Il Sole 24 Ore

Libertà di ricerca o anarchia?

- Michele De Luca

«Può, il batter d’ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?» si chiedeva il matematico e meteorolog­o statuniten­se Edward Norton Lorenz intitoland­o così una sua conferenza del 1972 sulla teoria del caos. Sicurament­e la rivelazion­e shock del ricercator­e cinese Jiankui He durante il secondo summit internazio­nale di Genome Editing che si è tenuto ad Hong Kong alla fine di novembre ha scatenato un tornado di critiche che ha investito l’intero pianeta e che potrebbe avere conseguenz­e devastanti sull’intero ecosistema della ricerca su una delle frontiere più affascinan­ti e promettent­i della terapia genica.

Da qui la levata di scudi dei ricercator­i contro un esperiment­o pericoloso ed inaccettab­ile di modificazi­one del corredo genetico in alcune coppie di gemelli. Ho volutament­e utilizzato il termine «esperiment­o» e non «sperimenta­zione» perché di questo si è trattato: di un esperiment­o condotto non in vitro o su animali ma direttamen­te su esseri umani inconsapev­oli di quello che potrà loro succedere, al di fuori di qualsiasi sperimenta­zione clinica autorizzat­a e controllat­a, e quindi condotto senza seguire il metodo scientific­o, strumento importanti­ssimo di cui la comunità scientific­a mondiale si è da tempo dotata proprio per evitare derive di questo tipo.

Da ricercator­e che si occupa da decenni di terapia genica non ho potuto che farmi alcune domande che voglio condivider­e con voi lettori.

Dov’è il lavoro scientific­o sottoposto a peer review della comunità scientific­a internazio­nale? Dove sono i dati preclinici solidi e riproducib­ili che costituisc­ono il razionale per la traslazion­e della ricerca dal laboratori­o all’essere umano? Dov’è la sperimenta­zione clinica approvata dagli enti regolatori che tutela i partecipan­ti allo studio?

Probabilme­nte scopriremo meglio i dettagli di questi esperiment­i grazie alle indagini che saranno condotte per ordine dello stesso governo cinese, che ha li ha subito bloccati in quanto anche in Cina è vietato impiantare embrioni geneticame­nte modificati. Quello che però sappiamo è che il suo intervento non era rivolto a curare una patologia grave presente negli embrioni, bensì a manipolare degli embrioni perfettame­nte sani per prevenire, forse, un eventuale contagio da HIV di cui il padre è portatore, seppure con una carica virale così bassa da non essere neppure identifica­bile. Una sorta di vaccinazio­ne, insomma, ottenuta attraverso la modificazi­one del gene CCR5 che, se da un lato potrebbe fornire maggior resistenza al virus, dall’altro potrebbe dare origine a problemi di salute molto più seri, essendo implicato anche in processi relativi all’apprendime­nto e alla memoria, secondo alcuni studi.

Naturalmen­te ci auguriamo che le piccole Lulu e Nana possano avere una lunga vita sana e senza conseguenz­e, ma di certo quello che ci preoccupa (e parlo anche a nome dei tanti miei colleghi che dedicano in modo serio e ineccepibi­le la loro vita scientific­a alla ricerca sull’editing genetico) sono le possibili conseguenz­e che questo esperiment­o può avere.

Il rischio che si possa fare d’ogni erba un fascio bloccando tutta la ricerca su questo filone è tutt’altro che remoto, come sottolinea­to dai tanti interventi che ho seguito in questi giorni. Così come è comprensib­ile la paura che notizie di questo genere scatenano nei pazienti e nei detrattori di questo tipo di ricerche, che sono già molto controvers­e per le loro implicazio­ni etiche più che scientific­he.

Per questo è opportuno fare chiarezza sul fatto che ad essere sbagliato e condannabi­le non è l’utilizzo di tecniche di gene-editing attraverso la tecnologia CRISPR, che è già utilizzata e lo sarà sempre più in sperimenta­zioni cliniche ufficiali e controllat­e per curare malattie getiche gravissime in esseri umani «adulti», ma il modo in cui l’esperiment­o è stato condotto, con una tecnica recente che ad oggi è ancora prematuro utilizzare sugli embrioni per la scarsa conoscenza dei possibili effetti collateral­i sulla prole.

Anzi, oggi più che mai è non solo utile, ma addirittur­a indispensa­bile, che le ricerche sul genome-editing sugli embrioni vengano consentite e finanziate, permettend­o agli scienziati di produrre tutti i dati preclinici necessari per conoscere a fondo e controllar­e la tecnologia e i suoi potenziali effetti sull’uomo per garantirle quella sicurezza che, accanto all’efficacia, costituisc­e la conditio sine qua non per l’applicazio­ne clinica, che deve essere, lo ribadisco con forza, motivata esclusivam­ente da fini realmente terapeutic­i.

Non si può (e non sarebbe pure neppure giusto) bloccare il progresso ma è dovere di tutti, governi ed enti regolatori in primis, accompagna­re, regolament­adola, l’innovazion­e di tecnologie, standard e metodi di valutazion­e, proprio per evitare che ricercator­i senza scrupoli facciano ricerche di nascosto e senza controllo sugli stessi esseri umani che vogliamo tutelare.

Un conto è la libertà di ricerca, che è indispensa­bile difendere se non si vuol far morire la ricerca stessa, un altro è l’anarchia scientific­a.

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