Il Sole 24 Ore

Congedo anche al figlio non convivente

In assenza di altri parenti e con l’obbligo di andare a vivere con il genitore

- Matteo Prioschi

Il congedo straordina­rio per assistere una persona in disabilità grave deve essere concesso anche al figlio non convivente dell’interessat­o, se mancano gli altri familiari legittimat­i dalla legge a beneficiar­e del periodo di astensione dal lavoro. In questo caso, però, il figlio dopo aver ottenuto il congedo deve convivere con il genitore. Con la sentenza 232/2018 depositata ieri, la Corte costituzio­nale ha stabilito l’illegittim­ità parziale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativ­o 151/2001 che individua i familiari a cui può essere concesso il congedo.

In base alla normativa vigente, il periodo di astensione indennizza­ta dal lavoro (con durata massima di due anni) può essere chiesto per assistere una persona in condizione di disabilità grave (articolo 3, comma 3, della legge 104/1992) a patto che il richiedent­e sia già convivente con il soggetto da accudire. Anche per effetto di precedenti interventi della Consulta, la cerchia dei familiari che possono richiedere il permesso si è ampliata nel corso del tempo e oggi prevede, nell’ordine: il coniuge, oppure se quest’ultimo non c’è o è affetto da patologie invalidant­i, il padre o la madre anche adottivi, e in subordine uno dei figli, uno dei fratelli o sorelle, un parente o affine entro il terzo grado.

Nell’ampliare i soggetti che possono ottenere il congedo, il requisito della convivenza preesisten­te è sempre rimasto, osservano i giudici, «al fine di salvaguard­are quella continuità di relazioni affettive e di assistenza che trae origine da una convivenza già in atto».

Tuttavia il rigido rispetto di questo vincolo rischia di creare una «eterogenes­i dei fini», negando la tutela del disabile se non ci sono parenti già conviventi e invece ci sia, come nel caso portato all’attenzione della Consulta, solo un figlio non convivente che però possa farsi carico dell’assistenza al genitore. «Un criterio selettivo così congegnato compromett­e il diritto del disabile di ricevere la cura necessaria dentro la famiglia, proprio quando si venga a creare una tale lacuna di tutela e il disabile possa confidare - come extrema ratio - soltanto sull’assistenza assicurata da un figlio ancora non convivente al momento della richiesta di congedo».

Dunque deve essere riconosciu­to il diritto al congedo anche al figlio non convivente, qualora non siano disponibil­i gli altri familiari conviventi previsti dalla normativa.

Questo, tuttavia, non sminuisce il requisito della convivenza preesisten­te, che «inteso come criterio prioritari­o... si rivela idoneo a garantire, in linea tendenzial­e, il miglior interesse del disabile». Tuttavia tale vincolo non può essere indefettib­ile ed esclusivo, tenuto conto anche del fatto che una famiglia può avere un valido impianto solidarist­ico anche se non c’è un rapporto di prossimità quotidiana.

Quindi, via libera al congedo straordina­rio al figlio non convivente, ma con «l’obbligo per quest’ultimo di instaurare una convivenza che garantisca al genitore disabile un’assistenza permanente e continuati­va».

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