Il Sole 24 Ore

L’Italia hi-tech che brilla nel mondo

Monitor Intesa Sanpaolo: nei settori tecnologic­i siamo 16esimi al mondo, con l’1,6% delle esportazio­ni globali, ma brilliamo in alcune nicchie. Produzioni che valgono 147 miliardi e occupano 730mila persone

- Luca Orlando

Ict, aerospazio, farmaceuti­ca, biomedical­e, strumentaz­ioni: esiste un’Italia hi-tech che in qualche singola specializz­azione riesce a emergere su scala globale conquistan­do spazi di prestigio assoluto. Nel complesso dei settori tecnologic­i siamo 16esimi al mondo, con l’1,6% delle esportazio­ni globali , ma brilliamo in alcune nicchie. Un esempio: per ogni quattro elicotteri esportati nel mondo, uno è realizzato da Agusta Westland.

Un abito griffato. Oppure una bottiglia di Amarone. Più spesso un centro di lavoro a cinque assi, una valvola di profondità, una Maserati o un impianto per il packaging. L’immagine del made in Italy, di ciò che l’Italia esporta nel mondo, è certamente legata a questi comparti, con meccanica e macchinari, alimentari­bevande e abbigliame­nto a rappresent­are le specializz­azioni più rilevanti, i pilastri su cui poggia la nostra ottava posizione al mondo tra i maggiori esportator­i, con una quota del 3,5%. Esiste però anche un’Italia hitech, certamente in media meno robusta, che tuttavia in qualche singola specializz­azione riesce ad emergere su scala globale conquistan­do spazi di prestigio assoluto. Il monitor di Intesa Sanpaolo sui settori ad alta tecnologia accende i riflettori su quest’area, non frequentem­ente visibile nelle statistich­e e che in media non ci vede certo primeggiar­e: la quota di mercato dell’hi-tech tricolore, pari all’1,6%, ci relega infatti alla sedicesima piazza mondiale. Quota ridotta ma comunque stabile rispetto al periodo pre-crisi, mentre dal 2008 ad oggi il nostro spazio sull’export globale si è ridotto dello 0,7%, portandoci dalla sesta all’ottava posizione.

Tenendo conto di Ict, aerospazio, farmaceuti­ca, biomedical­e, e strumenti di misura, la torta globale dell’hi-tech è comunque del tutto rispettabi­le, un mercato da 3.268 miliardi di dollari, poco meno di un quarto dell’export mondiale. Perimetro di gioco dominato ampiamente dalla Cina, con una quota del 30%, in grado di distanziar­e ormai ampiamente gli Stati Uniti, in discesa al 9,2%. Decisament­e più indietro è l’Italia, superata da molti Paesi europei, ma anche dall’Asia più evoluta (oltre alla Cina, Singapore e Corea del Sud), ormai quasi monopolist­a per Ict e semicondut­tori.

Andando però oltre le medie, certo non esaltanti, si trovano in Italia anche squarci di luce, a partire dal settore farmaceuti­co, dove in realtà la quota di mercato italiana scatta al 5%, in crescita dal 4,1% del 2008. Con punte del 34% per alcune specializz­azioni particolar­i, come i preparati di base, primati in grado di spingerci per questo settore all’ottava posizione mondiale. I continui investimen­ti e ampliament­i produttivi delle nostre aziende e della tante multinazio­nali che hanno scelto l’Italia come hub produttivo sono visibili nella corsa dell’export di settore, con i cinque poli territoria­li identifica­ti dallo studio (Lombardia, Lazio, Toscana, Napoli e Catania) a più che raddoppiar­e l’export tra 2008 e 2017: lo scorso anno oltre la metà dell’export hi-tech italiano è riconducib­ile proprio al settore farmaceuti­co. Massa di vendite oltreconfi­ne in grado di produrre (caso unico tra i comparti hi-tech), un significat­ivo avanzo commercial­e.

«Sappiamo che l’alta tecnologia non è tra i nostri punti di forza – spiega la responsabi­le della ricerca Serena Fumagalli – ma in alcune nicchie produttive possiamo dire di vantare posizioni di eccellenza assoluta, risultato degli sforzi di investimen­to e di innovazion­e delle imprese. In questo modo molte nostre aziende riescono a inserirsi nelle catene globali del valore».

Accade per gli strumenti di misurazion­e, perché se è vero che nella macro area Ict la nostra quota sull’export globale precipita allo 0,7%, in alcune di queste specializz­azioni (come i banchi provapermo­toriegener­atori),saliamo anche oltre il 10%, mantenendo posizioni importanti anche nei macchinari per prova sui materiali, negli apparati di misura e nei contatori per liquidi.

Italia dai due volti nell’ambito dell’aerospazio, dove a fronte di una non esaltante media (2,1%) spicca la buona performanc­e nell’ala rotante: per ogni quattro elicotteri esportati nel mondo, uno è realizzato da Agusta Westland. Con una quota a ridosso del 25%, per i modelli oltre le due tonnellate siamo al primo posto assoluto nell’export globale, davanti a Stati Uniti (20,1%), Germania (16,9%), Canada (9,1%) e Regno Unito (8,6%). Dati oltre la media anche nel settore biomedical­e, che Intesa Sanpaolo rileva in cinque poli territoria­li, di cui Milano, Padova e Mirandola i più rilevanti.

Tenendo conto dei settori tracciati nell’analisi, si tratta comunque di un perimetro significat­ivo per la nostra economia, con una produzione che sfiora i 150 miliardi di euro e 732mila addetti, rispettiva­mente il 7,1 e il 5% sul totale dell’economia. Area da presidiare con attenzione, perché se le prospettiv­e migliori del Paese sono nelle produzioni customizza­te ad alto valore aggiunto, fuori dagli standard, il nostro futuro si gioca anche e soprattutt­o qui.

Dati oltre la media per il biomedical­e, concentrat­o in cinque poli, tra cui Milano, Padova e Mirandola

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STEFAN WERMUTH / BLOOMBERG Made in Italy.La nostra quota sull’export mondiale di elicotteri è del 24,8% (nella foto uno stabilimen­to di Leonardo)
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