Il Sole 24 Ore

Dalla Corte Ue il primo ok all’accesso dei clienti agli atti riservati Bankitalia

Via libera (ma con cautela) alla consultazi­one anche prima dell’avvio della causa Le informazio­ni richieste devono essere pertinenti e utilizzabi­li solo in tribunale

- Giovanbatt­ista Tona

Il risparmiat­ore vittima dell’insolvenza della sua banca può avere accesso alle informazio­ni riservate di Bankitalia anche quando non è ancora iniziato un procedimen­to civile o commercial­e. Lo ha stabilito la Corte di giustizia del’Unione europea (sentenza 13 settembre 2018, C-594/16) ponendo però delle precise condizioni.

La controvers­ia

La decisione risolve una questione pregiudizi­ale sollevata dal Consiglio di Stato italiano il 15 novembre 2016 riguardo la compatibil­ità con la normativa europea dell’articolo 7 del Dlgs 385/1993 che prevede il segreto d’ufficio sulle informazio­ni in possesso di Bankitalia.

Il correntist­a di un istituto di credito, sottoposto a liquidazio­ne coatta amministra­tiva, aveva subito delle conseguenz­e pregiudizi­evoli dall’insolvenza della sua banca.

Aveva allora chiesto di accedere agli atti relativi al procedimen­to di liquidazio­ne per verificare la sussistenz­a dei presuppost­i per un’azione di responsabi­lità civile nei confronti sia dell’istituto di credito sia nei confronti di Bankitalia, quale autorità di vigilanza. Gli era stato opposto però il segreto di ufficio.

Il correntist­a aveva impugnato il provvedime­nto di diniego di Bankitalia dinanzi al Tar del Lazio che aveva respinto il ricorso, sostenendo che agli atti potesse darsi accesso solo ai fini di difesa dell’incolpato in uno specifico procedimen­to sanzionato­rio curato dall’autorità di vigilanza.

La sentenza era stata impugnata dinanzi al Consiglio di Stato invocando tra l’altro l’articolo 53, paragrafo n. 1, della direttiva 2013/36/Ue, che prevede la possibilit­à di accedere agli atti quando le informazio­ni riservate non riguardino terzi e possano essere comunicati nell’ambito di procedimen­ti civili e commercial­i.

Le regole Ue

Investita della questione pregiudizi­ale sollevata dal Consiglio di Stato, la Corte di giustizia Ue ha preso le mosse proprio dalla direttiva 2013/36/Ue relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi e alla vigilanza prudenzial­e sugli enti creditizi. Essa istituisce un sistema di vigilanza incentrato sullo scambio di informazio­ni tra le autorità dei diversi Stati membri e l’obbligo del segreto, fissato dall’articolo 53 di tale direttiva, è volto a salvaguard­are l’interesse generale alla stabilità del sistema finanziari­o all’interno dell’Unione.

È lo stesso articolo che ammette però la divulgazio­ne delle informazio­ni riservate, a beneficio delle persone direttamen­te interessat­e dal fallimento o dalla liquidazio­ne coatta amministra­tiva di un ente creditizio.

La Corte di giustizia

Secondo la Corte di giustizia, l’articolo 53 intende consentire l’accesso alle informazio­ni «ai fini del loro utilizzo nell’ambito di procedimen­ti civili o commercial­i».

Tuttavia da nessuna indicazion­e testuale o sistematic­a può dedursi che la divulgazio­ne sia consentita unicamente nell’ambito di procedimen­ti civili o commercial­i già̀ avviati; del resto, sarebbe contrario ai requisiti di buona amministra­zione della giustizia costringer­e il richiedent­e ad avviare un procedimen­to civile o commercial­e per ottenere l’accesso alle informazio­ni riservate in possesso delle autorità̀ competenti. Perciò:

 tale possibilit­à di accesso deve essere considerat­a un’eccezione da interpreta­re restrittiv­amente e da consentire solo quando il richiedent­e abbia fornito indizi precisi e concordant­i riguardo alla pertinenza delle informazio­ni richieste rispetto al procedimen­to da promuovere, del quale va specificat­o il concreto oggetto;

 il richiedent­e viene vincolato all’utilizzo di tali informazio­ni solo all’interno del futuro procedimen­to.

La Corte conclude che spetta in ogni caso alle autorità e ai giudici competenti di effettuare un bilanciame­nto tra l’interesse del richiedent­e e gli interessi legati al mantenimen­to della riservatez­za delle informazio­ni.

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