Testimoni del Mare Nostrum
Non persone ma oggetti e procedimenti che nel tempo hanno caratterizzato il Mediterraneo e l’umanità compresa nelle sue traiettorie, incidendo su costumi e saperi
Oggi numerosi cittadini europei vorrebbero che il Mediterraneo, quel braccio di mare che ci separa dall’Africa e dal Medio Oriente, venisse trasformato in una sorta di fossato sempre più profondo e insuperabile a presidio della “Fortezza Europa”. A tal punto è giunta l’ondata di paura, istintiva o alimentata strumentalmente, diffusasi nei confronti dell’immigrazione, in quanto vista (anche perché composta per lo più da musulmani) alla stregua di una vera e propria invasione e, quindi, come una grave minaccia alla sicurezza e all’identità del Vecchio Continente.
Sta di fatto che, dopo il blocco pressoché totale degli sbocchi occidentali concordato a suo tempo dalla Spagna con il Marocco, e la chiusura della rotta balcanico-danubiana determinata dalla convenzione siglata nel 2016 (a nome dell’Unione europea) dalla cancelliera tedesca Angela Merkel con il leader turco Recep Tayyp Erdogan, è sopraggiunto negli ultimi mesi (come è noto) un altro sbarramento ai flussi migratori lungo il Canale di Sicilia verso l’Europa, in seguito al divieto d’approdo ai porti italiani stabilito dal governo gialloverde.
Il Mediterraneo è così divenuto, nella visione di parecchia gente e di parte della classe politica, non più un luogo di scambi e incroci, di inte
ressi comuni e di forme di conviven
za, nel mezzo di alterne fasi di guerra e di pace, quale è stato nel corso di una storia ultramillenaria, ma un coacervo di ansie e incognite, e per il resto il retaggio di un lontano passato carico soprattutto di conflitti e di acri controversie, e quindi da cancellare dalla nostra memoria.
Questa sindrome emotiva, tanto più pervadente quanto di facile maneggio, ha indotto due storici a rievocare, senza alcun intento agiografico ma in base a un’analisi rigorosa ed equilibrata, la trama e l’ordito delle relazioni intercorse e intrecciatesi per molti secoli fra differenti genti e civiltà, culture e religioni, idee e passioni, liturgie e leggende, che hanno caratterizzato la configurazione e le complesse vicende del Mediterraneo. Senza per questo sorvolare, naturalmente, sulle diffidenze e le inimicizie, sulle dissonanze e contrapposizioni susseguitesi fra le diverse comunità che hanno popolato le contrade circostanti il grande specchio d’acqua fra lo stretto di Gibilterra e le coste del Medio Oriente, fra le sponde del Tirreno e dell’Adriatico e quelle nord-africane.
Gli autori di questo profilo storico del Mediterraneo lo hanno fatto raccontando quanta importanza abbiano avuto, nello spazio e nel tempo, non solo per la storia dell’Europa, ma per quella dell’umanità, una ventina di oggetti e procedimenti per lo più analoghi, altrettanto semplici ma essenziali sia per la vita quotidiana e l’evoluzione dei costumi, sia per lo sviluppo dei saperi e delle conoscenze: da certi ingredienti e modi di confezionare il pane e il riso, ad alcuni tipi di piante e coltivazioni; da determinati recipienti e strumenti di lavoro, a talune pratiche nautiche; dalla bussola all’abaco; dal conio di monete auree largamente condivise, alla diffusione delle spezie e di altre mercanzie; da particolari consuetudini nella cura del corpo a vari ornamenti femminili. Né mancano, fra gli oggetti presi in considerazione, quelli che servivano anche per armarsi, difendersi dagli avversari o batterli negli scontri e tenerli in prigionia.Dalle pagine di questa narrazione tracciata secondo una scelta tematica e una chiave interpretativa emblematica, emerge un vivido affresco dell’area mediterranea nei suoi svariati aspetti e risvolti, eventi ed episodi. Ci si può così render conto della portata e delle implicazioni determinate man mano non solo dagli sviluppi della cultura materiale ma anche dalla propagazione di certi rituali e orientamenti, miti e simboli, principi e valori sociali condivisi o contrapposti.
D’altro canto, tornando ai giorni nostri, non è affatto detto che il Mediterraneo non abbia più alcuna funzione di rilievo: come se fosse destinato a essere emarginato via via dalle traiettorie dei traffici e dalle nuove dinamiche del mondo globalizzato. È vero invece che le sue fortune stanno conoscendo una fase di rilancio dovuto, fra l’altro, al raddoppio del Canale di Suez, all’incremento degli interscambi commerciali sino ai Paesi del Golfo, alla scoperta (davanti alle acque del Libano, di Israele e di Cipro) di nuovi giacimenti di gas, ai progetti dalla Cina per la realizzazione di una nuova “via della Seta”. Si delinea quindi, per l’area mediterranea, un futuro segnato da ampie potenzialità in settori nevralgici come l’energia, la logistica, le infrastrutture e le telecomunicazioni.