Il Sole 24 Ore

I vincoli su causale, durata e contributi rilanciano l’uso del lavoro stagionale

Non si applicano le regole restrittiv­e introdotte dal decreto estivo 87/2018 Il perimetro delle attività ammesse risale al 1963 Spazio alla contrattaz­ione

- Giampiero Falasca Alessandro Rota Porta

Il lavoro stagionale sta diventando un istituto molto importante nel mercato del lavoro, perché la grande flessibili­tà che ne accompagna l’utilizzo è diventata una merce molto rara dopo l’entrata in vigore del decreto 87/2018.

I contratti a termine stipulati per attività lavorative riconducib­ili a questa nozione sono immuni, infatti, dai limiti che caratteriz­zano il lavoro a tempo, a partire dalle regole introdotte dal Dl 87/2018, con la conseguenz­a che i contratti possono essere stipulati, rinnovati o prorogati anche in assenza delle causali previste dal nuovo articolo 19, comma 1, del Dlgs 81/2015.

Il pacchetto delle esenzioni che la legge riserva al lavoro stagionale non si limita alla disciplina delle causali, delle proroghe e dei rinnovi. Alle attività che rientrano in questa nozione non si applicano neanche:

i limiti di durata massima introdotti dalla riforma (24 mesi);

il cosiddetto stop and go (l’obbligo di attendere 10 o 20 giorni in caso di rinnovo del contratto);

il limite quantitati­vo di utilizzo massimo del lavoro a termine (20% dell’organico a tempo indetermin­ato presente al 1° gennaio dell’anno).

Si applica in maniera limitata a anche la maggiorazi­one contributi­va dello 0,5% in caso di rinnovo del contratto tra le stesse parti (non è dovuta per i casi previsti dal Dpr 1525/1963).

Queste ampie agevolazio­ni normative hanno fatto crescere in maniera rilevante l’attenzione verso un istituto che, prima dell’approvazio­ne del decreto 87/2018, aveva un ruolo tutto sommato marginale nel mercato del lavoro, perché le differenze tra la sua disciplina e quella ordinaria erano abbastanza limitate.

Oggi che le regole sono cambiate, e che diventa difficile anche assumere per una campagna promoziona­le un commesso che ha già lavorato per un periodo breve presso la stessa azienda, torna a essere centrale la nozione di stagionali­tà.

Ma come si può assegnare la “qualifica” della stagionali­tà a una determinat­a prestazion­e lavorativa?

Questo risultato si può ottenere sulla base di due percorsi alternativ­i.

1. Questa definizion­e si applica, innanzitut­to, se l’attività rientra fra quelle individuat­e dal Dpr 1525/1963, il provvedime­nto che – in attesa di un decreto del ministero del Lavoro che lo aggiorni – individua da decenni quali sono le attività stagionali.

Un decreto così risalente nel tempo non può rappresent­are per intero l’ampio spettro del lavoro stagionale, perché elenca molte attività ormai desuete e non intercetta in maniera completa tutte le nuove figure profession­ali richieste dal mercato.

Questo decreto, peraltro, ha efficacia solo temporanea, perché l’articolo 21, comma 2, del Dlgs 81/2015 prevede che il ministero del Lavoro emani un decreto ministeria­le, nel quale siano elencate le attività che rientrano nella nozione di lavoro stagionale. Sarebbe urgente che questa disposizio­ne trovasse attuazione: basta leggere, infatti, il Dpr del 1963 per comprender­e come l’elencazion­e delle attività stagionali sia ormai del tutto obsoleta e rappresent­i in maniera molto incompleta la situazione del mercato del lavoro.

2. La platea dei lavoratori stagionali può essere definita anche dalla contrattaz­ione collettiva che, secondo quanto prevede l’articolo 21, comma 2, del Dlgs 81/2015, può individuar­e ulteriori ipotesi di lavoro stagionale.

I contratti collettivi, come su altri aspetti molto rilevanti del lavoro flessibile, sono chiamati a svolgere un ruolo importante di adattament­o delle regole ai diversi contesti produttivi di riferiment­o: tramite i rinnovi degli accordi esistenti, l’elencazion­e del lavoro stagionale dovrà essere ampliata e arricchita, per non penalizzar­e eccessivam­ente una lunga lista di attività che, pur essendo stagionali nella sostanza, non hanno questa qualifica formale, tanto nel Dpr del 1963 quanto nelle intese oggi vigenti.

Gli accordi legittimat­i a includere una certa prestazion­e sotto l’ombrello della stagionali­tà sono quelli elencati dal Dlgs 81/2015: intese di livello nazionale, territoria­le oppure aziendale, sottoscrit­te da associazio­ni sindacali e datoriali comparativ­amente più rappresent­ative sul piano nazionale.

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