La holding senza proventi supera il test di vitalità
Sì al riporto di «rosso» e interessi anche se non sono rispettati i parametri
La holding può superare il test di vitalità per il riporto delle perdite e degli interessi in sede di fusione anche in assenza di proventi a seguito della mancata distribuzione di utili dalle partecipate. Il chiarimento giunge dall’agenzia delle Entrate con la risposta n. 94 di ieri. È inoltre irrilevante l’assenza di costi del personale, vista la particolare attività esercitata dalle holding.
La risposta n. 94/2018 prende in esame una fusione realizzata da una società (Alfa) con una sua controllata (Beta), che era a suo tempo stata costituita quale veicolo per l’acquisizione di una entità estera (Gamma). Beta aveva finanziato l’acquisizione anche mediante ricorso ad un prestito bancario a fronte del quale sono maturati interessi passivi che Beta stessa non era in grado di dedurre per incapienza di Rol (articolo 96 del Tuir). A partire dal 2009 (anno successivo a quello della acquisizione), Beta era entrata in consolidato fiscale, con deduzione degli interessi a fronte di Rol eccedente del gruppo Alfa. Gli interessi del 2008 non hanno potuto essere trasferiti al consolidato e sono stati riportati a nuovo da Beta nella propria dichiarazione dei redditi. Nel 2017, per semplificare la catena di controllo, Alfa ha proceduto ad incorporare la controllata Beta e intende riportare le eccedenze di interessi di quest’ultima società. Beta ha un patrimonio netto capiente mentre non realizza il test di vitalità non avendo rilevato nel 2016 e nella frazione di esercizio 2017 alcun costo del personale e alcun provento. Alfa chiede dunque alle Entrate la disapplicazione della disposizione contenuta nell’art. 172, comma 7, affermando che l’operazione non è finalizzata ad ottenere la deduzione di eccedenze di interessi passivi dato che, qualora si fosse proceduto alla acquisizione di Gamma senza il veicolo Beta, gli interessi sarebbero stati interamente dedotti in capo ad Alfa fin dal 2008.
L’Agenzia sottolinea che il test di vitalità previsto per il riporto di interessi e perdite in sede di fusione è soggetto ad alcune peculiarità laddove la società sia una holding di partecipazione. Innanzitutto di costi del personale non è mai da considerare un sintomo di scarsa vitalità in ragione della attività svolta dalla holding. Per quanto invece attiene ai ricavi, le holding possono tenere conto, oltre che delle voci A.1 e A.5, anche dei proventi finanziari iscritti nella classe C, tra cui in particolare i dividendi da partecipate. Nel caso in esame, Beta, nel 2016 (a differenza di quanto avvenuto in anni precedenti), non ha rilevato alcun provento in quanto la partecipata estera Gamma ha trattenuto tutto l’utile d’esercizio, anche in vista della imminente fusione. Ciononostante, conclude la risposta 94, il mancato superamento del test, a seguito della decisione di sospendere la distribuzione dell’utile della controllata, non impedisce, in considerazione del particolare status di holding pura della società, di riportare le eccedenze di interessi in capo ad Alfa, la quale, a seguito della fusione, acquisisce la rilevante partecipazione in Gamma non integrandosi la situazione che la norma antielusiva intende colpire.