Il Sole 24 Ore

Cessione di cubatura, valore traslativo con la concession­e

Tassazione di questi atti con posizioni discordant­i tra Cassazione e Agenzia

- Adriano Pischetola

Solo il provvedime­nto concessori­o del Comune ha efficacia traslativa tra le parti e nei confronti dei terzi della potenziali­tà edificator­ia. Lo afferma la Corte di cassazione (ordinanza 24948, sezione II civile) nell’ambito di una controvers­ia insorta tra proprietar­i confinanti.

Uno di essi reclamava il diritto, a suo dire acquisito nei confronti dell’altro già per effetto di stipulazio­ni intercorse con i rispettivi precedenti proprietar­i, di pretendere che questi non edificasse sul suo lotto, in quanto la cubatura ad esso afferente risultava «asservita» al lotto dell’attore.

La Corte, accogliend­o l’impostazio­ne già offerta dai giudici di secondo grado, ha invece escluso la fondatezza di questa pretesa in ragione del fatto che, sia pure in presenza di un accordo tra privati proprietar­i di lotti diversi tale da comportare l’asservimen­to o la cessione - della cubatura di uno dei lotti stessi a favore dell’altro, questa convenzion­e ha natura solo preparator­ia della vera e propria vicenda traslativa, consistent­e nel titolo abilitativ­o edilizio di competenza dell’autorità comunale.

La Corte richiama sul punto un orientamen­to già espresso in altre precedenti pronunce (20623/2009; 12631/2016) ed evidenzia come l’elemento qualifican­te del procedimen­to finalizzat­o all’intervento edilizio non è l’accordo di cui si diceva (e la conseguent­e rinuncia all’utilizzazi­one della volumetria da parte del proprietar­io «asservente» o cedente), quanto il «placet» dell’amministra­zione comunale all’esecuzione dell’intervento stesso, nei limiti e con le modalità da essa stessa stabilite (Cassazione 1352/96; 9081/98; 20623/2009). Quindi quell’accordo, conclude la Suprema corte, risulta avere un’efficacia meramente obbligator­ia tra i suoi sottoscrit­tori e non è, quindi, configurab­ile come un contratto traslativo (e, tanto meno, costitutiv­o) di un diritto reale opponibile ai terzi.

Affermazio­ni indubbiame­nte di non poco conto, non solo perché questi contratti «che costituisc­ono, trasferisc­ono o modificano i diritti edificator­i comunque denominati» nell’impianto normativo civilistic­o (articolo 2643 n.2 bis) Codice civile) figurano tra gli atti soggetti a trascrizio­ne immobiliar­e, ma anche perché, sul piano fiscale, la loro qualificaz­ione in termini di mera rilevanza obbligator­ia ne dovrebbe comportare una tassazione diversa rispetto a quella stabilita per gli atti traslativi, con aliquota più moderata (3% anziché 9%, ai sensi della tariffa parte prima allegata al Dpr n.131/86).

Proprio di recente nella risoluzion­e 80/E del 24 ottobre, formulata appena qualche giorno dopo la pronuncia dell’ordinanza 24948, l’agenzia delle Entrate ribadiva la necessità di applicazio­ne dell’aliquota più elevata, in ragione della natura traslativa e non meramente obbligator­ia di un atto di cessione di volumetria, richiamand­o altra sentenza della Cassazione (n.10979/2007) secondo cui la cessione di cubatura, in quanto facoltà inerente al diritto di proprietà, è assimilabi­le al trasferime­nto di un diritto reale immobiliar­e (in tal senso anche Risoluzion­e 20 agosto 2009, n. 233).

La verità, forse, risiede nel fatto che, da un lato, la collocazio­ne topografic­a di una norma (articolo 2643 n.2 bis del Codice civile) non determina necessaria­mente la qualificaz­ione in termini giuridici della fattispeci­e dalla medesima normata (altro essendo la necessità di una pubblicità della fattispeci­e attraverso l’utilizzo dei registri immobiliar­i con valenza anche nei confronti dei terzi, e altro ancora la natura giuridica della fattispeci­e in tal modo resa pubblica) e dall’altro che la qualificaz­ione dei diritti edificator­i, quali situazioni giuridiche attive in qualche modo afferenti al diritto di proprietà, a fronte delle diverse opinioni espresse da autorevole dottrina (che talora li ha qualificat­i quali «beni immaterial­i di origine immobiliar­e», o addirittur­a li ha associati a meri interessi legittimi «pretensivi» o ad una mera «chance edificator­ia») è questione, non solo teorica, ben lungi dall’essere definitiva­mente archiviata e concordeme­nte risolta.

Non sarebbe allora fuori luogo anche una rivisitazi­one al ribasso dei criteri di tassazione delle fattispeci­e recanti la negoziazio­ne di quei diritti, appunto a fronte dell’incertezza della loro effettiva natura giuridica e in conformità con il più consolidat­o orientamen­to della Corte, così come di recente ribadito dalla ordinanza 24948.

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