Fideiussione tardiva: interessi bloccati sul rimborso Iva
Il ritardo del contribuente nel produrre la garanzia non può pesare sull’ufficio
L’eventuale ritardo del contribuente nella produzione della garanzia fideiussoria blocca la maturazione degli interessi ai fini del rimborso Iva. Infatti, nell’ambito della normativa che disciplina questi recuperi d’imposta, la richiesta di fideiussione formulata dall’ufficio è assimilabile ad una richiesta documentale. Lo ha affermato la Commissione tributaria provinciale di Milano con la sentenza 4029/7/2018 (presidente Mainini, relatore Chiametti).
Tutto nasce da una richiesta di rimborso Iva formulata da una società con la dichiarazione modello Iva anno 2010. Al fine di verificare la spettanza del diritto al rimborso, nell’ottobre 2011 l’agenzia delle Entrate chiede alla società di produrre la necessaria documentazione e la richiesta viene ottemperata in tempi brevi. Ad aprile 2013 l’ufficio invita altresì la società a definire, o a garantire mediante polizza fideiussoria, un Pvc notificato medio tempore alla stessa impresa, relativo all’anno 2010 oggetto della richiesta di rimborso.
La società presta la garanzia solamente nel febbraio 2016. A luglio 2016 l’ufficio procede quindi all’erogazione del rimborso, ma il contribuente non concorda con la quantificazione degli interessi e formula una richiesta di rimborso cui fa seguito il contenzioso.
In particolare, secondo il contribuente, ai fini del calcolo degli interessi l’ufficio avrebbe dovuto considerare anche il periodo intercorrente tra la richiesta di prestazione della fideiussione e il rilascio della stessa.
La Ctp rigetta il ricorso e condanna il contribuente alle spese di lite. Secondo i giudici, uno dei presupposti previsti dalla legge per l’erogazione dei rimborsi è la verifica della eventuale presenza di carichi pendenti, in presenza dei quali l’ufficio sospende il rimborso invitando il contribuente a definire le pendenze oppure a prestare garanzia.
Peraltro, precisa la Ctp, l’obbligazione per interessi ha natura accessoria rispetto a quella relativa alla restituzione del capitale. Pertanto, se il rimborso del credito Iva è sospeso, allora è necessariamente sospesa anche la maturazione dei correlati interessi.
Tale interpretazione risulterebbe confermata da una lettura logico-sistematica dell’articolo 38bis del Dpr 633/1972 che, secondo alcune pronunce della Cassazione richiamate in sentenza (20510/2013 e 14930/2011), va interpretato nel senso che non si può addossare all’amministrazione finanziaria l’onere di corrispondere interessi su somme che non si possono liquidare per fatto addebitabile al richiedente.
La sospensione degli interessi è prevista dalla legge per le ipotesi di mancata collaborazione del contribuente e agisce come stimolo alla produzione della documentazione (fatture, registri, garanzie e quant'altro) necessaria per la definizione della pratica. D’altro canto, gli interessi hanno natura di ristoro per il contribuente in caso di inadempienza imputabile all’ufficio.
Nel caso di specie, invece, è stato il contribuente a ritardare nella consegna della fideiussione, pertanto non sussistono ragioni per le quali debbano essere riconosciuti gli interessi relativi a tale periodo di ritardo.