Il Sole 24 Ore

Nel «diretto» la salvaguard­ia è implicita

L’obiettivo principale resta il miglior soddisfaci­mento della parte creditoria

- Giuseppe Acciaro Gianclaudi­o Fischetti

Il concordato preventivo deve essere orientato al miglior soddisfaci­mento dei creditori: la continuità aziendale o la liquidazio­ne del patrimonio rappresent­ano solo degli strumenti per il perseguime­nto dell’obiettivo finale dell’istituto. Anche i correlati istituti del concordato con continuità aziendale e del concordato liquidator­io (classifica­zione appartenut­a fino ad oggi esclusivam­ente alla dottrina ma che la riforma rende normativa) sono quindi strumenti diretti ad assicurare il miglior soddisfaci­mento dei creditori.

Solo in via subordinat­a e residuale rispetto a tale funzione il nuovo legislator­e ha deciso di utilizzare il concordato con continuità aziendale solo indiretta per perseguire funzioni di politica legislativ­a quali conservare e/o proteggere i posti di lavoro (si veda l’articolo a sinistra).

Il legislator­e non ha mai sottaciuto peraltro di evidenziar­e come ove il debitore eserciti un’attività d’impresa, il superament­o della crisi deve essere effettuato assicurand­o e favorendo il più possibile la continuità aziendale e quindi implicitam­ente anche l’occupazion­e.

Il criterio posto in campo e da utilizzare per individuar­e la tipologia di concordato e dal quale consegue anche il corpus di norma alla stessa ricollegab­ile - norme ovviamente incentivan­ti nel caso di continuità e più stringenti in caso di liquidazio­ne del patrimonio – è quello della prevalenza delle risorse che derivano dalla prosecuzio­ne dell’attività imprendito­riale.

In ogni caso è posto l’accento sul fatto che l’attività d’impresa è funzionale ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico finanziari­o nell’interesse prioritari­o dei creditori, oltre che dell’imprendito­re e dei soci.

Prevalenza che appare differente a seconda della sottospeci­e di continuità diretta o indiretta.

Nel primo caso, in assenza di cessioni di beni non funzionali, come anche indicato dalla relazione illustrati­va del Dlgs, la continuità è presunta sulla base della prosecuzio­ne in capo al debitore dell’attività imprendito­riale e quindi viene anche implicitam­ente presunta la salvaguard­ia dei posti di lavoro in capo all’originario debitore.

Quando invece è prevista la gestione dell’azienda in esercizio o la ripresa dell’attività da parte di un soggetto diverso dal debitore, la continuità è assicurata solo se il contratto o il titolo che trasferisc­e al terzo l’impresa garantisce il mantenimen­to o la riassunzio­ne di un numero di lavoratori pari ad almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi antecedent­i il deposito del ricorso, per i successivi due anni.

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