La Guerra fredda dell’amore
Il premio Oscar per «Ida» racconta il suo nuovo film sulla relazione tormentata dei genitori negli anni ’50, tra la Polonia, Parigi e Berlino Est
«Non si tratta di piuttosto del consolidamento delle radici e di una liberazione dal passato. Paweł Pawlikowski dopo Ida, vincitore dell’Oscar come miglior film straniero nel 2015, torna ad ambientare in Polonia il nuovo film, Cold War, nelle sale dal 20 dicembre. Unastoriad’amorescellerata tra Wiktor (Tomasz Kot), jazzista malinconico, impulsivo, romantico fino all’autolesionismo, e Zula (Joanna Kulig), cantante-ballerina, sensuale e selvatica, forse parricida, bugiarda, istintivamentegenerosaespietata.Unastoria d’amore e di separazioni che corre per quindici anni lungo la Guerra Fredda, a partire dal 1949, tra la campagna polacca senza elettricità e una Varsavia distrutta dalla guerra. Da sfondo alle peregrinazioni dei protagonisi compaio
no anche l’ex Yugoslavia e la Berlino Est
del 1952, quando la città non era ancora divisa dal muro.
In concorso a Cannes, dove è stato presentato Cold war, c’era anche Estate di Kirill Serebrennikov, che parlava dell’impenetrabilità tra il blocco sovietico e quello occidentale. Forse è maturata la giusta distanza per ripensare al significato di quel periodo: «Non so se sia il momento giusto. Io racconto solo la storia di un uomo e di una donna, di gente che sapeva vivere follemente, superare gli ostacoli e sacrificarsi per qualcosa e qualcuno». Sarà. Ma quella relazione non sarebbe stata altrettanto fatale in un altro contesto, tanto da far allontanare i protagonisti dalla Parigi fumosa e libera, perché priva della malinconia di cui si nutriva il tormento di Wiktor e Zula, che portano i nomi dei genitori del regista, cui il film è dedicato. «I personaggi hanno solo alcuni tratti dei miei genitori, che si sono sposati con altre persone e poi sono tornati insieme, cambiando spesso Paese. Sono stati dei genitori terribili». Pawlikowski è tornato a vivere nel 2013 a Varsavia - dove insegna regia e sceneggiatura alla Wajda School -, dopo aver lasciato la città nei primi anni Settanta, a quattordici anni, per la Gran Bretagna, dove ha studiato filosofia a Londra e a Oxford, per poi trasferirsi in Germania e in Italia e ristabilirsi in Gran Bretagna nel 1977. «Ho cercato di scacciare la storia dei miei genitori, ma mentre giravo Idariaffiorava continuamente. Guardo lamia patria senza retorica nazionalistica. Avere una terra d’appartenenza per un film è importante e c’è una questione emotiva legata alla lingua. Ida mi ha fornito una chiave non convenzionale per affrontare questa vicenda complicata, i cui protagonisti per metà film tenta nodi fuggire dalla propria patria e per l’ altra metà cercano di rientrarvi».
Ida racconta di una suora che scopre dies serenata ebrea e cerca il suo passato. Vi è una spiritualità che si riscontra anche in Cold war :« Ma non vi è alcun legame con la religione cattolica, che in Polonia èunaforz apolitica militante. Cold war inizia e finisce con una chiesa è ortodossa, e la spiritualità di Coldwarèri conducibile a un senso di universalità, di assolutezza o di mancanza di questi due elementi». I punti di continuità con Ida vanno dal direttore della fotografia, Lukasz Ż al, al formato quasi quadrato, all’ eleganza del bianco e nero: «Era l’ unica scelta. Inizialmente volevo girare a colori, mala Polonia degli anni Cinquanta era grigia, marrone e verde e non esiste un colore per rappresentare la monotonia ». All’inizio del film Wikt or attraversa alcuni paesini rurali della Polonia con la collega e amante I rena( AgataKulesza, la zia Wan dadi Ida) per registrare il patrimonio musicale del Paese. Poi viene coinvolto nella MazurekEnsemb le, una compagnia folk sulla falsariga della Mazowsze, realmente esi sitita. Qui entra inscenalo spirito ammaliatore di Joanna Kulig, che PawlikowskiavevavolutocomecantanteinIdaenel2011comecamerierainWomanintheFifthconEthanHawkeeKristin Scott-Thomas. Pawlikowski ha scrittola sceneggiatura pensando all’ indole inafferrabile dell’ attrice, classe 1982, mentre l’ altra vera protagonista del film è la musica .« Si in zia in campagna con il folk, poi si passa agli inni nazionali e al jazz. È il collante del film, sottolineai sentimentidella coppia, le città e il tempo in cui vivono». Cold war ha una regia - che è stata premiata a Cannes ed è in corsa, assieme ad altre quattro candidature, agli E fa che si decideranno il 15 dicembre - che, rispetto al film precedente, è più mossa, per restituire forse l’ inquietudine dei protagonisti. La carriera di Pawlikowski inizia alla fine degli anni ’80 con alcuni documentari per la BBC, trai qualiFro mM oscowt oP ietushki,D ostoevsky's Travels,S erbi anEp ics, con le eccezionali riprese dei criminali di guerra Rado vanKaradži će RatkoM la dićnell oro covo aduran tela guerra dei Balcani. Qui compare anche Eduard Limonov, sublimato dall’ omonimo, magnifico li brodi Em manuel Carrère,grande amico d iP awlikowski, che proprio grazie a quel documentario conobbe il personaggio. Sembra che il regista polacco abbia in cantiere un film proprio su Limo novn elle sue luci e nelle sue molteplici ombre.
«Alla fine degli anni Ottanta ero un gran consumatore di documentari. Era prima che il mondo intero iniziasse a stesso senza lasciare margini di mistero. Per quello sono scappato con Ida eColdwar negli anni Cinquanta, inununiversopiùvagoemenoesplorato».Solonel1998Pawlikowskicomincia a cimentarsi nella fiction con il film perla t elevi si on e,Twockers,e poi LastR es orte My Summer of Love, premiati ai BAFTA. «Il documentario è per me un’ esperienza del passato, anche semi piace guardare i film con attori non professionisti, pensando che si ala realtà. H operò smesso di preoccuparmi della differenza tra finzione e realtà, visto che il documentario non registra mai fedelmente le cose. Ogni film, il modo in cui viene realizzato, esprime ciò che il regista ha dentro e la sua abilità. La fiction era l’ uni comodo per raccontar el astoria dei miei genitori e io oggi mi sento più padrone del mio mestiere da potermi lasciare andare».