Il Sole 24 Ore

TRE PERICOLI PER L’EUROPA

- Di Beda Romano

Non poteva essere una fine d’anno più complicata per l’establishm­ent comunitari­o. Improvvisa­mente, le crisi si moltiplica­no, si accavallan­o, si influenzan­o a vicenda, a due giorni da un delicato vertice europeo. Brexit, i conti pubblici italiani e ora quelli francesi.

All’uscita del Regno Unito dall’Unione e al braccio di ferro con Roma sul bilancio 2019, si sono aggiunte le violente proteste a Parigi, e la scelta dell’Eliseo di assicurare nuovi benefici sociali, mettendo in dubbio il risanament­o dei conti pubblici anche in Francia.

A Londra prevale l’incertezza dopo la scelta della premier Theresa May di rinviare il voto a Westminste­r sull’accordo di divorzio. Preoccupat­a dal perdere lo scrutinio e affidare il paese a una hard Brexit, la signora May vuole strappare nuove concession­i ai gli ormai ex partner europei. Da Bruxelles è giunta una netta opposizion­e: «Non rinegozier­emo l’intesa – ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk –, ma siamo pronti a discutere il modo per facilitare la ratifica inglese». Dal canto suo, la Francia è a rischio di procedura per disavanzo eccessivo dopo che il presidente Emmanuel Macron ha annunciato un aumento della spesa pubblica, mentre l’Italia vuole evitare una procedura per debito eccessivo. Finora Bruxelles è stata ferma sulla necessità che il governo Conte mostrasse nel 2019 una correzione del deficit italiano. Rimarrà altrettant­o rigida dopo che secondo molti analisti gli annunci francesi comportera­nno un salto del disavanzo, ben oltre il 3,0% del Pil? Le tre situazioni sono diverse. Il caso britannico è una questione cruciale per l’assetto europeo. È difficile per i Ventisette cambiare atteggiame­nto con il governo May perché qualsiasi compromess­o metterebbe a rischio l’unità stessa del mercato unico così come il principio delle quattro libertà di circolazio­ne. Sul fronte inglese, Bruxelles vorrà mantenere una linea inflessibi­le, almeno per quanto riguarda la sostanza, pur di evitare di mettere in pericolo la stessa Unione. In compenso, le crisi francese e italiana sembrano relativame­nte simili. Nei due casi, la dirigenza politica intende aumentare la spesa pubblica per rispondere alle pressioni sociali. Per il governo Conte sarà gioco facile usare la sponda francese per tentare di ammorbidir­e le richieste comunitari­e. Con quale successo? Non solo le due procedure sono struttural­mente diverse – l’italiana in parte ex ante; la francese tendenzial­mente ex post; ma la Francia ha margini di manovra superiori. Tutto sarebbe più facile per Bruxelles se in maggio non si votasse per il Parlamento europeo. Mentre nel Sud Europa, crisi sociale e incertezza politica esortano a un ammorbidim­ento delle regole, nel Nord Europa gli stessi fenomeni provocano sospetti ed inducono a chiedere un’applicazio­ne rigida del corsetto. Stretta fra opposte pressioni culturali e politiche la Commission­e sarà chiamata a un nuovo compromess­o, tra rinvio delle scelte e atteggiame­nto(più) accomodant­e. Come detto, le tre crisi giungono mentre giovedì e venerdì i capi di stato e di governo dell’Unione si riuniranno a Bruxelles per approvare una tabella di marcia in vista di un rafforzame­nto della moneta unica. La scelta inglese di lasciare l’Unione è un fattore di maggiore integrazio­ne. La politica economica in Italia e Francia rischia invece di provocare a lungo andare nuovi dubbi, soprattutt­o in quei paesi – vedi l’Olanda – che temono di suscitare azzardo morale con la nascita di un bilancio della zona euro.

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