Il prosciutto degli «happy pig»
Joselito è un po’ come il vino, ha annate (e prezzi) che dipendono dal clima, invecchia anche 10-12 anni e contiene persino grassi buoni: i maiali razzolano liberi per 2 anni
Proprio come il vino. Millesimato, con vendita en primeur e prezzi che oscillano a seconda delle annate, perché la produzione varia in base alle condizioni climatiche. Spesso oggetto di degustazioni “verticali”, che possono risalire oltre 10-12 anni indietro. E con “vintage” particolarmente prestigiosi: il 2005 l’ultima annata da record.
È Joselito, il prosciutto di maiale iberico, da molti ritenuto il migliore del mondo. Di certo è quello con la produzione più sostenibile. Dai 10 ai 45mila maiali a seconda delle stagioni, liberi di razzolare per due anni in 170mila (avete letto bene) ettari di dehesa iberica, il loro habitat naturale composto di prati e foresta mediterranea dove convivono con pecore e mucche al pascolo.
Sono gli “happy pig”. D’estate mangiano fino a 10 chili di ghiande al giorno, «ma solo quelle cadute al massimo due giorni prima, perché sono maiali schizzinosi» precisa José Gomez, il patron di Joselito. E vengono “sacrificati” – in azienda non si usa mai il termine macellazione – dopo 22-26 mesi, quando hanno raggiunto oltre due quintali di peso.
Un prosciutto a parte, che poco ha da spartire con gli altri Jamon iberici e nulla toglie alle produzioni di eccellenza italiane.
Nonostante numeri invidiabili e la presenza in 56 paesi (oltre che sulle tavole dei migliori chef del mondo) Joselito era e resta un’azienda saldamente famigliare. Giunta alla sesta generazione: José junior, pacioso erede della dinastia di allevatori, studi in Bocconi e italiano fluente, affianca da qualche anno il padre occupandosi della ricerca & sviluppo, dei progetti con le università e di quelli con un prestigioso drappello di cuochi stellati che hanno elaborato ricette speciali con i prodotti dell’azienda.
Cos’ha di tanto speciale questo prosciutto, tagliato rigorosamente a mano dai cortador? A differenza di altri crudi che dopo la concia con il sale vedono le cosce a riposo in celle frigorifere, la prima fase di stagionatura di Joselito avviene nei secaderos, dove beneficia della forte escursione termica. Nella fase successiva, così come a Parma e a San Daniele, l’affinamento avviene nelle cantine di stagionatura dove i prosciutti vengono appesi ed areati. Joselito li mantiene a lungo. «È questo il segreto per ottenere prosciutti molto dolci – spiega Gomez – una stagionatura corta imporrebbe l’utilizzo di più sale». Così i prosciutti che portano la sua firma riposano per almeno 3-4 anni, ma possono arrivare fino a 12 o 13. «Noi dipendiamo dal clima – aggiunge José jr –, il meteo condiziona la produzione: quest’anno ogni maiale aveva bisogno di tre ettari di pascolo, l’anno scorso quasi non gliene bastavano sei. Per questo non esiste un numero fisso di maiali in allevamento».
Per mantenere un ecosistema ideale l’azienda è impegnata in un programma costante di rimboschimento, per il quale ha ottenuto il certificato FSC (Forest Stewardship Council). E, vista la difficoltà a trovare personale specializzato, ha deciso di sostenere un corso di formazione universitario sulla produzione artigianale di prosciutto. Ma ciò di cui i Gomez vanno più fieri è il lavoro con l’Università di Salamanca e la Mayo Clinic di Houston, ricerche da cui è emerso che grazie alla vita brada degli animali il loro prosciutto ha una percentuale molto alta di acido linoleico («quindi grassi buoni, e persino Omega 3») e totale assenza di metalli pesanti. Gli studi proseguono con lo Joselito Lab, che ha anche un versante gourmet. È in questo ambito infatti che sono state lanciate le partnership con i grandi cuochi. Si è iniziato nel 2013 con Ferran Adrià, per passare poi a Massimiliano Alajmo, l’olandese Jonnie Boer, Seiji Yamamoto (forse l’avventura più azzardata, quella di sposare il maiale di Joselito alla cucina giapponese), dopo una più rassicurante incursione nella cucina tedesca di Joachime Wissler e, quest’anno, l’approdo a Parigi con Yannick Alleno.