I Severi al Colosseo
Sculture, iscrizioni e modellini narrano il contributo della dinastia al consolidamento dell’Impero che vide la cittadinanza allargata a tutti gli uomini liberi
La sezione principale della mostra sulla Roma Universalis della dinastia imperiale dei Severi, è allestita nel secondo ordine del Colosseo. Una sequenza emozionante di statue, iscrizioni, frammenti architettonici, mosaici in opus sectile, vasi, vetri, argenti e modellini di architetture monumentali, sono esposti dai curatori in ampie vetrine e ordinati in capitoli e argomenti.
Il primo capitolo ci presenta i principali protagonisti della dinastia imperiale che regnò dal 193 d.C. quando Settimio Severo (africano d’origini italiche nato a Leptis Magna) si impose come imperatore dopo sanguinose guerre civili - fino al 235 d.C., anno in cui Alessandro Severo, ultimo rappresentante della dinastia, venne ucciso dai legionari a Magonza. Personaggi impegnativi i Severi, se si pensa che ciascun membro della dinastia si macchiò (o restò vittima) di efferati delitti. E che nessuno degli imperatori, a eccezione di Settimio Severo, morì naturalmente nel proprio letto.
Presentato in rassegna da busti che lo ritraggono accanto alla coltissima moglie Giulia Domna, ai figli Geta e Caracalla e ai discendenti indiretti fino a Massimino il Trace (che trucidando Alessandro Severo mise fine alla dinastia), Settimio Severo governò l’impero con il pugno di ferro usando l’esercito ed epurando i suoi avversari dal Senato. Eppure il suo governo corrispose a un periodo aureo della storia romana. Nuovi territori furono conquistati e fu dato notevole impulso all’economia, dopo decenni di crisi finanziaria e produttiva. Nell’Urbe si diffusero nuovi culti religiosi (primo fra tutti il Cristianesimo) e i più grandi giuristi del tempo conobbero un’epoca d’oro. Poi, nel campo delle arti, si assistette a una notevole fioritura letteraria e alla costruzione di nuovi e imponenti edifici a Roma, mentre altri furono accuratamente restaurati. Analogamente, altre città dell’impero in Africa, Egitto, Siria e Anatolia videro un’eccezionale fioritura monumentale, qui documentata da bellissimi modellini in scala.
Ma vi è un aspetto ancora più importante: nell’età dei Severi si affermò una volta per tutte la dimensione cosmopolita dell’impero. I membri del Senato e dell’ordine equestre furono cooptati da ogni angolo del dominio di Roma, la mobilità di uomini e merci fu garantita dall’assenza di barriere e ostacoli e, oltre al latino e al greco, trovarono espressione letteraria altre lingue come il siriaco.
Evento epocale di questa volontà di universalità fu, nel 212 d.C., la concessione della cittadinanza romana a ogni uomo libero residente nello smisurato territorio dell’impero. L’età dei Severi vide quindi realizzate le premesse universaliste e cosmopolite preconizzate da Augusto due secoli prima. Alla «Costituzione antoniniana», l’editto con cui Antonino Caracalla (figlio di Settimio Severo) concesse la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dell’impero, è dedicato un capitolo della mostra. Emanato probabilmente l’11 luglio 212 d.C., questo rivoluzionario provvedimento si avvalse della collaborazione di giuristi di rango come Ulpiano, considerato un autentico pioniere dei diritti universali dell’uomo.
I Severi misero in campo anche signicativi provvedimenti economici e monetari, come il taglio delle spese superflue o la riduzione del contenuto d’argento nel denario, questo per mantenere inalterati i budget destinati a esercito, burocrazia, infrastrutture ed elargizioni liberali.
Secondo quanto narra lo storico Cassio Dione, Settimio Severo, sul letto di morte, raccomandò ai suoi figli di onorare sempre i soldati. Il carattere militarista della dinastia è evidente nelle emissioni delle monete, nella propaganda attraverso le immagini e nella promozione presso l’esercito di culti legati alla persona dell’imperatore. E la creazione della nuova provincia di Mesopotamia (197 d.C.) è da considerare il coronamento di una strategia di conquista e di contenimento del regno dei Parti (nell’attuale Iraq).
La dinastia lasciò una forte impronta nell’edilizia. Durante i lavori per la realizzazione della metropolitana di Napoli, sono stati rinvenuti, nei pressi del bacino portuale della antica Neapolis romana, una decina di frammenti scultorei in marmo lunense che si è dedotto appartenessero a un Arco onorario d’età severiana. Tre di questi notevoli frammenti (illustranti trofei d’armi, animali, scene marittime, ecc.) sono esposti in mostra.
Uno dei fenomeni più rilevanti dell’età severiana fu la diffusa ade-
sione a culti non tradizionali, connotati da un marcato carattere escatologico e salvifico. A quelli di Iside e Serapide, si affiancarono i culti di Sol, Baal, Mitra e delle divinità patrie di Leptis Magna, Ercole e Liber Pater. Dall’Oriente si diffuse tra romani anche il manicheismo, e il cristianesimo stabilizzò le proprie tradizioni teologiche e liturgiche, attraverso una straordinaria fioritura di scritti esegetici a opera di figure come Clemente, Origene e Tertulliano. Sul fronte culturale, l’epoca dei Severi vede in azione medici, filosofi e giuristi di prim’ordine come Galeno, Diogene Laerzio e il già citato Ulpiano.
Settimio Severo impiegò risorse ingenti per restaurare una serie impressionante di monumenti pubblici, danneggiati dagli incendi divampati sotto Commodo (185/188 e 192 d.C.), o che necessitavano di restauri: parliamo del Pantheon, del Teatro di Pompeo, del Portico di Ottavia, della Biblioteca Capitolina, del Tempio di Vespasiano e Tito, del Tempio di Saturno e, infine, del
Templum Pacis. Ex novo vennero costruiti edifici termali colossali come le Thermae Severianae e le Thermae Antoninianae (più note come Terme di Caracalla) e i Templi di Ercole e Dioniso e di Serapide sul Quirinale. Infine, quello del Sol Invictus Heliogabalus, fatto erigere da Elagabalo nel settore nordorientale del Palatino, accanto alla colossale Domus Severiana, il contributo della dinastia all’ampliamento dell’immenso palazzo degli imperatori.
Ma il documento che meglio illustra il rapporto tra Settimio Severo e Roma è la Forma Urbis, una pianta catastale di Roma in marmo lunense in scala 1:240, che riproduce su una superficie 18 x 13 metri tutti gli edifici della città. La pianta, redatta tra il 203 e il 209 d.C., era affissa alla parete di un’aula del Templum Pacis (poi trasformata nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano) e venne realizzata in occasione del restauro del monumento successivo all’incendio del 192 d.C. In mostra ne è esposto un frammento.
In età severiana Roma aveva raggiunto dimensioni enormi e doveva contare circa 700mila abitanti. L’approvvigionamento alimentare dei romani e quello materiale per l’edilizia doveva implicare un’organizzazione eccezionale. A questo importante aspetto logistico è dedicata la parte conclusiva della mostra: vetri finemente lavorati, ceramiche abilmente modelate e sublimi argenti istoriati documentano bene quest’eccezionale epopea (severiana) dei rifornimenti.