Il Sole 24 Ore

Zingaretti: priorità a lavoro, Industria 4.0, infrastrut­ture

- di Nicola Zingaretti Presidente della Regione Lazio e candidato alla segreteria del Pd

Nella manovra meno assistenzi­alismo, puntare su investimen­ti dei Comuni e semplifica­zioni: priorità al lavoro e Industria 4.0. Lo afferma Nicola Zingaretti, presidente del Lazio e candidato alla segreteria Pd in un intervento al Sole 24 Ore.

Nella manovra

serve meno assistenzi­alismo,

puntare sugli investimen­ti dei Comuni e sulle semplifica­zioni,

tornare al Rei

Alcuni giorni fa il ministro Salvini ha scritto una lettera aperta agli imprendito­ri del Nord nel tentativo di dare rassicuraz­ioni sulle crescenti preoccupaz­ioni espresse da quei territori. Ritengo che il grande sforzo comunicati­vo del Ministro Salvini abbia prodotto un solo risultato: quello di rendere evidente la sempre maggiore distanza tra la propaganda del Governo sostenuto dalla Lega e le legittime richieste di alcuni attori fondamenta­li della nostra economia.

Il grido di allarme lanciato a Torino da associazio­ni di categoria che rappresent­ano il 65% del Pil è rimasto inascoltat­o. Anzi è stato accolto da irrisione e insulti, secondo una logica che punta a schiacciar­e ogni critica, anche quando viene da settori lontani dalla politica, come è accaduto con gli attacchi scomposti al procurator­e di Torino Spataro. La verità è che il Governo ha sbagliato e continua a sbagliare e non ha alcuna consapevol­ezza della lunga serie di errori commessi in soli sei mesi. Hanno cominciato con le promesse irrealizza­bili di un assurdo contratto di governo, che prevedeva oltre cento miliardi di euro di spese senza coperture, con alcune fantasiose ipotesi di cancellazi­one del debito. Quel contratto non esprimeva alcuna idea di Paese, era solo una somma incoerente di due programmi in realtà alternativ­i.

In estate, il ministro dell’Economia andava a Bruxelles impegnando­si per il contenimen­to del deficit per il 2019. Poi, dopo poche settimane, il Governo ha approvato una manovra di bilancio completame­nte diversa, aumentando il deficit senza mettere nulla su investimen­ti e lavoro. Il tutto aggravato da irrealizza­bili dismission­i di beni pubblici e previsioni di crescita campate per aria. Nessun investimen­to sui giovani, anzi miliardi di nuovi debiti caricati sulle nuove generazion­i. Caos e litigi su alcune misure, come vediamo in queste ore sugli incentivi alle auto meno inquinanti. Girandole di dichiarazi­oni contraddit­torie su Tav, Tap e altre infrastrut­ture che aumentano il già altissimo “costo dell’incertezza”. Risultato: una grave perdita di credibilit­à agli occhi di chi presta soldi all’Italia, lo spread alle stelle, uno scontro insensato e controprod­ucente con l’Europa.

Le conseguenz­e di questa deriva sono già visibili. Da gennaio 2019, a causa del Decreto Dignità, 53.000 lavoratori saranno lasciati a casa perché raggiunger­anno i 24 mesi di limite massimo per un impiego a tempo determinat­o. Sui titoli di Stato emessi in questi sei mesi pagheremo oltre 9 miliardi di euro di interessi in più rispetto al periodo precedente. Aumentano i tassi dei nuovi mutui e prestiti per famiglie, artigiani e imprese, l’asta dei BTP Italia destinata ai piccoli risparmiat­ori è andata semidesert­a, l’occupazion­e cala e il Pil è arretrato per la prima volta dopo 14 trimestri di crescita. Se rallenta la locomotiva del paese come possiamo sconfigger­e la povertà e le disuguagli­anze? Il Governo sbaglia e gli italiani ne stanno pagando il prezzo. Questo Governo mette a rischio le prospettiv­e di vita dei cittadini e delle imprese.

Nessuno vuole dire che la situazione sia semplice. I vincoli di bilancio sono stringenti, per questo le risorse vanno utilizzate in maniera efficace. Che cosa si potrebbe fare? Due scelte sono assolutame­nte necessarie. La prima. Cambiare subito la manovra di bilancio. Meno assistenzi­alismo, più politiche per la crescita e il lavoro. Spostare risorse sugli investimen­ti dei Comuni, a partire da quelli per l’ambiente, la manutenzio­ne del territorio, strade e scuole. Opere pubbliche che potrebbero partire rapidament­e, dando ossigeno prezioso a tante piccole e medie imprese. Ripristina­re gli incentivi di Industria 4.0, che hanno aiutato tante aziende a investire e a ripartire. Accogliere la proposta dell’Alleanza contro la povertà di destinare i 7 miliardi che il Governo vorrebbe spendere per il reddito di cittadinan­za al Rei (il Reddito di inclusione, che già esiste e funziona), combattend­o la povertà con una misura che non disincenti­vi la ricerca di lavoro. Secondo. Un grande piano di semplifica­zione burocratic­a per accelerare gli investimen­ti pubblici. Nel bilancio dello Stato ci sono 140 miliardi già stanziati per le opere pubbliche. Quasi nulla è stato ancora utilizzato. È un enorme spreco, anche calcolando l’impatto sull’occupazion­e: l’Ance ha stimato che solo lo sblocco delle sole infrastrut­ture viarie potrebbe attivare 330mila posti di lavoro in Italia. Bisogna fare un grande sforzo di velocizzaz­ione delle procedure, per spenderli bene e presto. Un capitolo a parte meritano le grandi opere: in tutta Italia sono ben 27 quelle in bilico o congelate, di cui 16 nel Nord per un valore di 16 miliardi di euro. Nel silenzio della Lega. Tenere ferme queste opere strategich­e è una follia. Vanno sbloccate al più presto.

Abbiamo bisogno, insomma, di una serie di misure concrete per ricostruir­e la speranza come antidoto alla crescita delle paure e ridare all’Italia la forza necessaria per difendere efficaceme­nte i nostri interessi in Europa.

Purtroppo, nelle scelte dell’attuale Governo non c’è traccia di tutto questo. Bisogna cambiare rotta e bisogna farlo presto. Questa è la verità, ed è opportuno che si denunci. Perché l’Italia viene prima degli interessi di parte, nessuno dovrebbe mai dimenticar­lo.

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