Le mire geopolitiche di Ryad sul calcio
A Gedda il prossimo 16 gennaio si disputerà Juve-MIlan, la prima delle tre edizioni della Supercoppa italiana che Riad ospiterà (per 20 milioni) nell’ambito delle strategie di modernizzazione previste dal Saudi Vision 2030
Il prossimo 15 dicembre a Riad si disputerà l’EPrix di Dir iyya, la prima tappa del mondiale di Formula E le auto a propulsione elettrica - della nuova stagione.
Una novità assoluta per il paese del Golfo che indica la ferrea volontà del governo saudita di presentarsi al consesso globale con un volto più moderno e rassicurante e che rappresenta un chiaro segnale di “marketing” nelle settimane in cui il prezzo del greggio è tornato ad allontanarsi dalla remunerativa quota di 90 dollari raggiunta dopo l’estate e Opec e Russia hanno appena concordato un taglio alla produzione nel 2019 di 1,2 milioni di barili al giorno.
La strategia di modernizzazione e diversificazione, promossa già da un paio di anni dal principe ed erede al trono Mohammed Bin Salman, ha nel «Saudi Arabia's Vision 2030» il suo manifesto politico-economico. Si tratta del primo vasto programma di riforme nel Regno dalla sua fondazione nel 1932 con l’obiettivo di sganciare progressivamente il bilancio dallo sfruttamento degli idrocarburi, anche attraverso un’apertura della società saudita, nonostante i blocchi del clero wahabita, sulla falsariga di quanto fatto in questi anni dalle altre petro-monarchie del Golfo, puntando su cospicui investimenti urbanistici, sulle energie rinnovabili, sul turismo e sullo sport, in particolare sul calcio.
La Supercoppa italiana
La strategia di «Mbs» - come hanno da tempo ribattezzato i diplomatici il plenipotenziario saudita, figlio trentenne di re Salman - è stata messa gravemente in crisi dall’assassinio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ucciso in Turchia lo scorso 2 ottobre e per il quale la procura di Istanbul sarebbe intenzionata a chiedere l’arresto di due funzionari dell’intelligence saudita. Diversi politici italiani e l’Usigrai da giorni hanno criticato la scelta della Lega di Serie A di disputare la finale della Supercoppa tra Juventus e Milan in Arabia Saudita. Il match si giocherà il prossimo 16 gennaio a Gedda, al “King Abdullah Sports City Stadium”,un impianto da 6omila spettatori inaugurato nel 2014 e costato oltre mezzo miliardo di dollari, dove lo scorso aprile si è svolto il Greatest Royal Rumble di wrestling.
Non è invece la prima edizione della Supercoppa italiana che si gioca all’estero. La prima volta fu a Washington. Oltre agli Usa, i club italiani si sono contesi il trofeo in Cina, Libia e Qatar. Peraltro la Supercoppa dovrà essere disputata in Arabia altre due volte nei prossimi quattro anni. In cambio la Lega di Serie A riceverà da Riad un assegno di circa 2o milioni di dollari. Un record per esportare tre finali in un mercato di 30 milioni di abitanti in cui l’interesse verso lo sport e il football soprattutto è in grande ascesa ( da poco è stato anche consentito l’accesso delle donne negli stadi).
L’interesse per il calcio in Arabia Saudita cresce infatti sia nella popolazione che nelle alte sfere della casa regnante. Emissari di Mbs sono stati intercettati in questi mesi in Europa in diverse piazze calcistiche. Il principe vorrebbe suggellare il Saudi Vision 2030 con un affare mediaticamente globale come l’acquisto di un grande club. Lo shopping saudita potrebbe svolgersi anche in Italia quando e se società come Roma (ma qui subentrerebbero ostacoli religiosi quasi insormontabili) o più facilmente Milan dovessero finire sul mercato.
I « rivali» tra Dubai e Abu Dhabi
Mbs vorrebbe in effetti emulare quanto sta avvenendo negli Emirati tra Abu Dhabi e Dubai. Ad affascinarlo sono i grattacieli e l’appeal internazionale che emiri e sceicchi hanno saputo costruire in questi anni. Nel territorio della federazione emiratina si svolgono ormai centinaia di eventi sportivi ogni anno che hanno fatto conoscere il paese ovunque e attirano centinaia di migliaia di visitatori. Dubai ospiterà l’Expo 2020/21 e il Louvre di Abu Dhabi inaugurato l’8 novembre 2017 si candida a essere un polo di attrazione artistica internazionale.
È questo ilmodello di soft power
che segue Mohammed Bin Salman, che guardai con ammirazione a quanto fatto dallo sceicco Mansour bin Zayd Al Nahyan membro della famiglia reale e fondatore dell’Abu Dhabi United Group for Development and Investment attraverso il quale ha aperto nuove strade agli investimenti dell’emirato e che è diventato famoso per aver acquistato nel 2008 il Manchester City a cui ha aggiunto in un decennio team di calcio negli Usa, in Australia, Giappone e Spagna, inglobati nel Football City club che oggi vale tre miliardi di dollari.
Anche se il principale alleato di Mbs è Mohammed Bin Zayed, detto «Mbz», principe ereditario di Abu Dhabi. I due hanno guidato la guerra nello Yemen contro i ribelli sciiti Huthi e promosso l’isolamento geografico e commerciale del Qatar nel giugno del 2017 (insieme a Egitto e Bahrein) che sta mettendo in difficoltà il Qatar impegnato nella costosa costruzione di stadi e infrastrutture all’avanguardia per ospitare la Coppa del Mondo di calcio del dicembre 2022. I nemici del Qatar Doha rappresenta il nemico comune al punto che Riad starebbe perfino valutando di scavare un canale lungo il confine terrestre per trasformare il Qatar in un’isola. La vicinanza di Doha a formazioni fondamentaliste come i Fratelli Musulmani e la non aperta ostilità verso l’Iran sciita, ha provocato una delle fratture più profonde nell’area del Golfo.
Per uscire dall’angolo e riaccreditarsi agli occhi del mondo come un Paese affidabile, al punto da poter ricevere il gotha del football planetario e i relativi flussi turistici, il Qatar ha schierato la sua ammiraglia calcistica, il Paris Saint-Germain. Il club acquistato nel 2011 dal Qatar Investment Authority, il fondo sovrano istituito nel 2005 dall’emiro Al Thani, che ha avviato nel corso degli anni Duemila una campagna finanziaria assorbendo quote di rilievo, tra le altre, in Airbus, Volkswagen, Lagardère, Virgin, Credit Suisse e Veolia Environnement, ha strappato al Barcellona il gioiello brasiliano Neymar (in un affare da 600 milioni complessivi), colui che nel 2022 sarà probabilmente il calciatore più forte e glamour del pianeta, facendone la stella della squadra e il testimonial della World Cup. La stessa compagnia di bandiera Qatar Airways, rifiutata proprio dal Barcellona come sponsor, ha intrapreso una campagna di espansione globale (nel 2016 è entrata anche nell’italiana Meridiana) ed è diventata partner commerciale di decine di club dalla Roma al Boca Juniors. Mosse che hanno (e avranno) un impatto mediatico favorevole e una risonanza certamente maggiori di altre mosse come l’uscita dall’Opec (il Qatar è il terzo produttore di gas naturale ma molto meno incisivo i ambito petrolifero). Nella società dell’entertaiment la correlazione tra sport e (cal
cio) e diplomazia ha un peso specifico sempre più rilevante. Anche Riad non può più trascurarlo.