Democratiche interazioni
Le azioni individuali delle persone comuni, sostiene Angelo Panebianco, vanno esaminate per capire «i rapporti fra la politica e l’economia»
Apparentemente nulla è più lontano dal vissuto delle persone comuni della politica internazionale. Che è un risiko giocato dai grandi della storia, con pochi comprimari che sgomitano per raggiungere il proscenio.
Per questo può stupire un libro, come Persone e mondi di Angelo Panebianco, scritto pensando che «sia necessario occuparsi di azioni individuali per comprendere i rapporti fra la competizione di potenza e le tradizioni culturali, fra la politica e l’economia». L’obiettivo di Panebianco non è quello di svalutare il ruolo dei centri di potere più visibili, a cominciare dai governi: ma capire come, in modo meno visibile e più ambiguo, essi sono condizionati da tutti coloro che stanno fuori dalla cerchia dell’élite politica
eppure anch’essi «fanno la storia».
Non a caso sul libro troneggia una citazione di Hayek: «Comprendere che non tutto l’ordine che deriva dall’interazione umana sia il risultato di un disegno è in effetti l’inizio della teoria sociale». I fatti politici e sociali sono in parte determinati da “organizzazioni”: da aggregati di persone che stanno consapevolmente insieme per uno scopo comune. In parte invece sono “ordini spontanei”, i quali si affermano senza che gli individui che vi partecipano lo vogliono: sono l’esito delle azioni di queste persone ma non di un loro progetto.
Per provare a capire il “macro” partendo dal “micro” bisogna fare i conti con la politica e l’economia, ma anche con la sfera culturale (e religiosa) alla quale, «grazie a “imprenditori culturali” e alle istituzioni che essi creano» si rivolgono i sovrani per elaborare credenze necessarie «se non vogliono suscitare crisi di rigetto fra i sudditi». Gli esseri umani sono «un impasto di emozioni e razionalità limitata» e delle une e dell’altra bisogna tener conto.
Questo è particolarmente evidente negli ultimi, densissimi capitoli del saggio di Panebianco, dedicati all’intreccio fra politica internazionale e democrazia.
Qualche esempio. Le democrazie tendono a ridurre più facilmente le barriere commerciali che ostacolano reciprocamente il loro commercio di quanto facciano quando hanno a che fare con regimi che democratici non sono. Non per simpatia, ma perché i meccanismi di ratifica di quei trattati sono disegnati sui ritmi e sui modi della vita parlamentare. Allo stesso modo, la tendenza delle democrazie occidentali a “legarsi le mani” partecipando a grandi organizzazioni transnazionali è almeno in parte un tentativo di pantografare quella “cultura delle regole” che dovrebbe caratterizzare, internamente, gli Stati di diritto.
Non sempre la democrazia produce stabilità nell’arena internazionale. L’ingresso delle democrazie in guerra è travagliato, deve passare per la persuasione dell’opinione pubblica. Quando quest’ultima, però, si è convinta di avere un “nemico” può domandarne la distruzione totale, il che era meno probabile quando gli scontri erano regolati dalla politica dinastica.
Mai come in un contesto democratico, nota Panebianco, risalta la tensione fra domanda di libertà (dalla politica) e domanda di sicurezza (da parte della politica). L’agonismo fra partiti è competizione fra avversari ma talvolta è sostituito dall’antagonismo con un nemico esterno. Se prevale quest’ultimo aspetto, crescono paura e domanda di protezione: che mettono a rischio i diritti individuali.
Persone e mondi esce in un momento in cui riprendono quota le tesi sul “declino dell’Occidente” e si guarda con morbosa curiosità a modelli autocratici. Quello di Panebianco è “un saggio senza conclusioni” che passa in rassegna con straordinario rigore analitico e portentosa limpidezza tutte le questioni aperte: ricorda la complessità dei fattori di rischio (soprattutto in quelle “arene machiavelliane” che coincidono con realtà statuali in dissipazione) e nel contempo rifiuta le spiegazioni economicistiche sul declino della liberal-democrazia.
Attenzione a pensare che tutto si spieghi con l’acuirsi delle diseguaglianze, «variante aggiornata della profezia di Marx sulla proletarizzazione dei ceti medi». I processi in atto vengono da lontano. Le élite si usurano. Gli “intermediari” del consenso si sono ovunque indeboliti. C’è più informazione diffusa ma pure l’attività di governo è sempre più complessa, in una specie di sfida fra Achille e la tartaruga. Il rischio è quello di gettare il bambino con l’acqua sporca: quell’ordine internazionale imperniato sugli Stati Uniti che, con tutte le sue imperfezioni, ha consentito alla società aperta di rafforzarsi.
PERSONE E MONDI Angelo Panebianco il Mulino, Bologna, pagg. 640, € 38