Appalti e processi, trasparenza a maglie strette
I limiti alla consultabilità posti dalla giurisprudenza amministrativa
Chi chiede di accedere ad atti riservati per valutare se iniziare un procedimento davanti a un giudice incontra limiti non solo in ambito bancario. Affiorano spesso in giurisprudenza orientamenti che riducono la possibilità di accesso sia ai fascicoli dei giudizi amministrativi che agli atti delle procedure di appalto. Nell’individuazione dei limiti la prassi non è inoltre sempre univoca.
Con decreto del 21 giugno scorso il presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha respinto un’istanza di accesso agli atti di un fascicolo relativo a un giudizio di cui il richiedente non era parte e rappresentava l’intenzione di proporre opposizione di terzo contro la sentenza di primo grado. Con altro decreto del 17 maggio la stessa autorità aveva negato l’accesso agli atti di un fascicolo processuale anche a soggetti che volevano valutare se espletare o meno l’intervento in giudizio.
In entrambi i casi la decisione veniva motivata con il fatto che il diritto di accesso era previsto dalla legge 241/1990 per i documenti amministrativi e non per gli atti del processo; invece il rilascio di copia degli atti ai terzi interessati era contemplato da specifiche norme processuali (articoli 744 del Codice di procedura civile e 7 delle disposizioni di attuazione) in riferimento solo ai provvedimenti del giudice e non agli ulteriori documenti al fascicolo, il cui accesso resta riservato alle parti.
Tuttavia il presidente del Consiglio di Stato, con diversi recenti provvedimenti (da ultimo quello del 7 giugno scorso) dinanzi alla dichiarata intenzione di intervenire in un giudizio già instaurato ma di cui non era parte, ha invece accolto la richiesta per l’accesso al fascicolo informatico. Una decisione basata sull’articolo 17, comma 3, del decreto del presidente del Consiglio del 16 febbraio 2016, che disciplina il fascicolo informatico e l’accesso ad esso e che in effetti contempla anche il caso dei soggetti che vogliano intervenire in giudizio.
In materia di appalti l’accesso agli atti delle procedure ad evidenza pubblica è previsto dalle nuove regole in materia di accesso civico in base alla quale il cittadino può accedere a qualsiasi documento della pubblica amministrazione anche da parte dei cittadini che non hanno diretto interesse al procedimento (Dlgs 33/2013). Ma il Tar di Parma con una decisione del 18 luglio scorso ha ritenuto legittimo il diniego di accesso civico agli atti di una gara pubblica, opposto ad un operatore del settore escluso dalla procedura.
L’amministrazione appaltante aveva motivato il diniego evidenziando che gli atti e le informazioni richieste rientravano tra gli atti delle procedure di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici dell’articolo 53 del Dlgs 50/2016 (comma 1). E secondo il Tar il provvedimento è corretto perché l’articolo 53 prevede regole specifiche per l’accesso agli atti delle procedure di evidenza pubblica che prevalgono su quelle relative all’accesso civico generalizzato (Dlgs 33/2013). L’articolo 53 del Dlgs 50 prevede infatti che l’accesso a questi atti sia sottoposto ai limiti fissati dall’articolo 24, comma 1 della legge 241/1990. Limiti cui fa però riferimento anche il Dlgs 33/2016, quando indica i casi di esclusione dall’accesso generalizzato.