PER GESTIRE I MIGRANTI SERVONO MULTILATERALISMO E BUON SENSO
Èun momento difficile per il multilateralismo come base delle relazioni internazionali, per cui è particolarmente benvenuta la Conferenza Onu di Marrakech per adottare il Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration. È il primo tentativo di affrontare in un’ottica multilaterale una questione chiave della realtà attuale, che è stata affrontata prevalentemente a livello bilaterale e con risultati palesemente insoddisfacenti. Tutti i Paesi sono coinvolti, dato che i movimenti di popolazione crescono ovunque, non solo da Sud a Nord, ma anche da Sud a Sud (pensiamo ai milioni di afghani in Pakistan, di venezuelani in Colombia o di birmani in Bangladesh) e persino da Nord a Nord (Brexit docet).
Il risultato è un testo ricco di princìpi lodevoli, ancorché generali, che sono tratteggiati con toni che paiono persino lirici, tanto sono permeati di buone intenzioni. Ma è anche impregnato di realismo, dato che il Global Compact è frutto di diciotto mesi di negoziati spesso difficili. E in ogni caso il suo valore principale è affermare, al livello di leader, che le migrazioni sono un fenomeno globale e che quindi non si può continuare a gestirle attraverso relazioni bilaterali.
Per lungo tempo la migrazione da lavoro e i ricongiungimenti familiari hanno seguito questo modello, in cui accordi bilaterali o politiche migratorie tendevano a prediligere flussi legati a particolari affinità culturali o specifiche necessità dei mercati del lavoro. La crescita dei richiedenti asilo e dei flussi migratori spontanei, solitamente dettati dalla situazione economica nei Paesi di origine, hanno alterato gli equilibri precedenti. Non sempre il Paese di primo asilo è quello ove richiedere protezione internazionale e i Paesi più vicini alle aree di pressione migratoria diventano aree di transito verso altre destinazioni. In questi casi è la pressione sul lato dell’offerta, senza alcun collegamento con la domanda, che domina la mobilità, inducendo i Paesi di transito a cercare di regolarla con il contributo di altre potenziali destinazioni. Specialmente in Europa, i flussi migratori sono a cavallo tra tanti Paesi basti pensare ai pulmini di badanti che collegano le nostre città con l’Europa dell’Est. La politica migratoria di un Paese influenza quella dei suoi vicini, comprese le normative nazionali sulla cittadinanza che garantiscono la libera circolazione in tutta l’Unione.
Il messaggio dell’Onu è che al posto di gestire (male) la migrazione irregolare attraverso la cosiddetta porta di servizio, bisogna regolarizzare gli arrivi gestendo in maniera intelligente la porta principale.
SECONDO L’ONU FLUSSI COERENTI CON I BISOGNI DELL’ECONOMIA FAVORISCONO L’INTEGRAZIONE
Flussi coerenti con le richieste del sistema economico favoriscono l’integrazione, economica e sociale, degli stranieri. Da questo punto di vista, cercare un accordo sui princìpi appare come il punto di partenza, condizione necessaria ancorché certo non sufficiente per arrivare a instaurare meccanismi di cooperazione globale. Anche perché spesso è proprio la mancanza di accordi multilaterali a favorire flussi irregolari, con relativi soprusi e sfruttamento.
Il Compact non prevede risorse per promuovere l’applicazione dei suoi princìpi, eppure anche senza alcuna sanzione per gli inadempienti sembra troppo ambizioso per alcuni Paesi (Stati Uniti, Ungheria, Austria, Australia e Polonia, in ordine di apparizione, cui sembra destinata ad accodarsi l’Italia). La principale critica è che il Compact limita la facoltà dei governi di controllare i confini e restringere i flussi migratori. Ma il Compact non è un trattato internazionale e come tale non implica una cessione di sovranità per i firmatari. Inoltre, la tesi secondo cui princìpi tanto generali incoraggerebbero gli ingressi illegali e favorirebbero la criminalità è poi abbastanza risibile, data la complessità sia delle motivazioni di chi sceglie di lasciare il proprio Paese, sia dei circuiti che lo rendono possibile. Di rifugiati tratta un altro Compact Onu, che l’Alto com- missario ha presentato all’Assemblea Generale di settembre.
Ma in questa fase sembra prevalere una visione miope dei problemi migratori, come se fosse possibile per ciascun Paese affrontarli e risolverli da solo. La realtà è che la migrazione permanente è a livelli record - 5 milioni di ingressi annuali nei Paesi Ocse, che rappresentano però solo lo 0,5% della popolazione dei Paesi di accoglienza. Con il rapido invecchiamento della popolazione, tre quarti dell’aumento della forza lavoro in Europa dal 2000 corrisponde a immigrati, senza i quali l’attività economica sarebbe stata fortemente penalizzata. Diversi Paesi, al di là degli slogan, hanno sviluppato politiche attive per rispondere a crescenti carenze di personale in alcune professioni chiave attraendo migranti qualificati.
Gettare alle ortiche del Migration Compact ci condannerebbe a navigare a lungo tra la Scilla della xenofobia, che ne enfatizza gli aspetti negativi e favorisce la diffusione di sentimenti estremisti e conflittuali, e la Cariddi del candore, che ostacola all’atto pratico la condivisione di responsabilità e diritti. Ciò di cui c’è bisogno è di un approccio proattivo al fenomeno migratorio che si focalizzi sui problemi di fondo. Questa sfida può essere vinta solo tutti insieme.