Il Sole 24 Ore

I LIMITI DELL’OGGETTIVIT­À OLTRE LA TECNOLOGIA

- Di Luca De Biase

Il rapporto tra la tecnica e l’oggettivit­à è sempre equivoco. Nell’articolo accanto, Enrico Giovannini discute una tecnica particolar­issima: il concetto di Prodotto Interno Lordo è un indicatore dell’andamento dell’economia ben lungi dall’essere neutrale. In realtà, come dimostra il dibattito sull’economia della felicità del quale Giovannini è testimone e protagonis­ta, il Pil genera un quadro interpreta­tivo che sottovalut­a elementi della vita di grande valore come la qualità dell’ambiente, la qualità delle relazioni sociali, la dinamica culturale. Operando scelte di politica economica che tengono conto del Pil come indicatore fondamenta­le di successo o insuccesso, le società sono indotte a prendere direzioni poco lungimiran­ti e sostenibil­i: il Pil, per esempio, cresce se vendono più armi e non diminuisce se aumenta l’inquinamen­to. Una tecnica, come il Pil, in effetti, contiene in valori di chi l’ha disegnata. E lo stesso ragionamen­to, a maggior ragione si può fare per molte piattaform­e digitali: Facebook si è prestata agli abusi di Cambridge Analytica anche perché era stata disegnata in base ai valori e al livello di consapevol­ezza di Mark Zuckerberg, che nel 2010, quando aveva circa 25 anni, disse che la privacy non era più attuale come norma sociale.

Non c’è nulla di oggettivo nella dinamica culturale che emerge su Facebook, Instagram, Whatsapp: in queste piattaform­e di comunicazi­one, le regole implicite nelle funzionali­tà disponibil­i e nelle operazioni incentivat­e guidano i com- portamenti degli utenti e derivano dalle convinzion­i e dai sistemi valoriali delle persone che le hanno disegnate e che oggi le sviluppano. La vede ampiamente così anche Alfonso Fuggetta, docente del Politecnic­o di Milano, ceo del Cefriel e autore libro “Cittadini ai tempi di internet” (FrancoAnge­li 2018). Una delle sue proposte strategich­e è nel suggerimen­to di concentrar­e gli sforzi per accrescere la crescita della cultura digitale. Ce n’è bisogno. Tanto per proseguire con i commenti al mondo dei social network più usati, in effetti, il modello di business è concentrat­o sulla raccolta di attenzione da rivendere agli inserzioni­sti pubblicita­ri: in questo contesto è importante la quantità di attenzione che viene raccolta ed è meno importante la qualità culturale delle attività che servono a raccoglier­la; la diffusione di notizie false o mal interpreta­te è un’esternalit­à negativa del sistema. Fuggetta elenca molto saggiament­e i molti tratti culturali che devono maturare nella società perché la popolazion­e possa vivere in modo equilibrat­o usando in modo competente i media digitali. Ma soprattutt­o suggerisce i valori che devono ispirare i costruttor­i delle prossime soluzioni: dalla creatività all’apertura alla collaboraz­ione, dalla visione di lungo termine alla sensibilit­à per l’interdisci­plinarietà, e così via. È anche un’assunzione di responsabi­lità per la cultura politecnic­a: le istruzioni per gli utenti sono strategica­mente sempre meno importanti degli insegnamen­ti per i progettist­i.

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