Gilet gialli, Macron al bivio Riforme o voto anticipato
Domani atteso un discorso del presidente alla nazione Ancora scontri: mille fermi
Quarto sabato consecutivo scontri in diverse zone della Francia tra “gilet gialli” e forze dell’ordine: più di cento i feriti, quasi mille i fermi. Ore decisive per il presidente della Repubblica Macron, che domani dovrebbe parlare alla nazione: apertura alle riforme o elezioni anticipate. Dal premier Philippe un appello al dialogo.
L’apertura.
Barricate, auto in fiamme, qualche negozio e supermercato assaltato; poi gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e cariche di gendarmi a cavallo. I Gilets Jaunes e la polizia sono stati protagonisti di scene di guerriglia urbana in tutta la Francia e a Parigi in particolare nel quarto sabato di proteste. Anche la frontiera di Ventimiglia è stata bloccata per ore, mentre cortei sono stati organizzati in Belgio e in Olanda .
Elevato il numero dei partecipanti: 125mila (10mila a Parigi), meno dei 282mila del 17 novembre, ma appena al di sotto dei 136mila il 1° dicembre. Segno che l’annullamento dell’imposta sui carburanti da parte del governo non è riuscito a dividere il movimento. Imponente lo sforzo della polizia che ha controllato quasi 1.400 persone e ne ha fermate 975. Salvi a Parigi i luoghi turistici e gli edifici delle istituzioni: il grido “Prenderemo l’Eliseo”, lanciato venerdì, e poi immediatamente soffocato, non ha avuto conseguenze. Molti manifestanti, come era già stato annunciato venerdì, si sono spostati dai grandi Boulevards - gli Champs Élisées soprattutto - controllatissimi dalla Gendarmerie, verso le periferie, e in modo particolare verso i quartieri a Est, dove si svolgeva una manifestazione - persino più partecipata, nella capitale - contro i cambiamenti climatici. Al termine della giornata si sono contati 118 feriti, di cui 17 poliziotti.
L’attesa ora è per l’intervento di Emmanuel Macron, finora rimasto silenzioso, che dovrebbe parlare alla nazione nei primi giorni della settimana. L’Eliseo ha finora lasciato agire il presidente del consiglio Édouard Philippe salvo smentirlo quando il governo ha tentato una timida apertura sulla patrimoniale, che Macron ha limitato agli immobili. Il presidente ha preferito annullare, invece di sospendere, la tassa sul carburante piuttosto che tornare a discutere di un’imposta sulla ricchezza finanziaria.
Questa mossa lascia pensare che il presidente non vorrà - e non potrà smentire totalmente l’azione svolta finora. Un dialogo però dovrà essere aperto, come ha confermato ieri Philippe: «Bisogna ricucire l’unità nazionale - ha detto - con il dialogo, il lavoro, l’unione. Il presidente della repubblica - ha aggiunto - si esprimerà e proporrà misure che consentiranno alla nazione francese di ritrovarsi». Non sarà facile. Circolano in Francia diversi programmi del movimento, spesso confusi, velleitari (non sono mancati il proclama di un generale radiato, vicino all’estrema destra, e quello, in concorrenza, di un ex alto militare oggi vicino alla Russia). Lontani in ogni caso dalla visione di Macron. Il più accreditato, il programma in 42 punti presentato anche ai deputati, prevede misure come il salario massimo (per tutti) a 15mila euro, l’aumento del salario minimo netto a 1.300 euro (il 10% in più degli attuali 1.185 euro), le pensioni minime a 1.200 euro, l’età pensionabile a 60 anni, ma anche la fine dell’impoverimento dei servizi pubblici nei piccoli centri - uno dei nodi cruciali della questione francese: l’abbandono delle aree non metropolitane, non necessariamente rurali - e il buon trattamento dei richiedenti asilo. Nulla invece su euro ed Europa.
È possibile allora che Macron torni al suo programma originario, a quelle aspettative da lui stesse deluse: tra esse proprio la promessa di una maggiore attenzione alle aree lontane dalle grandi città, sul cui disinteresse da parte del governo centrale aveva richiamato l’attenzione, prima delle dimissioni, il ministro dell’Interno Gérard Collomb. Anche un grande discorso rifondativo, come quello sull’Europa di settembre 2017, dovrebbe però, per risultare credibile - la fiducia nel presidente è molto bassa - essere accompagnato da azioni politiche che segnino una discontinuità. Potrebbe per esempio essere l’occasione per quel rimpasto complessivo del governo atteso dopo le dimissioni di Collomb e del ministro della Transizione ecologica, Nicolas Hulot. Meno probabile l’ipotesi - che pure non può essere esclusa - delle elezioni anticipate: se Macron potrebbe avere la tentazione di “contarsi” - le ultime elezioni suppletive sono state premianti - lo scioglimento dell’Assemblée sarebbe una concessione non solo alla piazza ma anche alle opposizioni, di destra e sinistra: ieri, in visita a Marine Le Pen del Rassemblement National c’era Steve Bannon, animatore del populismo Usa , che ha paragonato i Gilets
Jaunes agli elettori di Donald Trump.