Lo storico che esplorò la discesa agli inferi
Si è detto e si è scritto molto di Mircea Eliade, morto a Chicago nel 1986 a 79 anni. Di certo fu il più fascinoso storico delle religioni del secolo scorso; anzi, senza questo formidabile studioso nato in Romania e sodale di Georges Dumézil e di Ernst Jünger, che si è confrontato con Carl Gustav Jung o Gershom Scholem, riti, miti e simboli resterebbero senza una convincente interpretazione. Yoga, alchimia, folklore dopo di lui hanno assunto nuovi significati. Sentì l’influsso di figure quali René Guénon e Ananda K. Coomaraswamy, visse in India, fu assistente di Ionescu in Romania (aderì anche alla Guardia di Ferro, scelta che la sinistra mai gli ha perdonato). Nel suo Trattato di storia delle religioni, uscito a Parigi nel 1949 (tradotto da Einaudi e continuamente ristampato da Bollati-Boringhieri), introdusse tra l’altro la nozione di ierofania: con essa Eliade intendeva «designare l’atto attraverso il quale il sacro si manifesta».
Chi scrive ebbe il privilegio di incontrare diverse volte Julien Ries, il grande antropologo del sacro che diventò improvvisamente cardinale poco prima di morire (Benedetto XVI lo sorprese, e lui si preoccupò di assicurare che avrebbe finito le sue ricerche). Amava ricordare di Eliade la forza delle analisi, giacché sapeva includere nella lettura dei fenomeni espressioni e strutture religiose che si manifestano nel tempo tramite simboli, riti, miti. Si potrebbe dire, nonostante la lezione di storici e antropologi dediti alle sole ricerche pratiche, che il sacro può apparire sotto forme non convenzionali e il Novecento ha testimoniato come taluni sistemi totalitari possano celare una natura religiosa. Senza tener conto di questo elemento non è facile spiegare, per esempio, il comunismo o il nazismo o talune concezioni del pensiero o della politica che appaiono nella società contemporanea.
Per questi e per altri numerosi motivi è bene ricordare due volumi appena usciti da Jaca Book, curati da Eliade: un Dizionario dei riti e un Dizionario del mito (si dovrebbero aggiungere un terzo e un quarto, usciti dal medesimo editore lo scorso anno, il Dizionario dei simboli e il “Dizionario delle religioni”, firmati anche da Couliano). Realizzati partendo dalla monumentale opera diretta dallo stesso Eliade, l’Encyclopedia of Religion, la cui seconda edizione del 2005 è in 15 volumi, poco meno di 11mila pagine con 3.500 voci alle quali hanno atteso oltre duemila collaboratori (Macmillan Publishers Usa).
Questi dizionari, con premesse di Julien Ries, offrono la possibilità di conoscere meglio alcuni miti, come per esempio la discesa agli inferi, che non riguarda soltanto fondatori di religioni o figure quali Ulisse, ma è caratteristica degli sciamani, «con la guida e il consiglio degli spiriti», o delle visioni di mistici e asceti del Vicino Oriente, di Induismo, Buddhismo e Cristianesimo. Se si passa ai riti, basterà soffermarsi sulla confessione dei peccati, rintracciabile oltre che nel Cattolicesimo a Babilonia e in Egitto - anche nelle culture prive di scrittura; negli imperi inca, giapponese e cinese assume un carattere politico, mentre in India appartiene alla grande corrente della speculazione e della pratica religiosa. Oppure è possibile seguire i riti del carnevale o della castrazione, quest’ultima presente nella Teogonia di Esiodo o caratteristica del sacerdote eunuco di Isthar, nella religione babilonese, che celebrava cerimonie orgiastiche in onore del dio Marduk. Qui il discorso si fa vasto. Lo rimandiamo a una prossima volta.