Cessione di cubatura, valore traslativo con la concessione
Tassazione di questi atti con posizioni discordanti tra Cassazione e Agenzia
Solo il provvedimento concessorio del Comune ha efficacia traslativa tra le parti e nei confronti dei terzi della potenzialità edificatoria. Lo afferma la Corte di cassazione (ordinanza 24948, sezione II civile) nell’ambito di una controversia insorta tra proprietari confinanti.
Uno di essi reclamava il diritto, a suo dire acquisito nei confronti dell’altro già per effetto di stipulazioni intercorse con i rispettivi precedenti proprietari, di pretendere che questi non edificasse sul suo lotto, in quanto la cubatura ad esso afferente risultava «asservita» al lotto dell’attore.
La Corte, accogliendo l’impostazione già offerta dai giudici di secondo grado, ha invece escluso la fondatezza di questa pretesa in ragione del fatto che, sia pure in presenza di un accordo tra privati proprietari di lotti diversi tale da comportare l’asservimento o la cessione - della cubatura di uno dei lotti stessi a favore dell’altro, questa convenzione ha natura solo preparatoria della vera e propria vicenda traslativa, consistente nel titolo abilitativo edilizio di competenza dell’autorità comunale.
La Corte richiama sul punto un orientamento già espresso in altre precedenti pronunce (20623/2009; 12631/2016) ed evidenzia come l’elemento qualificante del procedimento finalizzato all’intervento edilizio non è l’accordo di cui si diceva (e la conseguente rinuncia all’utilizzazione della volumetria da parte del proprietario «asservente» o cedente), quanto il «placet» dell’amministrazione comunale all’esecuzione dell’intervento stesso, nei limiti e con le modalità da essa stessa stabilite (Cassazione 1352/96; 9081/98; 20623/2009). Quindi quell’accordo, conclude la Suprema corte, risulta avere un’efficacia meramente obbligatoria tra i suoi sottoscrittori e non è, quindi, configurabile come un contratto traslativo (e, tanto meno, costitutivo) di un diritto reale opponibile ai terzi.
Affermazioni indubbiamente di non poco conto, non solo perché questi contratti «che costituiscono, trasferiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati» nell’impianto normativo civilistico (articolo 2643 n.2 bis) Codice civile) figurano tra gli atti soggetti a trascrizione immobiliare, ma anche perché, sul piano fiscale, la loro qualificazione in termini di mera rilevanza obbligatoria ne dovrebbe comportare una tassazione diversa rispetto a quella stabilita per gli atti traslativi, con aliquota più moderata (3% anziché 9%, ai sensi della tariffa parte prima allegata al Dpr n.131/86).
Proprio di recente nella risoluzione 80/E del 24 ottobre, formulata appena qualche giorno dopo la pronuncia dell’ordinanza 24948, l’agenzia delle Entrate ribadiva la necessità di applicazione dell’aliquota più elevata, in ragione della natura traslativa e non meramente obbligatoria di un atto di cessione di volumetria, richiamando altra sentenza della Cassazione (n.10979/2007) secondo cui la cessione di cubatura, in quanto facoltà inerente al diritto di proprietà, è assimilabile al trasferimento di un diritto reale immobiliare (in tal senso anche Risoluzione 20 agosto 2009, n. 233).
La verità, forse, risiede nel fatto che, da un lato, la collocazione topografica di una norma (articolo 2643 n.2 bis del Codice civile) non determina necessariamente la qualificazione in termini giuridici della fattispecie dalla medesima normata (altro essendo la necessità di una pubblicità della fattispecie attraverso l’utilizzo dei registri immobiliari con valenza anche nei confronti dei terzi, e altro ancora la natura giuridica della fattispecie in tal modo resa pubblica) e dall’altro che la qualificazione dei diritti edificatori, quali situazioni giuridiche attive in qualche modo afferenti al diritto di proprietà, a fronte delle diverse opinioni espresse da autorevole dottrina (che talora li ha qualificati quali «beni immateriali di origine immobiliare», o addirittura li ha associati a meri interessi legittimi «pretensivi» o ad una mera «chance edificatoria») è questione, non solo teorica, ben lungi dall’essere definitivamente archiviata e concordemente risolta.
Non sarebbe allora fuori luogo anche una rivisitazione al ribasso dei criteri di tassazione delle fattispecie recanti la negoziazione di quei diritti, appunto a fronte dell’incertezza della loro effettiva natura giuridica e in conformità con il più consolidato orientamento della Corte, così come di recente ribadito dalla ordinanza 24948.