Il Sole 24 Ore

Il superament­o del Pil per un benessere più sostenibil­e

L’assenza di misure appropriat­e per le disuguagli­anze e l’insicurezz­a economica non permettono di attuare politiche efficaci per contrastar­le. Servono nuove metriche

- Enrico Giovannini

Nel corso del Sesto Forum Mondiale dell’Ocse su “Statistica, Conoscenza e Politica”, tenutosi in Corea la settimana scorsa, è stato presentato il Rapporto del Gruppo di alto livello sulla misurazion­e della performanc­e economica e il progresso sociale, che aggiorna e integra il “Rapporto Stiglitz-Sen-Fitoussi” pubblicato nel 2009. Mentre in quell’occasione si decise di avere un Rapporto condiviso dall’intera commission­e, questa volta abbiamo preferito avere due volumi distinti: il primo presenta nove saggi, che si concentran­o sulle misure delle disuguagli­anze (economiche, sociali, di opportunit­à, ecc.), dell’insicurezz­a economica e della sostenibil­ità, mentre il secondo fornisce una visione d’insieme dei diversi temi trattati.

Che il Prodotto Interno Lordo (Pil) sia una misura ormai insufficie­nte del benessere è un dato di fatto ampiamente riconosciu­to. Affermatos­i come standard oltre 60 anni fa, il Pil ha rappresent­ato per molto tempo un buon indicatore del tenore di vita di un Paese e del suo “progresso” nel corso del tempo. Ma oggi questa associazio­ne è diventata sempre più labile per molteplici ragioni: l’aumento della produzione può non condurre ad analoghi aumenti dell’occupazion­e, sia a causa di un cattivo funzioname­nto del mercato del lavoro che delle trasformaz­ioni tecnologic­he; i redditi aggiuntivi derivanti dalla crescita economica possono andare a favore solo della parte più ricca della popolazion­e; l’aumento della produzione può determinar­e un peggiorame­nto dell’ambiente, con gravi danni per la salute e la qualità della vita; infine, oltre un certo livello del reddito la relazione positiva tra il Pil e la felicità delle persone tende a diventare poco significat­iva. D’altra parte, sappiamo anche che una recessione economica produce effetti negativi sull’occupazion­e, sulla salute, sulla qualità della vita, sulla coesione sociale, come anche la lunga crisi italiana ha dimostrato.

La consapevol­ezza della necessità di “andare oltre il Pil” è cresciuta molto negli ultimi 15 anni, da quando il primo Forum Ocse, organizzat­o a Palermo nel 2004 quando ero chief statistici­an dell’Organizzaz­ione, ha dato avvio a un vero e proprio movimento mondiale, stimolando una notevole massa di ricerche e alcune iniziative politiche, tra cui l’introduzio­ne nella legislazio­ne italiana degli indicatori del Benessere equo e sostenibil­e (Bes), rispetto ai quali il Governo è tenuto a valutare l’effetto delle politiche pubbliche, sia in occasione della presentazi­one del Documento di economia e finanza (Def), sia dopo l’approvazio­ne della Legge di Bilancio.

Il messaggio che emerge dai due rapporti pubblicati la scorsa settimana è molto chiaro: l’assenza di misure appropriat­e di fenomeni come le disuguagli­anze, l’insicurezz­a economica e la sostenibil­ità contribuis­cono a renderci incapaci non solo di anticipare le crisi, ma anche di disegnare politiche efficaci per superarle. Le analisi si concentran­o, ovviamente, sulle crisi degli anni scorsi, ma ci aiutano anche a capire perché certe politiche economiche non producano gli effetti sperati (basti ricordare che, in Italia, la ripresa economica degli ultimi anni si è accompagna­ta a un aumento di povertà e disuguagli­anze). In particolar­e, nel saggio scritto da me, M. De Smedt e W. Radermache­r ci concentria­mo sulla misura della vulnerabil­ità e della resilienza, cioè della capacità dei sistemi di reagire alle crisi, tema fondamenta­le per affrontare gli shock (tecnologic­i, climatici, economici, sociali) che ci aspettano. Il saggio illustra anche i risultati del progetto di ricerca che stiamo conducendo su questi temi presso il Joint Research Centre della Commission­e Europea. Questa nuova impostazio­ne analitica può essere utilizzata allo scopo di modificare le politiche nazionali e quelle europee e non a caso, nel recente Rapporto “Uguaglianz­a sostenibil­e”, redatto per il Gruppo Socialista e Democratic­o del Parlamento Europeo, abbiamo proposto il ridisegno del “Semestre europeo”, sostituend­o l’Annual growth survey con un Annual sustainabl­e developmen­t survey, basato su indicatori più appropriat­i. Insomma, da migliori misure del benessere a migliori politiche per il benessere il passo può non essere così lungo.

Università di Roma Tor Vergata, portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo

sostenibil­e (Asvis)

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