Vendere a terzi la lista clienti non è cedere il ramo d’azienda
Non si tratta di una cessione di beni organizzati tale da configurare un asset a sé «Passati» anche due addetti ma privi di qualsiasi potere di rappresentanza
La cessione di una lista clienti non può costituire, di per sé, una cessione di ramo d’azienda. Questo principio vale anche in caso di trasferimento di dipendenti che sono sprovvisti di poteri di rappresentanza. Inoltre, in materia di transfer pricing, la penalty protection deve ritenersi applicabile anche nel caso in cui l’amministrazione finanziaria non dovesse condividere le valutazioni fatte dal contribuente. Lo ha affermato la Commissione tributaria regionale della Lombardia nella sentenza 2379/24/2018 (presidente Ceccherini, relatore Franconiero).
Nel caso esaminato, l’agenzia delle Entrate recuperava a tassazione le quote di ammortamento relative a un’operazione di cessione di clientela effettuata da una consociata estera a favore della società accertata. Le quote venivano riqualificate come cessione di ramo d’azienda, con conseguente deducibilità del costo d’acquisto nei limiti di 1/18 del relativo ammontare, anziché 1/10 come previsto dall’articolo 103, comma 3, del Tuir.
In sede di contenzioso, la Ctp competente annullava il rilievo in esame, nel presupposto che la cessione di una lista clienti e di due dipendenti non poteva configurare un insieme di beni organizzati tali configurante un'azienda. Oltre a ciò, veniva annullata anche la sanzione che era stata irrogata (in base all’articolo 1, commi 2 e 2-ter, del Dlgs 471/1997) per la presunta inidoneità della documentazione tenuta dalla società a consentire il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati nelle operazioni infragruppo.
Anche in sede d’appello la Ctr ha confermato il giudizio di primo grado. In particolare, il collegio giudicante ha ricordato che la previsione contenuta nell’articolo 1, comma 2-ter, del Dlgs 471/1997 ha una funzione premiale nei confronti dei contribuenti che, attraverso la conservazione e comunicazione di un’idonea documentazione, pongono l’agenzia delle Entrate nelle condizioni di poter ricostruire il valore delle operazioni infragruppo e, quindi, di determinare la corretta base imponibile delle operazioni che rientrano nella disciplina del transfer pricing (ex articolo 110, comma 7, Tuir).
Nel caso specifico, la condotta della società era risultata conforme agli obblighi in questione e, a ulteriore prova di ciò, la stessa Agenzia aveva potuto determinare il valore normale delle operazioni realizzate dalla società verificata sulla base della documentazione aziendale e contabile che le era stata messa a disposizione nel corso della verifica. Ciò doveva ritenersi sufficiente per giustificare la disapplicazione della sanzione, indipendentemente dall’eventuale diversità del valore normale accertato rispetto a quello individuato dal contribuente (si veda anche la circolare 58/E/2010).
Anche nel merito la Ctr Lombardia ha ribadito l’impossibilità di configurare il trasferimento di un ramo aziendale nel caso specifico, evidenziando ancora una volta l’assenza di alcun potere di rappresentanza della società attribuito ai due dipendenti trasferiti.
Ad ulteriore conferma del mancato trasferimento di un ramo d’azienda, veniva osservato che i due dipendenti erano stati licenziati dalla consociata estera per poi essere riassunti nella società accertata, in ciò determinando un trasferimento non contestuale alla lista clienti.