Doppio esame europeo per il bilancio italiano
Prima verifica già lunedì Probabile incontro tra Conte e Juncker a fine settimana
Il primo appuntamento europeo per la manovra è in programma già lunedì alle 19.30, quando il vicepresidente della commissione Dombrovskis e il commissario agli Affari economici Moscovici parleranno alla commissione dei problemi economici e monetari delle valutazioni sui progetti di bilancio, quello italiano in primis. Ma i giorni cruciali saranno quelli finali della settimana, giovedì e venerdì, quando a margine del Consiglio Ue potrebbe esserci il nuovo faccia a faccia fra il premier Conte e Juncker. Per quella data andranno risolti i nodi politici sul deficit nominale e strutturale da scrivere nella proposta italiana, ancora aperti anche dopo l’ennesimo giro di vertici di governo.
La palla è nel campo della politica anche perché il lavoro tecnico sulle revisioni possibili è praticamente completato. E non dovrebbe andare molto oltre gli effetti di calendario e platea su pensioni e reddito di cittadinanza che puntano a ridurre di 2-3 decimali di Pil il fondo destinato alle due misure bandiera. In parallelo, si è studiato a rafforzare e dettagliare il piano di alienazioni evocato dalla lettera che ha accompagnato a Bruxelles il secondo programma di bilancio italiano. Ma non va dimenticato che il tema scalda poco i cuori della commissione: i piani “ordinari” da 5 miliardi circa (tre decimali di Pil) che hanno accompagnato le ultime manovre italiane non sono mai stati considerati nei calcoli di Bruxelles, che per il 2019 ha invece deciso di tenerne conto al 50%: una piccola apertura, da 2,5 miliardi, che resta lontana dai 18 miliardi di privatizzazioni indicati dal governo come “garanzia ulteriore” sui progetti di abbattimento del debito.
A ingombrare il tavolo del confronto resta il fatto che l’avvio del reddito ad aprile e le finestre con cui si scaglionerebbero le uscite di quota 100 riducono rispetto ai programmi originari il deficit dell’anno prossimo, tenendolo in ogni caso sopra al 2%, e non hanno effetti apprezzabili sul 2020 e 2021. Ma è stato lo stesso premier Conte nei giorni scorsi a indicare l’obiettivo di una riduzione ulteriore del disavanzo per tutto il triennio, peraltro indispensabile per provare davvero a far rientrare i saldi italiani nei binari europei. Al netto del tentativo di allargare le spese eccezionali che escono dal saldo strutturale
Proprio il protagonismo di Conte nel confronto con Bruxelles ha aiutato ad alimentare le nuove voci di dimissioni imminenti di Tria, ancora una volta smentite dal diretto interessato. Anche le ipotesi di una richiesta recapitata direttamente dai Cinque Stelle è stata negata ieri da Di Maio.
Anche perché al momento il punto è un altro, più generale. Da trovare è la quadra politica dentro al governo sui numeri da presentare a Bruxelles, al centro ieri di un altro mini-vertice mattutino fra il premier, Salvini e Giorgetti. Ieri l’esigenza di trovare un accordo con la Ue è stata rilanciata dai piani alti del mondo bancario, dai vertici di Intesa (lo hanno sottolineato sia l’ad Messina sia il presidente Gros Pietro) al presidente dell’Abi Patuelli. Dal Carroccio, atteso oggi alla manifestazione romana di Piazza del Popolo, si continua a negare qualsiasi ipotesi di scendere sotto il 2,2%. Nessuna apertura esplicita nemmeno dai Cinque Stelle, dove si continua a ribadire la linea secondo cui i numeri arriveranno «alla fine». Ma la data chiave non è lontana, perché nuovi saldi ed emendamenti vanno approvati entro i prossimi 7-8 giorni. E difficilmente Conte potrà andare a Bruxelles giovedì prossimo senza una decisione già maturata.