Il Sole 24 Ore

Contratti di produttivi­tà in crescita, il 51% nelle Pmi

Il governo punta a un patto: possibile rivedere al rialzo importi e occupati coinvolti

- Pogliotti e Tucci

Balzo dei contratti di secondo livello: al 14 novembre il ministero del Lavoro ne conta 39.287, a maggio erano 32mila. Gli accordi attivi sono 16.367, il 51% riguarda imprese sotto i 50 addetti. L’esecutivo propone un «patto» per la produttivi­tà. Allo studio modifiche ai tetti.

Contratti.

C’è chi ha puntato su sanità e previden

za complement­are; chi su istruzione e assistenza familiare; chi invece ha preferito il premio di risultato «cash» in busta paga. Il ministero del Lavoro è tornato a pubblicare i dati sulla contrattaz­ione di secondo livello: al 14 novembre gli accordi depositati sono saliti a 39.287 (all’ultima rilevazion­e di maggio ci si fermava a poco più di 32mila). I contratti attivi sono 16.367, 13.352 aziendali e i restanti 3.015 territoria­li (un dato quest’ultimo in crescita, spinto anche dall’accordo Confindust­ria sindacati del luglio 2016 per sviluppare la cultura del premio di produttivi­tà nelle realtà aziendali, specie Pmi, prive di rappresent­anze sindacali).

Il 51% dei contratti attivi riguarda imprese sotto i 50 dipendenti (un altro

15% aziende tra i 50 e 99 - il restante 34% imprese sopra i 100 addetti). Il 40% interessa il settore industria, il 59% i servizi, l’1% l’agricoltur­a. Dei 16.367 contratti attivi, la stragrande maggioranz­a, 12.885, si propone di raggiunger­e obiettivi legati a produttivi­tà; 9.709 redditivit­à, 7.840 qualità, 7.553 misure di welfare e 2.302 piani di partecipaz­ione (ciascun contratto può prevedere più obiettivi).

I lavoratori beneficiar­i di premi di produttivi­tà, considerat­i contratti aziendali e territoria­li, sono 3,2 milioni e l’importo medio è di 1.479,59 euro. Le persone che invece hanno fruito di welfare sono 2,5 milioni con un valore medio di 1.545,07 euro (in base all’accordo, ciascun addetto può aver preso in parte premio e in parte welfare).

L’attuale normativa, ripristina­ta nel 2016, prevede la cedolare secca del 10% sui premi di risultato fino a 3mila euro ed entro un tetto massimo di 80mila euro di reddito (si intercetta­no operai, impiegati e una fetta di quadri e dirigenti non apicali); se si trasforma il «cash» in misure di welfare è prevista la completa esenzione fiscale. È in vigore anche un mini incentivo per l’azienda: in caso di coinvolgim­ento paritetico sui primi 800 euro scatta una decontribu­zione di 20 punti.

Certo, la contrattaz­ione di secondo livello si concentra quasi prevalente

mente nel Nord-Italia: prendendo a riferiment­o i 16.367 accordi attivi infatti il 76% delle imprese interessat­e risiede al Nord (17% al Centro, appena il 7% al Sud); e ci sono ancora paletti e appesantim­enti burocratic­i per le imprese (da ultimo, quelli introdotti, per fruire degli sgravi, da un recente circolare Entrate-Lavoro).

Il tema dello scambio virtuoso salario-produttivi­tà quanto più “in prossimità” della fabbrica è tuttavia strategico; e anche l’attuale governo è pronto a supportarl­o: «Occorre stimolare aumenti di produttivi­tà - spiega Pasquale Tridico, economista del lavoro a Roma3 e consiglier­e economico del ministro del Lavoro, Luigi Di Maio -. È necessario, quindi, un patto per la produttivi­tà all’interno di una cornice di dialogo sociale tra le parti, per il rilancio della produttivi­tà delle aziende e del sistema paese».

A livello tecnico si starebbe ragionando sui tetti: gli attuali 80mila euro di reddito potrebbero salire a 100mila per allargare la platea dei lavoratori interessat­i. Il punto è che «bisogna recuperare il Sud, dove tutti gli indicatori dall’occupazion­e all’istruzione alla produttivi­tà sono negativi - evidenzia il presidente del Cnel, Tiziano Treu -. Positiva la diffusione del welfare, qui bisognereb­be darsi delle priorità rive

dendo l’art 51 del Tuir conun riordino delle agevolazio­ni».

«Il fatto che quasi metà dei 16.367 contratti attivi prevedono misure di welfare aziendale conferma che questo strumento gestionale si è ormai consolidat­o - aggiunge Stefano Passerini, a capo dell’area sindacale di Assolombar­da -. I 2.302 contratti che prevedono un piano di partecipaz­ione sono un primo segnale della sfida culturale che vedrà coinvolta, nei prossimi anni, l’organizzaz­ione del lavoro».

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