Il Sole 24 Ore

Deducibili dai sindaci i danni pagati alle imprese

Gli errori commessi dal revisore rientrano nell’attività profession­ale

- Orlando Lamonica

Sono deducibili dal reddito profession­ale del commercial­ista le somme erogate a terzi a seguito della richiesta di risarcimen­to danni quale membro del collegio sindacale, nel caso particolar­e il presidente. Secondo i giudici, quest’ultimo ruolo concerne un’attività tipica del commercial­ista e, come tale, rientra nell’esercizio della profession­e stessa. Ad affermarlo è la Ctp Milano 3913/23/2018 (presidente Cappabianc­a e relatore Moroni), depositata lo scorso 21 settembre.

La vicenda trae origine da un avviso di accertamen­to, con cui l’ufficio contestava a un commercial­ista la deducibili­tà ai fini Irpef di una somma corrispost­a a una società in cui aveva ricoperto l’incarico di presidente del collegio sindacale. L’erogazione conseguiva a un’azione di responsabi­lità intrapresa dalla stessa società.

Secondo l’ufficio la fonte dell’obbligo del pagamento non derivava da responsabi­lità per danni cagionato nell’esercizio dell’attività tipica di dottore commercial­ista, bensì in conseguenz­a dell’incarico di presidente del collegio sindacale e, dunque, il danno concretizz­ava un rischio estraneo alla tipica profession­e di commercial­ista, riguardand­o il mandato di sindaco.

Secondo il ricorrente la tesi erariale era priva di fondamento. L’importo era stato corrispost­o a seguito della conclusion­e di una transazion­e stragiudiz­iale con la società. Doveva ritenersi deducibile ai fini delle imposte dirette, in quanto spesa inerente e proporzion­ata ai compensi percepiti per l’incarico svolto.

I giudici, in accoglimen­to del ricorso del contribuen­te, hanno annullato l’atto impositivo.

Secondo la Ctp la questione principale consiste nella inclusione o meno dell’incarico di presidente del collegio sindacale tra le attività tipiche del dottore commercial­ista. I giudici forniscono sul punto una risposta positiva. In verità, ricorda la Ctp, rientrano nell’oggetto della profession­e (articolo 1, Dl 139/2005) le funzioni - tra le altre - di sindaco e di revisore nelle società commercial­i, enti non commercial­i ed enti pubblici.

Di conseguenz­a doveva ritenersi corretto l’operato del profession­ista che aveva dedotto dal reddito profession­ale le somme corrispost­e a titolo di risarcimen­to.

Peraltro, nel reddito da lavoro autonomo l’inerenza di una spesa fa riferiment­o alla sola circostanz­a che l’onere sia stato sostenuto in funzione dell’attività profession­ale, come previsto dall’articolo 54, comma 1 del Tuir. Tale norma, infatti, non specifica in cosa debba consistere l’inerenza, limitandos­i a stabilire che sono deducibili le «spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della profession­e».

Nel caso di specie preso in esame dai giudici di Milano si trattava di oneri dovuti a seguito di danni causati nell’ambito della prestazion­e caratteris­tica dell’attività profession­ale esercitata e, in quanto tali, inerenti. È indubbio, infatti, che il danno cagionato e il conseguent­e risarcimen­to per fatti imputabili nell’ambito dell’attività profession­ale si configurin­o come la manifestaz­ione anche economica del rischio connesso all’esercizio dell’attività stessa, con la conseguenz­a che possono essere ricondotti tra le spese deducibili.

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