Donne in crescita in azienda e studio
La spinta deriva dalla legge sulle quote rosa del 2012 Nelle professioni aumenta la presenza femminile (+53%)
Aumenta il numero delle donne con incarichi di responsabilità nelle aziende italiane. Stesso trend nel mondo delle professioni. Ma il “tetto di cristallo” è ancora intatto.
Il bicchiere mezzo pieno è tutto in quel numero, +0,32%, che sta a certificare nel 2018 un timido aumento delle cariche ricoperte dalle donne all’interno delle imprese italiane. Il bicchiere mezzo vuoto invece ci racconta di un Paese in cui, secondo i dati dell’Osservatorio dell’imprenditoria femminile di Unioncamere-Infodata, una sola donna su quattro è riuscita a infrangere il tetto di cristallo e oggi ricopre ruoli di alta responsabilità: il 25% su quasi 4 milioni di amministratori d’impresa . Va un po’ meglio con le professioniste: secondo i dati dell’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, nel 2017 rappresentano il 35% del mondo del lavoro autonomo.
Le capitane d’impresa
Grazie alla legge Golfo-Mosca che dal 2012 ha imposto le quote rosa nei Cda, alla fine di settembre di quest’anno le cariche ricoperte dalle donne sono arrivate a quota 2 milioni e mezzo: tra queste 36mila amministratrici sul totale di 159mila (+2,9% rispetto al 2017), 32mila incarichi, su 185mila, di presidente del consiglio di amministrazione (+7,38%), e ultime in classifica 573 donne direttrici generali contro le circa 4mila posizioni presenti in Italia. A scorrere i dati dell’Osservatorio di Unioncamere un numero salta agli occhi: le poltrone più “gettonate” dalle donne in azienda sono quelle di consigliere con ben 213mila posizioni dichiarate nel registro delle imprese. Un numero che però non deve trarre in inganno: sono poltrone plurime, occupate spesso dalla stessa persona.
«Sugli incarichi femminili un ruolo fondamentale lo ha giocato la legge Golfo-Mosca - spiega Tiziana Pompei, vicesegretaria generale di Unioncamere - che però tra qualche anno perderà la sua efficacia: questo significa che senza quell’intervento che ha obbligato i Cda delle imprese a fare i conti con le quote rosa, oggi a presenza femminile nelle aziende staremmo anche peggio». Le ricette per il futuro non ci sono «se non un processo fisiologico e generazionale che porterà sempre più donne nei ruoli di potere», conclude Pompei. Certo è che tra il 2022 e il 2023 allo “scadere” di quella legge, il rischio di un arretramento su numeri più assottigliati c’è e non è nemmeno tanto improbabile.
A chiudere il cerchio c’è poi la “conta” delle imprese con una partecipazione maggioritaria di genere. Su poco più di 6 milioni di aziende, quelle femminili si aggirano intorno a 1,3 milioni, con un tasso di quasi il 22% e un incremento tra settembre 2017 e lo stesso mese del 2018 dello 0,6 per cento. Nessuna sorpresa sui settori dove svettano il commercio (361.453 imprese femminili, -1.1%), l’agricoltura (214.795, -0,8%) e i servizi turistici e di ristorazione (132.761, +1,8%). «La novità in questo caso però c’é - spiega Pompei - ed è rappresentata dal fatto che anche nel lungo periodo di crisi economica, le donne hanno saputo resistere, continuato a fare impresa e cresciute numericamente».
Le professioniste
Un capitolo a parte meriterebbero le donne impegnate nel mondo delle professioni: altri meccanismi, altre dinamiche. Qui la musica cambia di poco perché se è vero che il dato di una donna professionista su tre è più rincuorante, le libere professioni sono ancora un pianeta abitato soprattutto dagli uomini con uno schiacciante 65 per cento. Eppure qualcosa si muove. «Registriamo negli ultimi anni un significativo aumento di donne nel mondo del lavoro autonomo, soprattutto nelle fasce più giovani e nel Nord della penisola. Anche in settori più tradizionalmente appannaggio degli uomini, come l’architettura e la veterinaria», dice Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni.
Secondo il rapporto dell’Osservatorio sulle libere professioni 2018, infatti, la crescita del settore si accompagna a una tendenza al ribilanciamento di genere con un aumento della componente femminile del 53% tra il 2009 e il 2017. «È un dato importante - recita il dossier - e con una variazione positiva che si attesta sulle 176mila unità (dal 2009) le donne hanno trainato la crescita delle libere professioni».