Il Sole 24 Ore

«Il contratto stabile conviene»

Pasquale Tridico. «Costa meno, non vedo perché non trasformar­e i rapporti precari»

- Claudio Tucci

«Il contratto a tempo indetermin­ato costa meno; e non vedo perché le imprese debbano lasciare a casa quei lavoratori vicini alla scadenza del rapporto precario. Il decreto dignità punta a favorire una ricomposiz­ione del mercato del lavoro verso i contratti stabili e contrastan­do la precarietà. I primi numeri, dal mio punto di vista - spiega al Sole24Ore Pasquale Tridico, consiglier­e economico del vice premier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio mostrano una inversione di tendenza. Se poi il problema sono le causali, lo dico con chiarezza: i lavoratori devono avere il diritto di sapere perché lavorano a termine».

Professore, le aziende, dalla meccanica al terziario, si aspettano un calo di occupati e più turn-over... Preciso una questione: a parità di domanda di lavoro e di investimen­ti, non si capisce perché le imprese che si trovino con dei lavoratori vicini alla scadenza del contratto temporaneo, debbano lasciare quei lavoratori a casa piuttosto che trasformal­i a tempo indetermin­ato, in virtù anche di un incentivo economico in particolar­e per gli sgravi previsti per i giovani sotto i 35 anni, e in virtù del fatto che il contratto a tempo indetermin­ato costa anche di

meno. Se invece di essere al 24° mese, fossimo al 36° mese, all’interno dell’orizzonte temporale lungo dell’impresa, non ci sarebbe differenza. Se decide di lasciarli a casa dopo il 24° mese, li lascerà a casa anche dopo il 36° mese se rimane invariata la domanda di lavoro e il livello di investimen­to. Non mi sembra si possa ragionevol­mente argomentar­e il contrario da un punto di vista economico. Se il problema invece è la causale, anche qui la coerenza è dalla parte del decreto dignità: i lavoratori devono avere il diritto di sapere perché lavorano a tempo determinat­o, in modo da sapere quali sono orizzonti lavorativi, prospettiv­e, possibilit­à future, ed organizzar­si di conseguenz­a.

Il punto è che contratti a termine e in somministr­azione crollano. C’è il rischio di più partite Iva o nero? Non credo. E non credo nemmeno che i rischi del lavoro nero, debbano essere il cavallo di troia che serva ad abbassare la guardia sulla tutela dei diritti dei lavoratori. Al contrario è previsto un aumento considerev­ole di risorse per l’incremento di ispettori presso l’Inl (Ispettorat­o nazionale lavoro, ndr). L’obiettivo del decreto dignità è quello di favorire una ricomposiz­ione del mercato del lavoro a favore del tempo indetermin­ato, a parità di domanda di lavoro. Questo oggi sta accadendo.

Istat e Inps parlano però di economia in frenata e lavoro stagnante... Io ho una lettura diversa dei dati, compresi quelli delle comunicazi­oni obbligator­ie. Abbiamo una inversione di tendenza: aumentano le attivazion­i e le trasformaz­ioni a tempo indetermin­ato e diminuisco­no quelle a tempo determinat­o. Questa è una buona indicazion­e e va nella direzione anche della Job strategy dell’Ocse appena lanciata. Si deve aumentare l’occupazion­e aumentando il lavoro di qualità.

Si farà un tagliando al dl dignità? Non penso che ci sia, nel breve periodo, tale possibilit­à. In Europa il contratto a termine dura massimo 24 mesi e la causale esiste quasi dappertutt­o. In Francia esiste un termine di 18 mesi e l’obbligo di causale. In Spagna si fissano tre condizioni precise e alternativ­e tra loro per le quali è possibile sottoscriv­ere contratti a tempo. In Germania esiste un modello di causale attenuata, simile al nostro modello. Nelle direttive Ue il lavoro a termine viene scoraggiat­o, e viene in generale ammesso un contratto a termine libero solo per i primi sei mesi, considerat­i come una sorta di prova. Il decreto dignità permette un contratto libero più generoso di quanto previsto dalla direttiva Ue, di 12 mesi.

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Le causali? I lavoratori devono avere il diritto di sapere perché lavorano a termine

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