Brexit, l’Europa dice no a Londra su nuove trattative
La premier britannica torna dai leader Ue dopo il rinvio del voto a Westminster Possibile solo un allegato all’intesa con rassicurazioni sul nodo irlandese
«Quella sul tavolo è la migliore soluzione possibile». Il ministro austriaco Bluemel (presidenza di turno Ue) chiude alla rinegoziazione dell’accordo con Londra su Brexit. Chiusura ribadita dalla Merkel nell’incontro con la premier inglese May: «Nessuna ulteriore apertura sull’accordo di uscita». In vista del voto interno la May che ha visto anche Juncker - cerca rassicurazioni sul controverso nodo del confine irlandese.
Tre capitali in un giorno, quattro leader europei, un solo messaggio: l’accordo su Brexit non sarà rinegoziato. La premier Theresa May ieri ha incontrato il premier olandese all’Aja, la cancelliera tedesca a Berlino e i presidenti del Consiglio Europeo e della Commissione Ue a Bruxelles nel tentativo di convincerli a modificare il testo dell’intesa e renderlo accettabile al Parlamento britannico.
Lunedì la May aveva deciso di annullare il voto sull’accordo previsto per ieri a Westminster, ammettendo che non aveva chance di essere approvato. Il compromesso proposto dalla May, presentato come «l’unica opzione possibile», era stato bersagliato di critiche sia dal fronte proBrexit che dai deputati filo-europei.
Mark Rutte, Angela Merkel, Donald Tusk e Jean-Claude Juncker però hanno ribadito che non ci saranno modifiche di sostanza all’accordo messo a punto dopo un anno e mezzo di difficili trattative. I leader si sono detti disposti solo a «rassicurare», «chiarire» e fornire «ulteriori interpretazioni» dell’accordo per convincere Westminster che Londra non resterà ostaggio della Ue a oltranza a causa del «backstop», la polizza di assicurazione per evitare il ritorno a un confine interno in Irlanda. Le rassicurazioni al riguardo - May vorrebbe chiarire che il “paracadute” non verrà mai usato - potrebbero essere allegate all’accordo: a Bruxelles diplomatici spiegano che già tra le delegazioni nazionali hanno iniziato a circolare canovacci di possibili comunicati da allegare all’accordo di recesso e alla dichiarazione politica.
«L’accordo che abbiamo raggiunto è il migliore e l’unico possibile - ha dichiarato ieri Juncker al Parlamento europeo -. Non c’è alcun margine per rinegoziare». Le parole di Juncker sono state accolte con grandi applausi, segnale che le riserve di benevolenza verso Londra si stanno esaurendo.
La May ieri ha trovato comunque un’accoglienza più calorosa di quella che aveva ricevuto il giorno prima a Westminster. «C’è una determinazione condivisa» a risolvere il problema del backstop irlandese, ha detto.
Nel dibattito ai Comuni i deputati hanno criticato la decisione della May di annullare il voto senza informarli e anche il fatto che, a dar credito alle voci, la premier aveva informato i leader europei già domenica della sua intenzione di rinviare il voto, ma ha atteso fino al pomeriggio di lunedì per dirlo ai suoi stessi ministri.
Si allarga quindi il fronte anti-May in Parlamento, ma non è chiaro quale sarebbe l’alternativa alla premier e se un cambiamento al vertice sarebbe opportuno in questo momento. Alcuni leader dello schieramento proBrexit hanno detto di avere già superato la soglia delle 48 lettere necessarie per avviare una sfida alla premier e votare a favore di un nuovo leader del partito, ma non hanno comunque i numeri per vincere il voto.
I leader del “People’s Vote”, la campagna a favore di un secondo referendum che ha sostenitori in tutti i partiti, ieri hanno lanciato un appello al leader dell’opposizione Jeremy Corbyn a chiedere una mozione di fiducia «il prima possibile». Il leader laburista vuole elezioni anticipate, ma ha deciso di non sferrare l’attacco almeno finché ci sarà il voto sull’accordo in Parlamento. La May ha tempo fino al 21 gennaio.
La sentenza della Corte di Giustizia Ue che la Gran Bretagna può revocare l’articolo 50 unilateralmente renderebbe più semplice annullare Brexit. Un numero crescente di deputati ritiene che un secondo referendum sia l’unica soluzione all’impasse. «Dobbiamo revocare l’articolo 50 immediatamente», ha dichiarato l’ex primo ministro conservatore John Major. Ma la posizione del Governo è che un secondo voto sarebbe una violazione della democrazia e un tradimento della volontà popolare espressa nel referendum del 2016.