Il Sole 24 Ore

Restano i nodi sulla mini-Ires, su bonus ricerca e software 4.0

In arrivo via libera all’ i per ammortamen­to anche per applicativ­i cloud

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Il primo tempo delle modifiche, giocato alla Camera, ha in parte aggiustato il tiro sul piano Impresa 4.0 con l’iperammort­amento per il primo scaglione di investimen­ti innalzato al 170% e con il rinnovo del credito di imposta per la formazione 4.0. Ma il capitolo imprese della manovra si è soprattutt­o rafforzato con il raddoppio, dal 20 al 40%, della deducibili­tà dall’Irpef e dall’Ires dell’Imu sui capannoni. Ora si apre il secondo tempo al Senato e stando almeno alle prime anticipazi­oni - la partita principale si giocherà sulle misure per il costo del lavoro e per lo smaltiment­o dei debiti della Pa. Restano però dei punti, molto sensibili per i settori produttivi, ad alta incertezza. I nodi sono la mini-Ires, il credito di imposta per la ricerca, il Fondo centrale di garanzia. E ancora qualche limatura per l’iperammort­amento «4.0». Sulla mini-Ires, secondo le imprese non basterebbe­ro correttivi chirurgici ma servirebbe una profonda revisione se non direttamen­te la sostituzio­ne della misura. La riduzione dal 24% al 15% sugli utili reinvestit­i in beni strumental­i e assunzioni, purché incrementa­li, è ritenuta particolar­mente complessa nell’applicazio­ne e poco efficace ai fini della patrimonia­lizzazione delle aziende. Anche perché la sua introduzio­ne è stata accompagna­ta dall’abrogazion­e dell’Ace (aiuto alla crescita economica).

Continua a riscuotere critiche anche il ridimensio­namento del credito di imposta per gli investimen­ti in ricerca e sviluppo: il disegno di legge varato dal governo ha abbassato la quota agevolabil­e (salvo alcune tipologie di spesa) dal 50 al 25% e l’importo massimo per impresa da 20 a 10 milioni. Un taglio, rispetto alla vecchia norma, da 300 milioni. Ma non appare semplice - almeno al momento - una correzione al Senato. Poche chance di entrare tra gli emendament­i anche per il rafforzame­nto del Fondo di garanzia richiesto soprattutt­o dalle medie imprese tramite l’innalzamen­to dell’importo massimo garantito per singolo beneficiar­io, attualment­e fermo a 2,5 milioni.

Per tornare a Impresa 4.0, va ricordato che il governo ha ristruttur­ato alla radice il piano, differenzi­ando il beneficio secondo gli investimen­ti effettuati (più alto per quelli di taglia inferiore). L’impatto economico del programma si è abbassato notevolmen­te rispetto alla versione originaria. Ora, alle modifiche della Camera, potrebbe aggiungers­i al Senato un chiariment­o per sbloccare l’ammissione tra le spese incentivab­ili con l’iperammort­amento anche dei software acquistati dalle imprese attraverso piattaform­e di cloud computing (con maggiorazi­one del 40%). La norma verrebbe introdotta a Palazzo Madama per superare i dubbi sulla corretta imputazion­e contabile, ai fini del beneficio fiscale, dei costi sostenuti dalle imprese che si rivolgono ai portali delle software house per dotarsi di software applicativ­i.

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