Le clausole nel contratto rafforzano l’arbitrato
Prevenire per deflazionare. L’arbitrato si propone come un’alternativa per ridurre i tempi della giustizia civile in Italia. Per farlo, però, manca ancora una diffusa cultura per la risoluzione delle controversie in ambito privatistico. In questo senso «vanno messe a punto una serie di clausole compromissorie nei contratti da dettagliare specificamente», come sottolinea Daniele Mantucci, ordinario di diritto processuale civile all’università Politecnica delle Marche, a margine del convegno «Arbitrato, giurisdizione e sviluppo» organizzato ieri a Roma e promosso tra gli altri dall’associazione dottorati di diritto privato. Un’occasione per presentare il progetto del trattato del diritto dell’arbitrato a cui stanno partecipando i principali esperti della materia a livello italiano e mondiale e che è destinato a vedere la luce nel 2019.
Tra gli ostacoli da superare per promuovere la cultura dell’arbitrato c’è anche quello relativo ai costi percepiti della procedura. In questo senso può aiutare la prevenzione e l’inserimento di clausole compromissorie dettagliate. «Nel contratto le parti possono stabilire l’indicazione dei costi massimi dell’arbitrato», sottolinea Mantucci che attira l’attenzione anche sui costi indiretti che un contenzioso civile può comportare su un’azienda per la durata prolungata negli anni e l’incertezza sugli esiti. Mentre per un arbitrato la durata stimata è di circa sei mesi.
ISTITUTO DEFLATTIVO Le parti possono disciplinare in anticipo anche i costi massimi per un eventuale ricorso al collegio che può garantire tempi più veloci rispetto alla giurisdizione ordinaria