Mercatone Uno, un tavolo per salvare i fornitori
L’allarme dell’assessore al Lavoro della Regione Veneto, Elena Donazzan
«Data la complessità della situazione e la filiera lunga e articolata di fornitori e subfornitori molto esposti con Mercatone Uno abbiamo deciso di aprire un tavolo di crisi». L’assessore al Lavoro della Regione Veneto, Elena Donazzan, alza di livello il grido d’allarme che da settimane si leva dalle piccole e medie aziende fornitrici del gruppo distributivo di Imola, uscito da tre anni di amministrazione straordinaria con altri 200 milioni di euro di perdite, e ufficializza l’attivazione dell’unità per le crisi complesse di Palazzo Balbi.
«Un’unità che si interfaccia in via diretta e speciale con il Mise e che convocherà il primo incontro la settimana del 17 dicembre – precisa Donazzan - con l’obiettivo di fare una ricognizione di tutte le posizioni debitorie aperte verso Mercatone Uno e dei posti di lavoro diretti e indiretti coinvolti. Avevo già formalizzato al Governo più di un anno fa, durante la procedura concorsuale all’allora ministro Calenda, le preoccupazioni della Regione Veneto per le ripercussioni che le chiusure di punti vendita Mercatone Uno avrebbero avuto anche sulla filiera produttiva e logistica (si stimano almeno 2-3 posti di lavoro indiretti per ogni dipendenti diretto). E il passaggio del gruppo a una newco con sede a Malta (Shernon Holding, ndr)senza esperienza amplifica la mia preoccupazione».
Se Confimi Veneto ha rotto il velo di silenzio, ora è la Cisl che sta facendo da amplificatore attivando tutte le altre organizazzioni sindacali su scala nazionale, «perché una procedura in mano ai poteri forti per evitare tre anni fa il fallimento, oggi rischia di aprire una voragine contrattuale e sociale ben più vasta in tutto il Paese senza alcuna reale garanzia né per i 2.300 lavoratori di Mercatone Uno né per le migliaia di addetti delle Pmi creditrici», sottolinea Maurizia Rizzo , alla guida di Fisascat-Cisl Veneto.
E anche la famiglia Cenni esce allo scoperto, rivendicando in una lettera al Sole-24 Ore la correttezza e la responsabilità della «dolorosa scelta» che portò, dopo il fallito tentativo di ristrutturazione del 2012, all’amministrazione straordinaria per assicurare la salvaguardia in continuità del secondo player del settore dopo Ikea, in Italia. «Incomprensibile la scelta dei commissari di rinunciare volontariamente alla garanzia dello Stato così come quella di riaprire punti vendita chiusi da tempo perché non profittevoli, rifiutando pure la nostra disponibilità a cedere la proprietà di alcuni asset per promuovere una cessione ordinata e tempestiva del gruppo. Non è certamente dalle infondatissime iniziative giudiziarie intraprese nei confronti di 26 convenuti (tra cui le famiglie Cenni e Valentini) per una inesistente distrazione patrimoniale che i commissari straordinari potranno trarre i mezzi per onorare i debiti da essi contratti».