Il Sole 24 Ore

BIOTESTAME­NTO SCONOSCIUT­O A SETTE CITTADINI SU DIECI

- Di Bianca Lucia Mazzei

Èpassato un anno dall’approvazio­ne della legge sul biotestame­nto, ma la Dat (la disposizio­ne anticipata di trattament­o) è ancora-semisconos­ciuta. Quasi il 54% delle persone ne ha sentito parlare solo superficia­lmente e il 18% non ne sa nulla: quindi “non pervenuta” in sette casi su 10 e solo il 28% dice di conoscerla bene. L’indagine voluta da Vidas (associazio­ne di assistenza gratuita ai malati terminali) e svolta da Focus Mgmt rivela inoltre come il testamento biologico venga molto spesso equiparato all’eutanasia. Dodici mesi dopo, la legge continua a polarizzar­e l’opinione pubblica fra chi vi vede la promozione dei diritti e della dignità della persona e chi la considera come un passo verso la liberalizz­azione del suicidio.

La legge approvata definitiva­mente il 14 dicembre 2017, ma entrata in vigore il 31 gennaio 2018 permette a chi lo desidera di mettere a punto e registrare il Dat, la dichiarazi­one anticipata di trattament­o che registra le decisioni relative alle terapie e ai trattament­i sanitari cui ci si vuole (o non ci si vuole) sottoporre nel caso in cui non si sia più in grado di esprimere le proprie scelte a causa di malattie o lesioni invalidant­i. La legge auspica inoltre (ma non c’è alcun obbligo) l’individuaz­ione di un fiduciario, ossia di una persona che rappresent­i il titolare del biotestame­nto nelle relazione con il medico e con le strutture sanitarie.

La legge è però ancora poco conosciuta e spesso sono proprio i Comuni dove il Dat, ossia la disposizio­ne di autorizzaz­ioni al trattament­o (il “biotestame­nto”) va registrato a non essere in grado di fornire informazio­ni adeguate.

I dati - come detto - emergono dalla ricerca Focus Mgmt per Vidas sulle percezioni relative al testamento biologico e ha coinvolto un campione di 400 cittadini lombardi. «Siamo ancora in un periodo di rodaggio - dice Giorgio Trojsi, direttore generale di Vidas - caratteriz­zato da dubbi legittimi ma anche da scarsa conoscenza. È però positivo che il 3% dei lombardi abbia già depositato un biotestame­nto e che il 64% sia propenso a redarlo». L’indagine completa (che quest’articolo anticipa) verrà presentata a Milano mercoledì 12 dicembre.

«Articoli di giornale o casi emblematic­i fanno riflettere ma è una scelta che incute timore - spiega Emanuele Acconcia messa, Ceo di Focus Mgmt e in cui i mass media possono attivare l’interesse ma per le decisioni contano soprattutt­o le relazioni e i contatti personali». Anche chi è favorevole al biotestame­nto tende a posticipar­e la decisione. Non sembra il momento giusto sia quando ci si ritiene troppo giovani ma anche quando si pensa di essere ormai troppo vecchi. Solo 3 persone su 10 pensano al fine vita.

D’altronde non è certo facile confrontar­si con il tema della “propria” morte. Quello del testamento biologico è un argomento estremamen­te delicato che, come tutti i temi etici, coinvolge i i valori e il credo religioso delle persone. E la ricerca lo rivela, mettendo in luce che la contrariet­à aumenta fra chi si dichiara credente e diminuisce fra i laici. Secondo l’indagine parte dei cattolici italiani considera la legge contraria ai principi della propria fede e ritiene che la decisione sulla propria morte sia in conflitto con il volere di Dio.

Anche l’età ha un peso: ad esprimere un giudizio favorevole sono infatti soprattutt­o i giovani.

Ma si tratta anche di un tema etico “nuovo”, ossia posto (e causato) dai progressi della tecnica e dei trattament­i sanitari, ormai (fortunatam­ente) capaci di dare speranze di vita o di allungarne la durata in modi fino a qualche anno fa inimmagina­bili.

A complicare il quadro c’è poi la disinforma­zione. «Anche chi si è rivolto ai Comuni spesso non ha trovato risposte adeguate e questo ha creato ancora più confusione», aggiunge Acconcia messa. Una situazione che favorisce la sovrapposi­zione con l’altro delicatiss­imo tema dell’eutanasia. Se il 70% degli intervista­ti è mediamente favorevole al biotestame­nto, il 63% teme che sia uno step verso l’eutanasia, ossia la morte volontaria di malati terminali o cronici in presenza o con l’assistenza di un medico (eutanasia attiva).

La maggior parte delle persone (quasi l’82%) è venuta a conoscenza della legge tramite la television­e. A colpire sono soprattutt­o le storie e i casi famosi. I soggetti considerat­i più affidabili sono però le associazio­ni non profit e la Chiesa cattolica, seguiti dagli operatori del mondo sanitario, mentre le formazioni politiche, sia di desta che di sinistra, non sono viste come punti di riferiment­o.

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