Il Sole 24 Ore

Gioielli: grandi manovre fra negozi, digitale e fiere

Il segmento risponde al successo di vendite con boutique lussuose nuovi e-store e approcci social. Innovare è necessario, specie per i piccoli marchi

- Chiara Beghelli

Anche per i gioielli, come resto accade negli gli altri settori, i tradiziona­li canali di vendita sono nel pieno dell’evoluzione imposta dal digitale. L’innovazion­e è necessaria. E la risposta del segmento prevede boutique lussuose, nuovi e-store e approcci social.

Al terzo piano del 26 di Place Vendôme, nell’appena riaperto edificio Boucheron, al «26» si può riposare su un divano di Noé Duchaufour-Lawrence, con servizi firmati dal vicino hotel Ritz, mentre al piano di sopra i maestri dell’atelier di alta gioielleri­a lavorano con gemme e metalli preziosi. Questa esperienza è l’emblema dell’evoluzione di tutti i negozi di marchi di lusso, da mero punto di vendita a punto di contatto con i clienti, come individuat­o dall’ultimo “Luxury Study” di Bain-Altagamma. Il grandioso rinnovamen­to della boutique Boucheron (i lavori sono durati quasi tre anni), marchio che dal 2000 appartiene al gruppo Kering, esprime anche il benessere del comparto hard luxury,e della gioielleri­a in particolar­e: secondo lo stesso re port,qu est’annoi gioie li( insieme alle calzature) saranno il principale traino di crescita del lusso globale, con un aumento del 7% per 18 miliardi di euro. Ancora una nicchia rispetto ai 60 miliardi generati dall’ abbigliame­nto, che però è l’ unico settore in calo (-1%). Una tendenza che hasp in tosempreKe ring ad annunciare la prima collezione di alta gioielleri­a di Gucci, in arrivo la prossima estate. Tuttavia, come accade per gli altri segmenti, anche per i gioielli i tradiziona­li canali di vendita sono nel pieno dell’evoluzione imposta dal digitale. «Omnichanne­l» è un termine che pervade le strategie di grandi e piccoli marchi, impegnati nella sfida di portare sul web l’esperienza e la cura del servizio delle boutique. Ma i negozi possono essere anche piattaform­e di sperimenta­zione di nuovi contatti con i clienti: «Il nostro New Curiosity Shop (aperto a febbraio a Roma, nda) è una sorta di area di ricerca e sviluppo - dice Jean-Christophe Babin, ceo Bulgari -. Con il suo approccio più lifestyle serve ai clienti, specie i più giovani, per avere un primo contatto con il nostro mon- do, e a noi per interagire di più con loro». Per Bulgari, che ha appena rinnovato la boutique di Milano (si veda .moda del 1° dicembre) e si appresta a fare lo stesso a Place Vendôme, il negozio “fisico” resta cruciale: «Ma l’approccio è omnichanne­l. Per questo stiamo lavorando allo sviluppo dell’ecommerce, che porteremo in Italia da febbraio. Il servizio deve avere la stessa qualità di quello in boutique».

Più preziosi sul digitale

Bisogna essere pronti: Ba in-Alta gamma sostiene che nel 2025 tutti gli acquisti di lusso saranno, se non effettuati, almeno influenzat­i dal digitale. Per questo il 2018, aldilà dei magnifici open ing,è stato anche un annodi convinti investimen­ti online: adaprile Y nap(d el gruppo Riche mont) ha apertola vendita di gioielli, offrendo anche creazioni di alta gioielleri­a, su N et-à- porter; il mese dopo Farfetch ha annuciato la nuova sezione “orologi e gioielli ”; in giugno 24 Sèvr es, la piattaform­a del gruppo Lvmh lanciata un anno prima, ha inaugurato la sua sezione “gioielli”. Tale frenesia digitale apre prospettiv­e e domande: vedremo presto anche une-t ai ler dedicato ai gioielli, per esempio il corrispett­ivo di Ho dinkeep erg li orologi?

Futuro «brillante» per i department store

Intanto, anche i multibrand “fisici”, come i department store (molti ancora non usciti da una crisi d’identità), hanno capito che dai gioielli potrebbe passare parte dl loro futuro: sempre Bulgari ha triplicato la superficie del suo negozio da Harrods, che due anni fa presentò il nuovo, ambizioso progetto della Jewelry Room. «I gioielli stanno diventando sempre più importanti per noi», ha detto Marta Nowakoski, vicepresid­ente di Saks, quando a maggio ha aperto la nuova “Jewelry on 2”, l’area dedicata alla gioielleri­a che ospita 40 marchi in circa 2.150 metri quadri, con speciali vip room. L’anno prossimo ne è prevista già un’implementa­zione con il nuovo spazio-concept “The Vault” dedicato a marchi di alta gioielleri­a: lanciato un anno fa come esperiment­o nello store della ricca Greenwich, nel Connecticu­t, è stato un successo, che Saks spera si replicherà a Manhattan.

Le fiere come boutique

Anche il rapporto con un altro tipo di clienti, i buyer, è in divenire: Baselworld ha reagito alla fuga dei marchi di orologeria promettend­o, per l’edizione 2019, una nuova centralità dei marchi di gioielleri­a. Eppure, questo non è bastato a convincere aziende come de grisogono e Pasquale Bruni a restare. Entrambe si sono dette in cerca di nuove formule di comunicazi­one. Chi sembra averle identifica­te è la “piccola” (rispetto a Baselworld) Vicenzaoro, che si prepara alla prossima edizione del 18-23 gennaio:oltre ad aver puntato, con approccio “digitale”, sull’organizzaz­ione dei marchi in community, a settembre ha ampliato il suo rapporto con la città con “Vioff”, un “fuori fiera” con eventi, degustazio­ni, negozi e musei aperti per l’occasione. Sul fronte digitale, su Amazon è stata attivata la vetrina “New Looks selected at Vicenzaoro”, con 3.100 prodotti made in Italy.

Innovazion­e cruciale

In Italia, per alcuni innovare significa sopravvive­re: si tratta dei piccoli negozi multibrand, peculiarit­à del nostro Paese, calati del 13,6% fra 2012 e 2017 e di cui oltre il 20% fattura meno di 100mila euro l’anno: «Manca il controllo di gestione, una governance, e si fa resistenza al cambiament­o – spiega Gabriele Aprea, presidente di Chantecler e del Club degli Orafi –. Con i nostri corsi di formazione dedicati al retail stiamo cercando di colmare queste lacune. Il segreto è trasformar­e i negozi in centri per community, con brand ben organizzat­i per segmento, dove proporre eventi oltre a offrire servizi». Non serve necessaria­mente una vista su Place Vendôme.

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Riflessi di Natale. Una delle vetrine natalizie della boutique Van Cleef & Arpels di New York, ispirate ai racconti dei Fratelli Grimm. La maison ha annunciato che non parteciper­à al prossimo Sihh di Ginevra

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