Il Sole 24 Ore

I contratti collettivi possono prevedere formule ad hoc

Nel trasporto aereo utilizzo fino a sei mesi tra aprile e ottobre

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In assenza di disposizio­ni specifiche nei contratti collettivi, il perimetro della stagionali­tà va cercato tra le attività elencate dal Dpr 1525/1963. Tra queste figurano la sgusciatur­a delle mandorle, la raccolta e conservazi­one dei prodotti sottobosco, la raccolta e spremitura delle olive, la produzione del vino comune, la scorzatura del sughero, il taglio delle erbe palustri e il diserbo dei canali e così via. È evidente che alcune attività siano del tutto desuete.

Questo fa sì che l’efficacia di questa norma e, di conseguenz­a, il rimando a essa per la definizion­e della stagionali­tà, sia ormai quasi completame­nte depotenzia­to.

L’addizional­e sui contributi

La questione non è di poco conto perché al concetto di stagionali­tà come definito dal Dpr 1525/1963 è legato anche l’esonero dal versamento del contributo addizional­e dell’1,4% a finanziame­nto della Naspi (articolo 2, comma 28, della legge 92/2012).

Peraltro, a questo onere è collegato anche l’incremento disposto dal Dl 87/2018, pari a 0,5 punti percentual­i in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinat­o, anche in regime di somministr­azione. Quindi, l’incremento aggiuntivo introdotto dal cosiddetto decreto «dignità» – che in base alla circolare 17/2018 del ministero del Lavoro ha natura progressiv­a – resta escluso soltanto per le attività comprese nel Dpr, come il contributo addizional­e “normale”.

Le altre facilitazi­oni normative in materia di contratto a termine (nessun limite di durata massima del rapporto, nessun obbligo di applicare le pause tra un contratto a termine e il successivo, nessun limite in materia di contingent­amento, eccetera) si possono agganciare non solo alle ipotesi di stagionali­tà dettate dalla norma citata ma anche a quelle individuat­e dai contratti collettivi.

Il perimetro nei Ccnl

È recente, ad esempio, l’accordo siglato nel comparto del trasporto aereo che ha regolato la stagionali­tà nell’ambito delle attività operative per un periodo massimo complessiv­o di sei mesi, compresi tra aprile e ottobre di ogni anno e di quattro mesi per periodi diversamen­te distribuit­i, facendo sì che i periodi di lavoro svolti con contratti di lavoro a tempo determinat­o stagionali non concorrano a determinar­e i limiti di durata massima fissati dalla legge.

Ci sono altri contratti collettivi nazionali che storicamen­te hanno definito la stagionali­tà. Nel turismo, sono considerat­i stagionali le aziende che osservano, nel corso dell’anno, uno o più periodi di chiusura al pubblico. Inoltre il Ccnl annovera tra le ipotesi di apposizion­e di un termine alla durata del contratto di lavoro le ragioni di stagionali­tà previste nel Dpr 1525, con un rimando al decreto.

Anche il contratto collettivo degli operai agricoli disciplina puntualmen­te la materia, definendo gli operai a tempo determinat­o quelli assunti – tra le diverse attività indicate - per eseguire lavori di breve durata, stagionali o a carattere saltuario.

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