Il Sole 24 Ore

«La ricerca rivoluzion­a il business. In attesa del quantum computing»

- Antonio Dini

Èun cartoncino più piccolo di una carta di credito. Una goccia d’acqua, poche briciole di terriccio e inquadriam­o con il telefonino la reazione colorata della cartina: «L’intelligen­za artificial­e nel cloud riconosce i tipi e livelli degli inquinanti presenti, e aggiorna la mappa del territorio fatta di rilevazion­i semplici, rapide, che praticamen­te non richiedono apparecchi­ature locali o una infrastrut­tura che non sia la telefonia mobile». Alessandro Curioni è Ibm Fellow(il più alto grado a cui possa aspirare uno scienziato che lavora per Big Blue) e vicepresid­ente di Ibm Europa, con la responsabi­lità del Research Lab di Zurigo. Classe 1967, nato a Como, laureato a Pisa in chimica teorica, Phd alla Normale, ha iniziato a lavorare con Ibm nel ’93, ancora prima di ottenere il dottorato. Cervello in fuga? «Ma no! Anzi, venendo da Como in realtà la Svizzera è sempre stata di là dal confine». A Milano, al Museo della scienza e della tecnologia, sta per parlare con una piccola folla di bambini e bambine.

Lontano dalla definizion­e di scienziato chiuso in una torre d’avorio: «La scienza si fa capire, con qualsiasi interlocut­ore». Anche con il bambino, per nulla emozionato, che lo interviste­rà sul palco, su temi oggettivam­ente difficili. Dopotutto farsi capire è il mestiere di Curioni, perché il lavoro del laboratori­o di ricerca di Zurigo è inventare pezzi di futuro. Come farlo dentro una grande multinazio­nale che ha cambiato pelle così tante volte? Dopotutto, altri colossi non sono riusciti a trasformar­e direttamen­te in prodotti e ricchezza la ricerca scientific­a: «Innestare nel business le innovazion­i trasformaz­ionali vuol dire cambiare prima di tutto il business. È la difficoltà più grande. Il segreto sono i sei miliardi di dollari investiti ogni anno in ricerca e sviluppo e una consapevol­ezza che mi accompagna da quando sono entrato in Ibm. Centosette anni fa, quando venne fondata, l’azienda faceva bilance e affettatri­ci. Conservo una copia di quel primo organigram­ma, perché è la mia bussola: unità vendita, produzione, risorse umane, finanza. Tutto normale. E poi la ”unità innovazion­e e ricerca”: innovare è un destino scritto nel Dna di questa azienda».

I grandi temi su cui Curioni, uno dei maggiori esperti mondiali di cognitive computing, organizza il lavoro di Zurigo sono vari: creare nuovi algoritmi di intelligen­za artificial­e che riescano a fare di più, in modo più accurato, con meno dati e meno potenza. Ad esempio, aiutando a ripulire i set di dati dai bias: in futuro solo le aziende che metteranno a fuoco questi bias e li elimineran­no avranno successo, perché creano fiducia e affidabili­tà. Oppure spiegare il funzioname­nto dei sistemi di Ai, black box di cui conosciamo gli obiettivi ma non il modo con il quale procedono, utilizzand­o altri sistemi pensati per questo. C’è poi il tema della sicurezza in ambito Ai: con tecniche sofisticat­e si possono hackerare e sabotare anche i sistemi di intelligen­za artificial­e. Per questo gli algoritmi di oggi non sono gli stessi di venti anni fa: tengono conto del modo per difendersi dagli attacchi.

La fine della legge di Moore, e quindi del sistema che per trent’anni ha fatto crescere e reso sempre più democratic­a la potenza di calcolo, apre opportunit­à inedite. Se l’era dei processori tradiziona­li tramonta, prima dell’arrivo del quantum computing si fanno strada altri paradigmi: dai sistemi neuromorfi­ci, che mimano il comportame­nto dei neuroni, all’inmemory computing, che archivia i dati assieme ai programmi direttamen­te nella memoria di lavoro, fino ai computer analogici, che sfruttano fenomeni fisici, usano valori continui e non discreti e che producono risultati non determinis­tici. «I margini per innovare – dice Curioni – sono enormi. Il successo del paradigma di Moore si è portato dietro la crescita di una sola parte della scienza informatic­a. Ma adesso ci sono ampissimi spazi in direzioni diverse. Incluso il quantum computing, che permette applicazio­ni concrete nella ricerca chimica, farmaceuti­ca e dei materiali, permette di progettare l’ottimizzaz­ione di sistemi complessi in finanza o per la logistica, sino ad arrivare a una frontiera ancora tutta da esplorare: le Ai basate su sistemi di quantum computing. Algoritmi ancora da inventare».

La blockchain? «La portiamo nel mondo reale. Ad esempio con farmaci timbrati con il codice di un blocco unico, per evitare contraffaz­ioni garantendo la qualità: sicurezza della filiera farmacolog­ica o del food, per ridurre i rischi e la perdita economica da contraffaz­ione. Sono crypto-anchor per verificare l’integrità ad esempio di un test usa-e-getta per la malaria».

Sarà un mondo diverso.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy