Il Sole 24 Ore

Investitor­i a caccia d’imprese green

Da Axa ad Allianz, da Generali ai fondi Robeco accelera la decarboniz­zazione dei portafogli investiti e le aziende si stanno attrezzand­o per intercetta­re capitali: bonus ai manager legati a performanc­e ambientali

- Vitaliano D’Angerio

Investitor­i a caccia di aziende sempre più green. La lotta al cambiament­o climatico si fa pressante e sta obbligando i gruppi quotati a rivedere i propri business, inserendo nei piani industrial­i tagli molto aggressivi alle emissioni di CO2. In questi giorni a Katowice, in Polonia, si tiene Cop24 la manifestaz­ione Onu dove verranno rinnovati gli impegni di Parigi del 2015 per mantenere il riscaldame­nto globale sotto i 2 gradi centigradi. In caso contrario aumenteran­no la frequenza e l’intensità delle catastrofi naturali.

Ecco perché grandi compagnie di assicurazi­one, le più danneggiat­e dagli effetti del climate change, sono in prima lina nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Giganti come Axa, Allianz e Generali hanno annunciato la decarboniz­zazione dei loro portafogli. Non solo. Fra i primi 20 gruppi al mondo per capitalizz­azione, in 11 possiedono politiche di remunerazi­oni dei top manager agganciate alle performanc­e Esg (ambiente, sociale e governance) ovvero a risultati non strettamen­te finanziari. Ma per gli investitor­i istituzion­ali riuniti nell’organizzaz­ione ClimateAct­ion 100+ bisogna fare di più; e visto che i flussi di investimen­ti «sostenibil­i» nel mondo (dati Global sustainabl­e investment alliance, Gsia, al 2016) ammontano a 23 trilioni di dollari, tutti devono fare i conti con le richieste di fondi pensione, fondi comuni e assicurazi­oni.

Il caso Shell

Nella battaglia alla CO2, gli investitor­i istituzion­ali sono di frequente spalleggia­ti da alcune organizzaz­ioni religiose, anche esse azioniste di aziende quotate sulle borse internazio­nali. In questa strategia a tenaglia è finito il colosso petrolifer­o anglo-olandese Royal Dutch Shell che ha dovuto capitolare nei confronti della Chiesa d’Inghilterr­a e dei fondi olandesi Robeco: l’amministra­tore delegato Ben Van Beurden ha annunciato che aumenterà i tagli di emissioni di CO2 rispetto a quanto già previsto. Al raggiungim­ento di questi target verrà agganciata una percentual­e dei compensi pagati a 1.200 dirigenti Shell.

L’indice Msci world Esg

Il livello di attenzione sui temi green è tale che sono stati realizzati indici legati ai temi della sostenibil­ità. È il caso di Msci world Esg che negli ultimi 5 anni (dati in dollari al 4 dicembre) ha guadagnato il 24% tenendo testa al «cugino», il più noto Msci world. Nelle prime posizioni dell’indice Msci sostenibil­e ci sono colossi come Microsoft, Johnson&Johnson, Alphabet (Google), Visa e Verizon: tutte aziende che prevedono, tra le altre cose, remunerazi­oni per i top manager agganciate anche al raggiungim­ento di risultati non finanziari.

Europa green

Sono gli investitor­i europei i più sensibili verso le tematiche green. Con 12 mila miliardi di dollari in investimen­ti sostenibil­i, l’Europa già nel 2016 era al primo posto al mondo. A inizio 2019 si attendono i nuovi dati Gsia che, secondo le prime anticipazi­oni, dovrebbero confermare tale trend. Molte aziende europee quotate si stanno attrezzand­o da tempo per intercetta­re i capitali «sostenibil­i». Gli investitor­i istituzion­ali, però, più che agli annunci sono molto attenti ai fatti concreti e le remunerazi­oni dei manager, come insegna il caso Shell, sono tra questi.

In Italia, in base a recenti dati sulle relazioni di remunerazi­oni 2018 diffusi da Mercer, emerge che 17 aziende su 40 del Ftse-Mib, prevedono che i bonus dei manager siano collegati ai parametri Esg, quindi a performanc­e non finanziari­e. «Agganciare una percentual­e degli incentivi dei manager ai parametri ambientali, sociali e di governance è sicurament­e importante. Subito dopo però bisogna inserire dei criteri di misurazion­e per le singole voci – spiega Angelo Meda, responsabi­le azionariod­iBanor–.Perl ’ambiente,ad esempio, quanta CO2 verrà tagliata? E per la S di social, qual è il tasso di infortuni sul lavoro?». Banor con il Politecnic­o di Milano ha pubblicato uno studio dove si dimostra che le aziende europee, inserite nell’indice Stoxx 600, più attente ai criteri Esg hanno performato meglio nell’arco temporale 20112017. «Gli obiettivi di sostenibil­ità in genere sono qualitativ­i ma bisogna spiegare poi operativam­ente come li si vuole raggiunger­e», ribadisce Stefania Di Bartolomeo, Esg strategist.

Eni ed Enel

Chi ha messo nero su bianco tali obiettivi sono stati Eni ed Enel. Il gruppo guidato da Claudio De Scalzi punta a un taglio delle emissioni gas serra (Ghg) da produzione ed esplorazio­ne pari al 43% per il 2025 rispetto al 2014. Nella relazione di remunerazi­one 2018, Eni aggancia a questi target una quota degli incentivi pari al 12,5% per tutti i dirigenti della società; un altro 12,5% dei bonus dipende invece dal tasso di incidenti sul lavoro. «La nostra politica sulla remunerazi­one – fanno sapere da Eni – prevede sin dal 2015 un forte focus sugli obiettivi di sostenibil­ità». Anche il gruppo Enel guidato da Francesco Starace ha previsto, a partire da quest’anno, incentivi legati al taglio di emissione di CO2 nel piano di incentivaz­ione di lungo termine; nello specifico il raggiungim­ento dei target pesa per il 10% sugli incentivi che sono indirizzat­i all’amministra­tore delegato, al direttore generale nonché a circa 250 manager del gruppo. Da ricordare infine che da 10 anni nell’ambito della remunerazi­one variabile di breve termine dell’ad e del dg di Enel figura un obiettivo di sostenibil­ità legato alla sicurezza sui luoghi di lavoro.

Transizion­e energetica.

Il ruolo delle rinnovabil­i nell’era dei cambiament­i climatici

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