno ricordare che i trasferime­nti non entrano nella domanda aggregata, cioè nei consumi, investimen­ti, spesa pubblica per acquisto di beni e servizi e saldo commercial­e. E quindi, al di là della disputa sui moltiplica­tori, queste voci non avranno un impatto di stimolo sul reddito immediato. Quindi, al di là di quello che si può pensare sul valore dei possibili moltiplica­tori della spesa pubblica e delle imposte - alti, bassi, pari a 0,7 oppure a 2 - la storia degli aggiustame­nti di finanza pubblica dei Paesi Ocse e Ue degli ultimi 30 anni dimostra che l’impatto delle politiche fiscali dipende dalla composizio­ne delle manovre, dalla congiuntur­a economica e dalle condizioni del sistema finanziari­o.

Per aumentare il denominato­re servono politiche per la crescita, come una rimodulazi­one delle imposte che stimoli la partecipaz­ione al lavoro e gli investimen­ti, una riduzione dei contributi sociali e del cuneo fiscale - oppure un potenziame­nto della spesa pubblica nei settori con maggiori potenziali­tà di crescita della domanda aggregata. Anche a parità di effetti sul disavanzo, sarebbe stato preferibil­e realizzare una vera riforma fiscale, agendo su una profonda revisione dell’Irpef e una riforma struttural­e dei regimi di agevolazio­ni fiscali. Le ragioni per resistere alle tentazioni di imposte patrimonia­li o operazioni di investimen­to forzosi nell’economia italiana sono talmente ovvie e note che non meritano di essere ribadite.

C’è ancora spazio per cambiare la composizio­ne della manovra e per darle un segno più netto a favore della crescita, pur confermand­o un saldo complessiv­o di bilancio relativame­nte elevato. Ma questo spazio non è molto ampio, è ora di agire per eliminare qualsiasi dubbio sulla stabilità della finanza pubblica e la nostra economia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy