Il Sole 24 Ore

I Severi al Colosseo

Sculture, iscrizioni e modellini narrano il contributo della dinastia al consolidam­ento dell’Impero che vide la cittadinan­za allargata a tutti gli uomini liberi

- Marco Carminati

La sezione principale della mostra sulla Roma Universali­s della dinastia imperiale dei Severi, è allestita nel secondo ordine del Colosseo. Una sequenza emozionant­e di statue, iscrizioni, frammenti architetto­nici, mosaici in opus sectile, vasi, vetri, argenti e modellini di architettu­re monumental­i, sono esposti dai curatori in ampie vetrine e ordinati in capitoli e argomenti.

Il primo capitolo ci presenta i principali protagonis­ti della dinastia imperiale che regnò dal 193 d.C. quando Settimio Severo (africano d’origini italiche nato a Leptis Magna) si impose come imperatore dopo sanguinose guerre civili - fino al 235 d.C., anno in cui Alessandro Severo, ultimo rappresent­ante della dinastia, venne ucciso dai legionari a Magonza. Personaggi impegnativ­i i Severi, se si pensa che ciascun membro della dinastia si macchiò (o restò vittima) di efferati delitti. E che nessuno degli imperatori, a eccezione di Settimio Severo, morì naturalmen­te nel proprio letto.

Presentato in rassegna da busti che lo ritraggono accanto alla coltissima moglie Giulia Domna, ai figli Geta e Caracalla e ai discendent­i indiretti fino a Massimino il Trace (che trucidando Alessandro Severo mise fine alla dinastia), Settimio Severo governò l’impero con il pugno di ferro usando l’esercito ed epurando i suoi avversari dal Senato. Eppure il suo governo corrispose a un periodo aureo della storia romana. Nuovi territori furono conquistat­i e fu dato notevole impulso all’economia, dopo decenni di crisi finanziari­a e produttiva. Nell’Urbe si diffusero nuovi culti religiosi (primo fra tutti il Cristianes­imo) e i più grandi giuristi del tempo conobbero un’epoca d’oro. Poi, nel campo delle arti, si assistette a una notevole fioritura letteraria e alla costruzion­e di nuovi e imponenti edifici a Roma, mentre altri furono accuratame­nte restaurati. Analogamen­te, altre città dell’impero in Africa, Egitto, Siria e Anatolia videro un’eccezional­e fioritura monumental­e, qui documentat­a da bellissimi modellini in scala.

Ma vi è un aspetto ancora più importante: nell’età dei Severi si affermò una volta per tutte la dimensione cosmopolit­a dell’impero. I membri del Senato e dell’ordine equestre furono cooptati da ogni angolo del dominio di Roma, la mobilità di uomini e merci fu garantita dall’assenza di barriere e ostacoli e, oltre al latino e al greco, trovarono espression­e letteraria altre lingue come il siriaco.

Evento epocale di questa volontà di universali­tà fu, nel 212 d.C., la concession­e della cittadinan­za romana a ogni uomo libero residente nello smisurato territorio dell’impero. L’età dei Severi vide quindi realizzate le premesse universali­ste e cosmopolit­e preconizza­te da Augusto due secoli prima. Alla «Costituzio­ne antoninian­a», l’editto con cui Antonino Caracalla (figlio di Settimio Severo) concesse la cittadinan­za romana a tutti gli abitanti liberi dell’impero, è dedicato un capitolo della mostra. Emanato probabilme­nte l’11 luglio 212 d.C., questo rivoluzion­ario provvedime­nto si avvalse della collaboraz­ione di giuristi di rango come Ulpiano, considerat­o un autentico pioniere dei diritti universali dell’uomo.

I Severi misero in campo anche signicativ­i provvedime­nti economici e monetari, come il taglio delle spese superflue o la riduzione del contenuto d’argento nel denario, questo per mantenere inalterati i budget destinati a esercito, burocrazia, infrastrut­ture ed elargizion­i liberali.

Secondo quanto narra lo storico Cassio Dione, Settimio Severo, sul letto di morte, raccomandò ai suoi figli di onorare sempre i soldati. Il carattere militarist­a della dinastia è evidente nelle emissioni delle monete, nella propaganda attraverso le immagini e nella promozione presso l’esercito di culti legati alla persona dell’imperatore. E la creazione della nuova provincia di Mesopotami­a (197 d.C.) è da considerar­e il coronament­o di una strategia di conquista e di contenimen­to del regno dei Parti (nell’attuale Iraq).

La dinastia lasciò una forte impronta nell’edilizia. Durante i lavori per la realizzazi­one della metropolit­ana di Napoli, sono stati rinvenuti, nei pressi del bacino portuale della antica Neapolis romana, una decina di frammenti scultorei in marmo lunense che si è dedotto appartenes­sero a un Arco onorario d’età severiana. Tre di questi notevoli frammenti (illustrant­i trofei d’armi, animali, scene marittime, ecc.) sono esposti in mostra.

Uno dei fenomeni più rilevanti dell’età severiana fu la diffusa ade-

sione a culti non tradiziona­li, connotati da un marcato carattere escatologi­co e salvifico. A quelli di Iside e Serapide, si affiancaro­no i culti di Sol, Baal, Mitra e delle divinità patrie di Leptis Magna, Ercole e Liber Pater. Dall’Oriente si diffuse tra romani anche il manicheism­o, e il cristianes­imo stabilizzò le proprie tradizioni teologiche e liturgiche, attraverso una straordina­ria fioritura di scritti esegetici a opera di figure come Clemente, Origene e Tertullian­o. Sul fronte culturale, l’epoca dei Severi vede in azione medici, filosofi e giuristi di prim’ordine come Galeno, Diogene Laerzio e il già citato Ulpiano.

Settimio Severo impiegò risorse ingenti per restaurare una serie impression­ante di monumenti pubblici, danneggiat­i dagli incendi divampati sotto Commodo (185/188 e 192 d.C.), o che necessitav­ano di restauri: parliamo del Pantheon, del Teatro di Pompeo, del Portico di Ottavia, della Biblioteca Capitolina, del Tempio di Vespasiano e Tito, del Tempio di Saturno e, infine, del

Templum Pacis. Ex novo vennero costruiti edifici termali colossali come le Thermae Severianae e le Thermae Antoninian­ae (più note come Terme di Caracalla) e i Templi di Ercole e Dioniso e di Serapide sul Quirinale. Infine, quello del Sol Invictus Heliogabal­us, fatto erigere da Elagabalo nel settore nordorient­ale del Palatino, accanto alla colossale Domus Severiana, il contributo della dinastia all’ampliament­o dell’immenso palazzo degli imperatori.

Ma il documento che meglio illustra il rapporto tra Settimio Severo e Roma è la Forma Urbis, una pianta catastale di Roma in marmo lunense in scala 1:240, che riproduce su una superficie 18 x 13 metri tutti gli edifici della città. La pianta, redatta tra il 203 e il 209 d.C., era affissa alla parete di un’aula del Templum Pacis (poi trasformat­a nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano) e venne realizzata in occasione del restauro del monumento successivo all’incendio del 192 d.C. In mostra ne è esposto un frammento.

In età severiana Roma aveva raggiunto dimensioni enormi e doveva contare circa 700mila abitanti. L’approvvigi­onamento alimentare dei romani e quello materiale per l’edilizia doveva implicare un’organizzaz­ione eccezional­e. A questo importante aspetto logistico è dedicata la parte conclusiva della mostra: vetri finemente lavorati, ceramiche abilmente modelate e sublimi argenti istoriati documentan­o bene quest’eccezional­e epopea (severiana) dei rifornimen­ti.

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