Ok all’indennità al presidente già dipendente pubblico
Abbiamo costituito un comitato no profit (ex articolo articolo 39 e seguenti del Codice civile) con finalità di promozione sociale–culturale del nostro territorio. Abbiamo ottenuto dall’agenzia delle Entrate il codice fiscale con codice attività 949950 «Attività di organizzazione per la filantropia» e, successivamente, l’attribuzione della partita Iva per poter gestire correttamente eventuali sponsorizzazioni. Il comitato ha natura giuridica di associazione non riconosciuta. Vorrei sapere se è possibile, e con quali limiti/regole, riconoscere al presidente un compenso in denaro e come tale compenso debba configurarsi ai fini fiscali (redditi da lavoro e/o assimilati?) e se il presidente, essendo lavoratore dipendente pubblico, debba avere l’autorizzazione della sua amministrazione per ricoprire l’incarico, ex articolo 53 del Dlgs 165/2001. Si precisa che lo statuto nulla dice in merito.
R.T. - VERONA
Trattandosi di pubblico dipendente, il Presidente di un’associazione con partita Iva deve essere autorizzato dalla propria amministrazione per ricoprire l’incarico; l’eventuale remunerazione non può essere qualificata come retribuzione da lavoro dipendente, in quanto in contrasto con la corrispondente qualifica posseduta presso la pubblica amministrazione, né tanto meno quale remunerazione da lavoro professionale autonomo, non ricorrendone i requisiti. Tenuto conto dei limiti di importo connessi al compenso percepibile, il presidente può ricevere un’indennità di carica qualificabile come “reddito diverso” ex articolo 67 del Tuir, Dpr 917/1986, oltre agli eventuali rimborsi di spese documentate sostenute per l’associazione. L’ammontare retribuibile deve essere proporzionale all’attività svolta, all’ampiezza della base sociale e al volume delle entrate dell’associazione. L’unico parametro cui fare riferimento è dato dalla previsione dell’articolo 10 del Dlgs 460/1997, comma 6, con riferimento al quale si è espressa la risoluzione 9/E/2007 dell’agenzia delle Entrate, nella quale è stato precisato il criterio per verificare la sussistenza dell’eventuale violazione del divieto di indiretta distribuzione di utili che teoricamente potrebbe sempre ricorrere nel caso di un compenso corrisposto all’interno di una associazione.