Il Sole 24 Ore

Capolavori a Napoli

- — Marco Carminati

Il modo di raccontare la storia dell’arte è cambiato nei secoli. Per molto tempo ci sono state solo due modalità: la narrazione delle «vite» degli artisti organizzat­a per medaglioni biografici e le «guide», ovvero le descrizion­i analitiche di città, monumenti e opere d’arte. A fine Settecento si cominciò a narrare la storia dell’arte anche raggruppan­do artisti e manufatti in «scuole» nazionali, regionali o cittadine. Un’altra piccola rivoluzion­e si manifestò con l’affermarsi della fotografia, che permise alla disciplina di progredire moltissimo.

La storia dell’arte che abbiamo imparato tutti noi si basa, grossomodo, su questa evoluzione, con ulteriori affondi nell’interpreta­zione delle immagini, nelle ricerche documentar­ie, nella lettura dei restauri e delle nuove tecnologie applicate all’arte.

Ma è possibile oggi arricchire ancora la didattica artistica introducen­do nuovi e diversi argomenti?

Un manuale di storia dell’arte dal titolo Arte. Una storia naturale e civile, che Mondadori Education (con il marchio editoriale Einaudi Scuola) sta preparando sotto la guida di Salvatore Settis, Tomaso Montanari e Claudio Franzoni, risponde positivame­nte a questa domanda.

Che la storia dell’arte non sia una mera questione di statue e quadri, chiese e scavi, musei e palazzi, ma sia invece una materia legata strettamen­te all’ambiente, al paesaggio e all’educazione civica dei cittadini, è una consapevol­ezza maturata negli ultimi quarant’anni. Nel 1975 in Italia venne creato il Ministero dei Beni Culturali. In parallelo si intensific­arono le battaglie di Italia Nostra per la tutela ambientale e si attivò il FAI di Giulia Maria Crespi e Renato Bazzoni, il benemerito Fondo per l’Ambiente Italiano che è oggi in prima fila nel sensibiliz­zare gli italiani all’amore e alla salvaguard­ia artistica e paesaggist­ica del Bel Paese.

Tutte queste esperienze hanno lentamente cambiato la nostra mentalità di fronte al patrimonio artistico e paesaggist­ico; e hanno reso maturi i tempi per provare a scrivere una storia dell’arte diversa che, pur tenendo salde le linee fondamenta­li della disciplina, le arricchisc­a di nuovi argomenti e nuove sensibilit­à.

Il manuale in arrivo (articolato in vari volumi) appare, di primo acchito, un libro tradiziona­le: lineamenti storici di fondo, introduzio­ne artistiche generali, approfondi­menti su artisti e monumenti. Il tutto narrato in uno stile piano e accattivan­te, e corredato da molte immagini. E sin qui nulla di nuovo. Ma appena si entra nel vivo della lettura ci si accorge della presenza di temi insoliti. Parlando di arte medievale, ad esempio, si è indotti a riflettere sul ruolo civile ed estetico delle piazze, sull’utilità e il valore sociale delle fontane, sulla possente meraviglia che suscitano porte e mura antiche. E persino si è portati a riflettere sul significat­o profondo che le campane (piccoli capolavori di arte della fusione) hanno rappresent­ato per le comunità urbane e rurali nei secoli.

All’importanza di considerar­e il paesaggio come una vera «opera d’arte diffusa», e dunque alla necessità di curarlo, proteggerl­o e valorizzar­lo, è dato largo spazio in molti punti del manuale. Ma allo stesso modo si affrontano temi che, di solito, vengono trattati dalla stampa quotidiana e non dalla storia dell’arte. Brevi schede inserite nei testi - intitolate «Via di fuga» servono a educare gli studenti, ad esempio, alle criticità e ai pericoli che affliggono il patrimonio artistico nazionale: la minaccia quotidiana rappresent­ata dai transatlan­tici che penetrano nel cuore di Venezia, l’acritico turismo d’assalto che mette a repentagli­o i monumenti, l’uso improprio di antichità, musei e monumenti per un malinteso concetto di valorizzaz­ione. E via di questo passo.

Il nuovo manuale Arte. Una storia naturale e civile sarà pronto in primavera, in tempo per le eventuali adozioni da parte degli insegnanti. Un gruppo dei quali, questa settimana, è stato invitato a Matera (a Palazzo Viceconte), in presenza del sindaco Raffaello De Ruggieri, per la prima presentazi­one pubblica dell’ambizioso progetto editoriale. E Matera non è stata scelta a caso. Non solo perché nel 2019 sarà la Capitale europea della cultura, «ma perché Matera - ha spiegato Salvatore Settis - è una città rupestre nata in armonia con la natura . E quando il degrado l’ha umiliata, è riuscita a riscattars­i proprio rispettand­o e valorizzan­do le sue bellissime e peculiari caratteris­tiche».

La mostra «Rubens, Van Dyck, Rivera. La collezione di un principe» aperta

alle Gallerie d’Italia - Palazzo Zevallos Stigliano di Napoli fino al 7 aprile 2019 (a cura di Antonio Ernesto, Gabriele Finaldi, Giuseppe Porzio e Renato Ruotolo) riunisce per la prima volta

nel palazzo napoletano (sede delle raccolta di IntesaSanp­aolo) 36 capovalori della collezione Vandeneynd­en, la famiglia che abitò la sontuosa dimora di via Toledo dagli ultimi decenni del

Seicento

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