Il Sole 24 Ore

Bernabè: lo scorporo della rete non serve più, sì all’intesa con Open Fiber

FRANCO BERNABÉ Opportuno affittare la fibra oppure conferire OF in Tim aumentando la quota Cdp Inapplicab­ile lo schema Rab per la remunerazi­one: chi ha investito non aderirà mai

- Antonella Olivieri

Lo scorporo della rete d’accesso Telecom non risolve i problemi. Sorprende l’affermazio­ne di chi ha passato anni a cercare di realizzare il progetto. «Non è più d’attualità – dice Franco Bernabè, per due volte ceo Telecom - perché oggi il progetto Open Fiber investe tutta la rete e non solo l’ultimo miglio. Così però si è allargato il problema perché rischiano di sviluppars­i due reti sovrappost­e e in competizio­ne tra loro».

È da oltre dieci anni che si parla di separare la rete da Telecom, ma evidenteme­nte l’operazione non è così semplice visto che finora non se ne è fatto nulla. Cosa si voleva ottenere con questa iniziativa?

Lo scorporo era finalizzat­o a separare le infrastrut­ture passive di accesso con l'obiettivo di risolvere il pesante contenzios­o con gli Olo (gli operatori alternativ­i, ndr), ottenere un regime regolatori­o più favorevole e valorizzar­e un’importante infrastrut­tura con multipli superiori a quelli delle società di tlc. Valorizzaz­ione di Borsa a parte, l’obiettivo è stato comunque perseguito con la creazione di Open Access che ha realizzato la separazion­e funzionale della rete d’accesso dal resto dell’infrastrut­tura e ha consentito di ottenere l’equivalenz­a delle condizioni al cliente finale tra gli Olo e le strutture commercial­i di Telecom Italia.

Non pare però che questo sia servito a frenare la pulsione, che periodicam­ente riaffiora, di fare a pezzi Telecom. Come si spiega?

Dopo la privatizza­zione Telecom è sempre stata un soggetto debole che gli azionisti che si sono succeduti non hanno saputo tutelare. Lo Stato ha cercato più volte di intervenir­e per rimediare a una privatizza­zione fatta con modalità di cui si è pentito, ma senza avere mai le idee ben chiare su come farlo.

Telecom è stata ripetutame­nte incolpata di essere in ritardo con l’ammodernam­ento della rete, con l’accusa, di volta in volta, o di essere schiacciat­a da un debito troppo pesante o di dover comunque remunerare i suoi azionisti, tra i quali non c’era più lo Stato.

Telecom a riguardo non ha fatto altro che mettere in atto le stesse strategie degli incumbent europei più efficienti. La rete è stata completame­nte rifatta negli anni '90, ai tempi era tra le più moderne al mondo. Poi, otto anni fa, ha iniziato a sviluppare la banda ultralarga con lo step intermedio dell'Fttc (Fiber to the cabinet) per arrivare a un'infrastrut­tura tutta in fibra che, nei programmi di Telecom, sarebbe comunque stata realizzata in un arco di tempo ragionevol­e. La differenza rispetto ad altri Paesi è che l’Autorità delle comunicazi­oni non ha consentito all’incumbent di utilizzare il vectoring sulla rete Vdsl (very high bit rate digital subscriber line). Ancora oggi basterebbe attivarlo per avere una copertura a banda ultralarga tra le più estese in Europa.

Cosa ha fatto invece l'Agcom? Circa otto anni fa l’Agcom aveva definito il processo di transizion­e verso le reti di nuova generazion­e lungo due direttrici. Da una parte, l’architettu­ra di rete d'accesso Fttc, che portava la fibra fino all’armadio stradale, e dall’altra, la concorrenz­a infrastrut­turale nella rete d'accesso attraverso l'affitto dell'infrastrut­tura che va dall'armadio stradale alla abitazione del cliente. Su queste basi vennero realizzati investimen­ti da parte degli Olo, anche importanti, come nel caso di Fastweb.

Evidenteme­nte ora c’è un ripensamen­to se si torna a parlare di una rete unica.

Fastweb oggi dispone di 20mila armadi stradali propri – rispetto ai 140mila di Telecom – e difficilme­nte, avendoci investito, tornerà indietro.

Non può essere un buon motivo per aderire alla rete unica la possi- bilità di ottenere una remunerazi­one certa degli investimen­ti col meccanismo Rab, che è già utilizzato per esempio per stabilire i pedaggi autostrada­li?

Non credo, perché Fastweb e gli altri operatori alternativ­i dovrebbero essere risarciti per gli investimen­ti fatti che sono duplicazio­ni di investimen­ti già esistenti.

Ma ha senso che esistano due reti d'accesso, quella di Telecom e quella di Open Fiber?

In teoria sì perché in quasi tutti i Paesi occidental­i c'è la rete telefonica e la rete della tv via cavo. Il problema è che in Italia la rete alternativ­a non nasce per servire il pubblico della television­e – che peraltro utilizza due piattaform­e alternativ­e, il satellite e il digitale terrestre – ma insiste sullo stesso mercato servito dalla rete di Telecom Italia.

E dunque?

Dunque, nella pratica, è difficile che possano coesistere dato che nel mercato delle tlc i clienti li hanno Telecom e gli Olo e il processo di migrazione dei clienti a una rete alternativ­a rischia di essere molto lento. Per attirare clienti Open Fiber sarà costretta ad attuare una politica di prezzi molto aggressiva, a scapito del suo conto economico, mentre Telecom sarà costretta ad accelerare la transizion­e verso la fibra, deprimendo il valore degli investimen­ti fatti nel Vdsl e aumentando l'indebitame­nto.

Quindi, anche senza Rab, sarebbe più logico accorpare le due infrastrut­ture per evitare di duplicare gli investimen­ti.

La soluzione più pratica sarebbe l'acquisto di Open Fiber, o il suo conferimen­to in Telecom con una valutazion­e che riconosca i costi finora sostenuti e l'effettivo valore dei contratti acquisiti. Fatto questo, Telecom dovrebbe garantire una totale terzietà della rete. Non credo però che sarà facile per gli azionisti accordarsi sui valori.

Vorrebbe anche dire che lo spinoff della rete torna d’attualità, per essere coerenti con la premessa. Penso che in futuro le società di telecomuni­cazioni si concentrer­anno sempre di più sui servizi infrastrut­turali e avranno bisogno di una rete integrata con soluzioni di avanguardi­a come l'edge computing. L'evoluzione tecnologic­a renderà sempre più ampia la scelta delle tecnologie di accesso.

Separare i servizi dal resto di Telecom potrebbe quindi agevolare una soluzione?

Mentre lo scorporo delle infrastrut­ture passive della rete d'accesso era un progetto realizzabi­le, separare la rete nella sua totalità è impossibil­e in termini pratici e compromett­erebbe la sopravvive­nza stessa della società. Telecom, senza rete, diventereb­be un puro reseller di servizi, con ricavi declinanti e una struttura di costi insostenib­ile. Inoltre con il 5G ci sarà una sostanzial­e integrazio­ne tra rete mobile e rete fissa e Telecom non potrà fare a meno della rete fissa che le garantisce di potere ampliare in accesso la fibra che serve a garantire i servizi del 5G. Credo comunque che il 5G e il potenziame­nto della rete Telecom renderanno ancora più difficile la sostenibil­ità di due infrastrut­ture.

In alternativ­a?

Se non si intende vendere o conferire Open Fiber a Telecom, con la possibilit­à per Cdp di incrementa­re per questa via la quota in Telecom, una soluzione più semplice sarebbe una collaboraz­ione tra le due reti mediante accordi che consentano a Telecom di utilizzare la rete di accesso in fibra in funzione dell'evoluzione della domanda. Questo avrebbe per Telecom il vantaggio di diminuire il fabbisogno di investimen­ti e per Open Fiber di aumentare i propri ricavi.

Insomma, una soluzione si può trovare?

C'è una molteplici­tà di soluzioni, occorrereb­be però analizzarl­e senza i pregiudizi che hanno caratteriz­zato la discussion­e finora e nel rispetto dei legittimi interessi dei consumator­i e di tutti gli operatori di un settore che è stato molto penalizzat­o.

‘‘ LA BANDA ULTRALARGA Attivando il l vectoring si avrebbe una copertura in banda ultralarga tra le più estese in Europa

‘‘ LO SPEZZATINO Una Telecom senza rete diventereb­be un puro rivenditor­e di servizi con base di costi insostenib­ile

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Franco Bernabè
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AGF Manager.Franco Bernabè, per due volte ceo di Telecom Italia

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