Unione europea su Huawei: timori per la sicurezza
Ansip (Commissione): la Cina chiede alle imprese di aiutare l’intelligence
L’onda lunga del caso Huawei investe in pieno l’Europa. Ma non solo. Dagli Usa, al Giappone, a Mosca che sulla questione ha attaccato frontalmente Washington, la giornata di ieri ha registrato prese di posizione che sanno di posizionamento sullo scacchiere di una questione internazionale di cui al momento è difficile prevedere l’evoluzione.
Pesanti in mattinata da Bruxelles le parole del vicepresidente della Commissione Ue, con delega sul digitale, Andrus Ansip: «In realtà non sappiamo molto sul caso Huawei ma come persone normali dobbiamo essere preoccupati». E questo, ha detto Ansip, «perché la Cina ha fissato nuove regole in base a cui le loro imprese devono cooperare con la loro intelligence». Immediata la risposta di Huawei che si è detta «sorpresa» ma anche «delusa», oltre a respingere «categoricamente ogni accusa di poter costituire una minaccia alla sicurezza» dichiarandosi «aperta al dialogo per chiarire queste incomprensioni».
Le parole di Ansip hanno comunque avuto l’effetto “collaterale” di far vedere come anche in questo caso l’Europa faccia fatica a parlare con una voce sola, almeno a giudicare dalle dichiarazioni del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, a margine di un incontro con il vicepremier cinese Hu Chunhua: «Gli investimenti di Huawei sono benvenuti».
Caso da trattare con le molle quello della società cinese il cui direttore finanziario è stato fermato nei giorni scorsi in Canada, su richiesta degli Usa. Non si tratta di un manager qualsiasi, ma di Meng Wanzhou che è la figlia di Ren Zhengfei, fondatore di quello che è diventato un colosso delle tlc da 100 miliardi di dollari di business, al centro delle tensioni fra Usa e Cina. Il “fermo” è avvenuto la sera dell’1 dicembre, mentre a Buenos Aires si siglava la tregua sui dazi fra le due superpotenze. «I negoziati con la Cina stanno andando molto bene» si è limitato a twittare ieri il presidente Usa Donald Trump. Un “cinguettio” che ha rassicurato inizialmente i mercati, ma con Wall Street che però ha poi anche ieri pagato dazio al caso Huawei, oltre che ai dati deludenti sull’occupazione Usa. Al tweet di Trump hanno poi fatto seguito le parole di Larry Kudlow, consigliere economico del presidente americano per il quale si è di fronte a un caso di «sicurezza nazionale», che viaggia su un «binario separato» dalle trattative commerciali tra Usa e Cina. Di sicuro, «la sicurezza nazionale ha la precedenza».
Da questo punto di vista l’indice resta puntato contro una Huawei che, secondo le ricostruzioni da Oltreoceano, avrebbe eluso le sanzioni americane all’Iran tramite Hsbc Holdings. Di qui l’arresto della Cfo sul quale ieri è però arrivata una dura presa di posizione della Russia per bocca del ministro degli esteri Serghei Lavrov: «Un atteggiamento di arroganza politica» da bollare come «inaccettabile». Tutto questo mentre il Canada sembra volersi sfilare dall’accusa di coinvolgimento politico con il premier Trudeau che ha parlato di «processo giudiziario completamente indipendente».
L’arresto della manager-erede appare comunque sempre di più come la punta dell’iceberg di una situazione che per certi versi ha i tratti dell’accerchiamento per il colosso delle tlc. Che è il secondo produttore al mondo di smartphone ed è leader mondiale nelle reti, elemento non da poco proprio mentre sta per arrivare il momento delle reti di nuova generazione 5G sulle quali “gireranno” servizi e, quindi, i preziosissimi dati. Australia e Nuova Zelanda hanno bandito Huawei dagli appalti per il 5G. In Uk, dopo la decisione di BT di escludere Huawei dalla rete core l’azienda cinese avrebbe accettato le richieste dell’intelligence britannica, mettendo anche mano al portafogli per almeno 2 miliardi di dollari. Ma notizie non buone per il colosso cinese arrivano su questo fronte anche dal Giappone. Secondo quanto riferiscono il quotidiano nipponico Yomiuri Shimbun e l’agenzia di stampa Jiji, lunedì potrebbe essere ufficializzata, da parte del governo, la decisione di mettere al bando le soluzioni di Huawei e Zte, per preservare la sicurezza nazionale.
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